Nei dintorni della "chiamata" in poesia - riflessioni


  
 
Non c'ĆØ nulla di mistico nel voler partecipare ad una delle essenze del linguaggio: la sua capacitĆ  di chiamata.
Sia nella sua declinazione passiva, essere  chiamati da Daimon, Voci, DivinitĆ , Flusso poetico millenario a scrivere, che nella sua declinazione attiva (la parola che chiama altre parole), siamo di fronte a un fenomeno che ĆØ presente nella storia della poesia dalle sue origini, ed ĆØ solo una certa teoria poetica nemmeno ben formulata contemporanea che ne nega i contorni, cercando di riportare tutto al ventre basso dell'autore/poeta. 

L'immaginario misticheggiante, che in alcune sue espressioni arriva a parlare di finzione in chi lo sostiene, che un assunto simile ha preso negli ultimi tempi deriva  solamente da un'ignoranza di fondo sulla struttura della parola, specie se poetica, e, ancor prima, della lettera. 
Sostenere come poeti il proprio ruolo di attraversati dalla parola non ha in nessun modo a che vedere con l'idea magico-formulistica, al contrario si fonda su una profonda osservazione dell'atto creativo poetico.
ƈ di tutta evidenza che tutta la struttura simbolica, semantica e, soprattutto, retorica della scrittura poetica sia strutturata attorno ad un centro metaforico in cui ogni parola, ogni lemma, ogni lettera, oserei dire, ĆØ per sua stessa natura richiamo di altro da sĆØ. 

Non volendo quindi citare la funzione della parola e della sua ripetizione mantrica, proprio per non cadere nelle accuse di cui sopra, vorrei con queste brevi riflessioni pormi - anzi porci assieme -  in un certo senso al centro di una valutazione che non tardo a definire piana, quasi banale. 

C'ĆØ un evidente dato delle nostre scritture che in realtĆ  non ci appartiene.
Certo non ĆØ l'unico e il poeta sa bene dove il suo intervento sulla parola diviene essenziale. 
Tuttavia, e non capisco molto le resistenze a parlarne degli ultimi decenni, a parlare in altre parole di ciĆ² che viene prima della scrittura: il dato ispirativo se vogliamo  usare dei paroloni, si fonda in gran parte sul fenomeno dell'ascolto?
Suoni, pensieri, riflessioni giungono ai lobi del poeta che ne elegge solo alcune come destinatarie del suo foglio. 
Da dove giungano, o se si voglia aderire o meno a una visione piĆ¹ o meno dittatoriale/dettatoriale di quel flusso (ĆØ ben diverso sentirsi chiamati a scrivere da una divinitĆ  o semplicemente stimolati dal flusso millenario poetico che ci attraversa) non ĆØ tanto oggetto di questo mio breve intervento. 

Qui mi interessa sostenere, ancora una volta, che, con estensioni diverse per ognuno di noi, non si ĆØ poeti se non si ha ricevuto una certa chiamata all'espressione poetica. 
Per alcuni autori ĆØ del tutto evidente e la loro stessa tecnica creativa, che consiste nel sedere immobili davanti al foglio senza progetto sinchĆØ la parola non prende forma nella loro mente, dimostra appieno e senza possibilitĆ  di smentita il fenomeno.
Per altri, invece, che , come sostiene Carl Gustav Jung ne Psicologia e Poesia (1930-1950) - Boringhieri editore (ne ho parlato in questo articolo)  mostrerebbero maggiore carattere di estroversione, prevale il progetto e l'intervento sul testo, ma esiste anche per loro pur tuttavia la questione sospesa di cosa sia in poesia l'ispirazione, la spinta alla scrittura.
Quindi, con manifestazioni quantitativamente diverse per ogni autore, la chiamata ĆØ fenomeno che tutti coloro che scrivono vivono, con declinazioni diverse. 

Ma chiamata riguarda anche la fase successiva, della vita di una composizione poetica. 
Ogni detto poetico entra, la cosa ĆØ nella sua essenza, nel flusso di ciĆ² che prima di lui ĆØ stato detto o scritto. Ne ĆØ chiamato e partecipa al fenomeno simbolico-metaforico che si crea nella mente del lettore una volta che il verso giunge alla sua visione.
Possiamo dire, senza passare per dei Guru o dei Santoni indiani, quindi che chiamata ĆØ prima e dopo la creazione poetica e si conclude col processo di lettura?

Io penso che questo fenomeno vada indagato, anzi re-indagato, liberandolo da tutti i pesi immaginari che si porta dietro e dentro, quasi che dirsi poeti come trascrittori di voci, sia un fenomeno che rasenta il dominio del folle e dell'insano.

Penso si debba dare a questo fenomeno, invece, che tanto ci parla del bistrattato, ma centrale, rapporto e binomio scrittura-ascolto pienezza e dignitĆ  di campo di nuova indagine.
Certo ĆØ che la parola poesia ha nel suo etimo l'idea di creazione. 
Ma questo non ci autorizza a negare che tale creazione ĆØ sempre portatrice di una moltitudine/pluralitĆ /collettivitĆ  di voci, sebbene, e a buon motivo, il diritto di autore dica ben altro.

Ma queste pagine, nonostante il suo caporedattore e fondatore sia giurista, non si occupano di diritto.
Le parole di Fedro ĆØ un luogo di indagine sul fenomeno poetico, tra le altre cose, e in questa sede non sto considerando certo gli aspetti di diritto della questione, che pur esistono e sono pregnanti. 

Mi interessa qui, sempre piĆ¹ aprire una riflessione, sul tema della pluralitĆ  delle componenti dell'atto creativo poetico, perchĆØ non riconoscerle significa ridurre molto la possibilitĆ  di comprensione del fenomeno poetico stesso. 

Per la redazione de Le parole di Fedro
Il caporedattore - Sergio Daniele Donati
 
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