(Redazione) - Specchi e labirinti - 31 - Piccola indagine poliziesca a partire da “Osicran o dell'Antinarciso" di Saverio Bafaro (Convivo ed., 2024)

 
di Paola Deplano


Spesso molti esseri dotati di apparato fonatorio si sentono in diritto di usarlo per dire la loro su qualsivoglia argomento, pur non avendone contezza. Tali argomenti sono, di solito, quelli alla moda, dal cambiamento climatico, ai vaccini, all’insulto politico, alla guerra, al calcio, al narcisismo. Quest’ultimo topic viene spesso tirato fuori tra lacrime e recriminazioni tutte le volte che qualcuno si trasforma dal Principe Azzurro (o dalla Principessa dei Sogni) in un banale ex. 
L’azzurro sbiadisce, i sogni diventano incubi e viene fuori, immancabilmente, il narcisismo perverso della persona che ci aveva fatto battere il cuore. Per carità, a volte è vero, a volte abbiamo veramente avuto a che fare con questa maschera demoniaca, ma non penso sempre sempre. Anche perché essa, a detta delle nostre lacrime e delle nostre recriminazioni, non inficia solo gli amori, ma può oscurare il volto di genitori invadenti, fratelli-coltelli, parenti fino al ventesimo grado, amici d’infanzia o di cinque minuti fa, colleghi di scrivania o della filiale di Hong Kong e via frignando. 
Sintetizzando, chiunque ci abbia fatto, ci fa o ci farà del male è un narcisista – e noi siamo ignare vittime innocenti. Mi sembra, come dicono dalle mie parti “troppo assai”.
Ripeto, i narcisisti esistono, le vittime pure, ma tutte queste diagnosi psicologiche buttate lì senza nessun costrutto servono solo ad usare in modo improprio l’apparato fonatorio di cui sopra.
Gli unici abilitati a parlare di Narciso – per tutta una serie di ovvi motivi che qui non è il caso di elencare – sono solo due categorie di persone: gli psicologi e i poeti.
Che bello, quindi, quando di Narciso (o del suo contrario) parla una persona che è al contempo poeta e psicoterapeuta. 
Ci darà la doppia chiave per guardare negli occhi il tormentato essere che non potrà mai amare, il seminatore di lacrime e bugie, il vuoto senza fine che divora se stesso e gli altri.
Saverio Bafaro fa al caso nostro: è psicologo e poeta. E ha scritto una silloge in cui Narciso e il suo contrario si guardano allo specchio.
Non parlo a caso dello specchio, dato che è presente sin dal titolo del libro, ove si rivolta leonardianamente il nome del giovinetto fatale: Osicran o dell’Antinarciso (Il Convivio Editore, 2024).

Quindi, come nei negativi delle fotografie di una volta, si definisce Narciso a partire dal suo contrario. E, a proposito di foto, non si può non notare la copertina, dove c’è un’immagine che, a mio avviso, è un’esplicita dichiarazione di poetica. Ecco una radiografia spinale dello stesso autore, quindi il poeta sceglie di mettere in mostra ciò che è il contrario dell’esteriorità narcisista e ci presenta la nuda essenzialità del suo scheletro, ciò che lo tiene in piedi e che lo accomuna a qualsiasi essere umano, al di là delle differenze esteriori. Ossi di seppia, diceva il buon Montale – ossa di uomo gli fa eco Bafaro in questo biglietto da visita della silloge. Non mi sembra azzardato tirare in ballo l’Ermetismo, la cui lezione scarna e profonda percorre senza imbarazzo tutte le pagine del volume.

Narciso fugge e si nasconde in alcune liriche, ma non è l’attore principale di questo piccolo dramma poetico. E allora, di chi si parla? Chi è l’Antinarciso? Certamente qualcuno che possiamo definire dal contrario di Narciso. Se quest’ultimo ama unicamente se stesso, Osicran sarà uno che ama tutti e sacrificherà se stesso per il bene supremo degli altri. Uno con uno sguardo proiettato sul Tu piuttosto che introiettato sull’Io. Credo, leggendo alcune liriche che percorrono la silloge, di aver individuato il misterioso personaggio, ma non voglio fare spoiler. Mi limiterò a trascrivere alcune poesie, lasciando al lettore curioso e propenso alle indagini poliziesche di farsi un’idea di chi possa essere. E poi alla fine, molto alla fine, proprio in fondo, dirò la mia sull’identità di questo misterioso Innominato.

