Da "Midbar" (di Raffaela Fazio - Raffaelli Editore, 2019) - 06 - Giona

 
 Raffaela Fazio - Inediti
 
GIONA
di Raffaela Fazio
Tratto da “Midbar” 
(Raffaelli Editore, 2019)

L’onda
cerca una breccia
assale il fasciame.
Il cielo abbraccia il mare
e il tempo si rovescia.

Non hai trovato scampo
nella stiva
nel sonno solitario
che sconfessò la prova.
Ora ti credi
in una morte più sicura.
Non accetti ch’io perdoni
il tuo nemico
e che t’inviti
a un altro inizio, un rinnovo
di creazione.
Ti muovi appena.

Ma io ti vedo
anche nel buio, anche nel ventre
(la balena
è il lutto necessario
prima del parto):

io vedo quello
che ancora non sei
il ramoscello
che il tuo nome porta
dall’ulivo
fatto di luce.

E ti aspetto sulla riva.
Ti aspetto
dentro la tua voce.
 
 
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Nota dell’autrice
Giona è il profeta ribelle che rifiuta inizialmente la propria missione, ma è anche l’archetipo della rinascita, del passaggio dalla morte (la morte del sé attanagliato dall’egoismo e dalla paura) alla vita, attraverso la ricucitura del rapporto con il mondo, con il prossimo, con il divino.
L’Eterno chiede a Giona di andare a predicare a Ninive, città nemica. Giona sa che il suo annuncio condurrà gli abitanti al pentimento, e non lo vuole: non vuole la salvezza dell’avversario. Fugge e s’imbarca. La tempesta che si scatena costringe il profeta ad ammettere la propria colpa davanti ai marinai, che lo gettano in mare, ovvero nel luogo considerato dalla tradizione ebraica il simbolo per eccellenza di pericolo e di indeterminatezza (secondo alcune interpretazioni, è Giona stesso a buttarsi in acqua).
Giona è incapace di aprirsi e di comprendere il perdono di Dio verso una città ritenuta immeritevole. E cosa è in fondo la sua fuga se non un desiderio di morte? Non potendo accettare che Ninive venga risparmiata dalla distruzione, preferirebbe morire piuttosto che sopportare il perdono: “Ora, dunque, o Signore, prendi, ti prego, la mia vita da me, giacché preferisco la morte alla vita!” (Gio 4,3). I tre giorni e le tre notti che passerà nel ventre del grande pesce alludono a questa esperienza interiore di rifiuto e di ripiegamento.
Ma il nome di Giona, in ebraico, significa colomba. E la colomba ricorda l’annunciatrice di salvezza che torna all’arca di Noè, dopo il diluvio, con il ramoscello di ulivo, a suggellare una nuova alleanza, una nuova possibilità di vita. Giona, dopo aver affrontato il proprio “Leviatano”, saprà perdonare se stesso e l’altro.
Il perdono ha un senso solo perché ha un fine: il fine è il nuovo inizio. Il suo fine è il futuro. Chi va oltre i propri sentimenti antagonistici, vince la tentazione di rimanere impigliato nella morte, nel passato, nell’isolamento, e opta per il futuro, che richiede una coraggiosa rimessa in discussione dei propri desideri.
A riemergere dal buio sarà una voce più autentica, più fedele, portatrice di speranza.

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Video lettura della poeta

 
[NDR] - altre poesie di Raffaela Fazio tratte “Midbar” (Raffaelli Editore, 2019) sono apparse sulle nostre pagine con nostro grande piacere ed onore. Qui sotto l'elenco delle uscite:



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