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Visualizzazione dei post da ottobre, 2024

Eppure (microracconto)

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  Foto di Sara Groblechner su Unsplash "Eppure ci deve essere un luogo dove la mia anima possa trovare riposo; o forse un tempo in cui non subisca la chiamata di un eterno e incolmabile vuoto".   Questo pensava mentre i suoi passi, sempre troppo lenti per lo sguardo indifferente del mondo, si avvicinavano a quella meta da lui solo conosciuta. "Il mare, il mare sì, potrebbe accogliere i miei pensieri e diluirli in rifugi per il paguro. Ho visto troppo, ho vissuto troppo, ho colto troppo poco insegnamento dalle mie visioni e, a conti fatti, ho perso l'occasione di dirmi vivo...troppe volte".   Era l'incessabile suo  giocare con le parole; la trappola in cui si era rinchiuso sin da piccolo per non vedere, per non vedere la smorfia che dava il suo riflesso negli occhi altrui. Si fermò davanti alla distesa d'acqua, guardò l'orizzonte, suo eterno compagno di meditazioni, contò tre respiri profondi, di quei respiri che paiono poter contenere smisurate g

Dialoghi Poetici coi maestri - 75 - Gertrud Kolmar

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Nel lager di Gertrud Kolmar Quelli che s’aggirano qui sono corpi soltanto, non hanno più anima, soltanto nomi nel registro dello scrivano, carcerati: uomini, ragazzi, donne, e i loro occhi fissano vuoti con lo sguardo sbriciolato, distrutto per ore in una fossa buia, soffocati, calpestati, picchiati alla cieca. Il loro gemito tormentoso, il loro pazzo terrore, una bestia, sulle mani e sui piedi, carponi /…/ Si affaticano come dementi, grigi, devastati, separati dall’umanità variopinta, irrigiditi, timbrati e marcati, come bestiame da macello che aspetta il beccaio e non conosce che il fetido truogolo e il recinto. Solo paura, solo orrore nei volti quando, di notte, uno sparo afferra la vittima… e nessuno ha veduto l’uomo che silenzioso in mezzo a loro trascina la croce nuda verso il supplizio.     Com'è, Gertrud, che  da sempre mi pare di tenerti la mano e che sulla mia schiena, che si curva sempre più, sia tracciata la scogliosi di un albero che nasce storto, nel vuoto di sguardi

אוקסימורון - Ossimoro

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Foto di Noelle Oszwald קראתי לזה ירידה קדושה אבל זה לא היה אלא עליית נשמתי לעומקי הדממה   La chiamai  discesa sacra ma non era altro che la salita della mia anima nelle profondità del silenzio __________ Testo ebraico e traduzione in italiano di Sergio Daniele Donati

(Redazione) - Lo spazio vuoto tra le lettere - 36 - "Guardiani delle parole": appunti sparsi sull'Etica della Parola - parte quarta

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    di Sergio Daniele Donati Al di là delle più o meno ponderate definizioni di etica della parola, e al di fuori di contesti che tutto inglobano e in cui tutto appare ora essere in poesia assunto etico (in passato la stessa sorte ha avuto l’aggettivo politico in poesia), un piccolo cenno definitorio su cosa sia, almeno per chi qui vi scrive, l’etica della parola bisognerebbe farlo. Come già ho scritto  più volte su queste pagine in tre interventi (vedi i seguenti link:  1,   2,   3 ), ritengo che possa rivestire un ruolo etico ogni discorso che pone alla sua base il quesito attorno alla motivazione ed agli effetti di una scrittura o, ancor meglio, di una parola. Voglio dire che certe scritture, che pure possono avere in chi le legge un esito etico, non nascono da una spinta etica precisa, proprio perché carenti di quella domanda che dovrebbe precedere la scrittura stessa. Chi scrive senza porsi il quesito relativo al suo posizionamento nei confronti della parola (come creatore