Addio, immagine pulviscolare!
Bentrovate ossa desiderose di abitare
un luogo, un tempio, un pavimento
di incontrare volti gonfi e mani calde
nel toccare ancora questo costato risorto
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Superficie e fondo
hai congiunto con l’indice
quando in pieno giorno
la luce ha tagliato l’acqua
per fare più nitida la fronte…
Cosa insinuava nel riflesso
la forma dei tuoi occhi
nell’istante abissale
antecedente al tuffo
cosa ha visto davvero:
la prigione perfetta
del tuo corpo giovinetto
o la Carne martoriata
nel sacrificio dei chiodi?
All’incrocio degli opposti
con volti comparsi nel segno
della sparizione e delle ferite
uomini e donne si incontrano
per portare insieme fiori nuovi
ed esili germogli di primavera
disposti vicino alle grandi pietre
______
Resuscita Narciso dal pieno oblio
da quando le giornate avevano troppa luce,
vogliamo qui serbare il tuo nome invertito
noi che abbiamo assistito al tuo sacrificio
nella stagione dell’avvenire una pianta
d’un tratto comparsa alle giovani donne
quando la storia del tuo cuore malato e liquido
sembrava del tutto finita per gli esseri visibili
Tasselli dispersi di un vecchio mosaico
brivido di nomi a lungo non abitati
incapaci a comporre un più esteso cerchio

Chi è Osicran, dunque? Non so che rapporti intrattenga Bafaro con l’Altissimo, ma immagino che sia, come la maggior parte degli italiani, cattolico - almeno nei registri della parrocchia. E quindi, per logico ragionamento, colui che si immola, da innocente, per salvare il mondo non può che essere Gesù di Nazareth.
Questa è la mia personale soluzione del giallo. Ma, come sempre in poesia, ce ne potrebbero essere altre. Siete invitati a trovare la vostra e a tenervela stretta.

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NOTE BIOBIBLIOGRAFICHE

Saverio Bafaro nasce a Cosenza nel 1982. È psicologo, psicoterapeuta, poeta e critico letterario. Presso l’università «Sapienza» diventa dottore in Psicologia dello Sviluppo, dell’Educazione e del Benessere; si specializza, poi, in psicoterapia Gestalt-analitica individuale e di gruppo. Ha pubblicato: Poesie alla madre (Rubbettino, 2007); Eros corale (e-book sul sito www.larecherche.it, 2011); Poesie del terrore (La Vita Felice, 2014), Carte di Carne (Freemocco, 2023), Osicran o dell’Antinarciso (Il Convivio, 2024). Sue opere sono apparse all’interno di antologie come Quadernario. Calabria (LietoColle, 2017), di riviste letterarie come «Poeti e Poesia», «Testo a fronte», «L’Ulisse»; di blog di poesia quali La poesia e lo spirito, blanc de ta nuque, bottegaportosepolto, Pioggia Obliqua, La Recherche, Le Parole di Fedro, Poetarum Silva, La Presenza di Èrato, Atelierpoesia, Carteggi Letterari, e sono state tradotte, ad esempio, nel «Journal of Italian Translation» (Bonaffini, 2021, vol. XVI, n. 2). Già redattore di «Capoverso. Rivista di scritture poetiche» per cui ha curato il numero monografico Omaggio a Pavese (Orizzonti Meridionali, 2019) fonda e dirige, dal 2022, «Metaphorica. Semestrale di Poesia» (Edizioni Efesto). Di recente ha curato la silloge postuma di Carlo Cipparrone Crocevia del futuro (L’arcolaio, 2021), la traduzione di Stickeen. Storia di un cane di John Muir (La Vita Felice, 2022) e Segni e Coincidenze (Edizioni Efesto, 2023), catalogo della mostra omonima di Giulia Napoleone e Mauro Magni, che include suoi componimenti poetici che interagiscono con le opere grafiche.

 



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