(Redazione) - Muto Canto - 15 - Medbh McGuckian (1) tra infinite visioni e spazi minimi di quotidianità. Una grande della poesia irlandese contemporanea

di Anna Rita Merico

…e il grigio sotto l’onda è la versione più scura
del cielo carico di umidità dentro cui mi vorrei agitare. 

(Mare o cielo? pg 10)

Foto dal web

C’è una soglia delicata che trattiene legame tra realtà e velo di sogno. E’ un velo impastato con la memoria e la sospensione del tempo. E’ quel preciso luogo in cui accade la forgia della forma spinta dall’urgenza del modellare paesaggio interiore.
Colpisce, dei testi poetici di quest’Autrice, la misura di un’essenzialità attraversata da rimandi all’universo classico, da immagini raccolte nella quotidianità, da affondi nella natura, da dati della propria esistenza. Sbuca lenta un’Irlanda fatta di stanze d’interiorità, di marchi pietrosi del tempo, di rimbombi acquatici, oceanici, infiniti. La Natura sparge semi in questi versi nutrendo immagini sempre in bilico tra luce e ombra. Uno scorrere come di giornate nordiche intirizzite dal sopraggiungere della loro stessa, repentina, brevità.
C’è un intero universo di immagini e sollecitazioni in questo poetare. Più che la gamma dei sensi funziona, nella McGuckian, la multipla sensorialità dell’immaginazione, i vortici del silenzio, l’attanagliarsi a tracce d’universo gaelico. LeggerLa è andare per sentieri e muretti, scure scogliere e tetti ricoperti, un intero paesaggio di memoria capace di misurarsi con il presente, con lo scorrere di un verso che continua ad apprendere immagini e lessico dalla natura.

Lei abbandona il braccio al riposo, come un tulipano
che s’inchina sul seme della sua voce. Tormenta
il cielo oltremodo accarezzato finchè il suo dolore
s’accende dall’altro lato.
Scricchiola la seta ai suoi angoli azzurri
come se le sue ossa avessero
peso e forma d’uccelli. 

(Scene da un bordello, pg 14)

E’ poesia che si colloca in una continua rigenerazione con gli elementi naturali: cielo, pioggia, vento, alberi: tutti gli elementi sono personaggi spessi e parlanti. Personaggi assisi in una creazione mai terminata. Il suo pensiero è come se fosse sollecitato e tornasse a un rimbombo prenormanno della sua cultura. Un rimbombo fatto di oralità e paganesimo. Un rimbombo con cui sentirsi in connessione profonda al di là delle stratificazioni storiche, delle sottrazioni territoriali e linguistiche avvenute nel corso dei secoli.

Di tutti i silenzi, il più difficile da sopportare
è la strana vegetazione dei tuoi vestiti,
la nuovissima manica stropicciata
insieme ai mille umori adiacenti di un giardino.
Per far sì che un legno così odoroso parli
una lingua silvana, non occorre ricordare
il riserbo mogano di occhi di un tempo di scuro velluto,
ora del pallore dell’acqua, la luminosità speciale
del loro insolente esserci…

(Il dolore ti dice cosa indossare, pg 9)

Una scrittura non lineare fatta di stratificazioni del pensiero, di intermittenze, di sospensioni riprese all’interno di sovrapposizioni di piani. L’esito è una fuga continua dietro venti di associazioni sviluppate, lasciate, ritrovate. E’ un verso ricco di rimandi, di onde sottaciute, di movimenti carsici, di segreti. Non è la luce ad inondare la pagina. McGuckian predilige i salti d’ombre obbligandoci a repentini cambi di atmosfere. Alle spalle di questa poesia c’è tutta la sapienza femminile del dire nascondendo, è un dire che si ferma proprio al margine dello svelamento, dell’altezza impensata, del crepaccio che inghiotte senso ed alterità. Per entrare in questa poesia occorre trasformare il verso in accese sorsate di visioni e immagini intingendole in paesaggi d’acqua, di colori e d’antiche storie trovate presso bivi di torbiere abbandonate.

Mia nonna ci lasciava credere alla neve
come ad un vecchio nel cielo che scrolla
piume di materasso sul mondo.

Il letto di lei al mattino era coperto di sottili scaglie,
squame di pelle cambiata di notte;
una nuvola di bucce d’argento

sospesa sul pavimento. O un turbine
alla finestra come detriti di stella,
soffiati via nella strada.

Ne bruciai un mucchio, sogno di monete
Più numerosa della promessa pioggia di rose di Thérèse,
o delle anime di Virgilio, tante quante le foglie d’autunno. 

(Fede, pg 3)

C’è qualcosa nei testi poetici di Medbh McGruckian che si rifiuta ad incontrare il duro della materia, il pieno della parola: il movimento del Suo verso è tutto verso l’etereo, la trasparenza. Ci sono tratti, durante la lettura, in cui sembra d’essersi imbattuti in un’atmosfera gotica ma di segno positivo, c’è tutto un antico universo cosmico che preme nelle liriche dell’Autrice. Occorre saltare verso un Nord dell’anima e restarne avvinghiati per poter leggere e sfiorare questo sguardo dell’anima. E’ uno sguardo elaborato in lontananze dal nostro sentire eppure invischiato in una universalità di profonda umanità. E’ sguardo che ha conosciuto la fatica di esserci.

Lui dice che porta sfortuna ingrandire la casa
e chiude i cancelli alle fate.
Stende i suoi letti di semina e non riposa,
alza castelli di torba,
e orna di menta il grano.

Lei sparge erica sul pavimento
e passa al setaccio l’avena per farne pani croccanti:
per tutto il mese azzurro, luglio
lancia sassi nei bacili al sole,
e attende la trota nel pozzo sacro. 

(Ai cancelli, pg 4)

La risposta alla fatica dell’esserci e dell’essere minoritaria perché cattolica, perché donna, perché proveniente dal Nord dell’Irlanda, le consentono di aprire mondo in poesia attraverso versi che trasudano ricchezza dinamica di paesaggi dell’anima. Paesaggi che oscillano tra l’interno di ambienti conosciuti in cui Lei tesse mondo vicino e tensione alla storia come contenimento a ciò che sente possa sovrastarla.

Vorrei assegnarle un nome
dai cento significati, tutti
segreti, che seguano il loro destino tracciato
come il mosaico argentato della settimana
scorsa, che trovi un albergo nella
sua voce, da usare ogni volta che
la storia si ripetesse spietata

(Albergo, pg 8)

L’elaborazione linguistica cattura per pienezza di immagini che pare si muovano da foglio a tela pittorica: calore svolazzante, come un bacio scivolato in uno specchio a tre lati, come un uomo che prende tutte le sue camicie e le sue cravatte, come nell’istante in cui il suo ritardo studiato ha evocato l’immagine di orchidee al riparo … come…come… infinito slittamento di piani, di spazi temporali, di luoghi. Leggendo McGuckian si attraversano immensità di sollecitazioni. E’ come se il verso sia sempre pronto ad evaporare dalla parola trasmigrando in dimensioni marginali ma radiose.

I tuoi occhi cambiano colore quando ti muovi
e non li cattureranno le parole. La loro curva di cielo
senza cigni come una stella consapevole mantiene
la promessa che viene dal vento, dell’azzurro
che lei porta dentro. Se la bellezza vive
fuggendo e lascia il segno, il tuo polso
avrà l’impronta delle mie dita all’alba.

(L’azzurro che lei si porta dentro, pg 12)

E’ una “minimalità” che racchiude tanta immensità.
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NOTE
(1) - Medbh McGuckian, Scene da un bordello e altre poesie a cura di Giovanna Iorio, Via del Vento Edizioni (giugno 2000)
 
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