(Redazione) - Cinque poesie di Mauro Barbetti tratte dalla raccolta inedita "Poligrafiche di stati" con nota di lettura di Sergio Daniele Donati
Quando un autore ci affida dei suoi inediti ciò rappresenta per noi un grande onore ed onere, ché affidare la propria neonata parola ad altrui cure, crea sempre un legame di delicata fattura.
Il senso di responsabilità aumenta se il poeta ci fa dono di componimenti destinati a far parte di una raccolta non ancora edita, perchè chi ne dovrà parlare e farne commento, deve saper entrare nel "corpus" di un'Opera con il passo lento del cercatore di tracce animali d'inverno, sotto una coltre di neve.
Quelli che vi presentiamo oggi, di Mauro Barbetti, sono dunque componimenti destinati a far parte della raccolta "Poligrafiche di stati" di prossima edizione e della quale vi lasciamo, in fondo all'articolo una sinossi predisposta dallo stesso autore.
Ci troviamo di fronte ad una scrittura dai forti richiami a suggestioni scientifiche o (fanta)scientifiche che servono alla descrizione di un umano cui mai è estranea la coscienza del corpo che, tuttavia, non nega il suo probabile futuro di divenire capace di innesti meccanici esterni.
Anche la riflessione sul mondo del quotidiano non è estranea alla scrittura del poeta che però ne sa fare una descrizione, dalla tanto lieve quanto evidente ironia, applicando un linguaggio matematico, alla comprensione del mondo.
Si legga da “Prova scritta di pubblico concorso” (momento 7) dove questo gioco, dai connotati molto seri, appare evidente.
In questa poesia l'autore, con certa maestria, mette in relazione una cognizione quantitativa del mondo, tutto sommato facile frutto di una semplice moltiplicazione, con la sua più complessa descrizione qualitativa.
E, per stessa ammissione del poeta, si tratta di relazione non armonica, quasi ci fosse - e sicuramente esiste -un incolmabile iato tra saper dire quanti siamo e conoscere chi siamo nel profondo, là dove nemmeno le leggi sociologiche arrivano a grattare la superficie di una complessità umana che, evidentemente, è anche la sua ricchezza.
Le due poesie tratte da “Stazioni orbitali”, poi, messe tra loro in relazione di specificazione da una numerazione del tutto evidente nei suoi intenti (6- 6a), sono composizioni che richiamano ad un pensiero filosofico esistenziale molto pregno in cui non viene ignorata la necessità di saper riesplorare il metodo di indagine dell'uomo (6) ma, quasi paradossalmente, si dichiara una almeno parziale assenza di senso (6a).
E verrebbe da pensare a chi qui vi scrive, che la relazione di stretto legame che viene dichiarata nella numerazione delle due poesie non possa che portare ad una lettura consapevole allo stesso tempo della necessità di chiarire un metodo di indagine, anche in poesia, e, d'altro canto, del dato entropico, di perdita di senso che persino il metodo più rigoroso presenta.
Una consapevolezza che trovo sempre meno nella poesia contemporanea, troppo distratta dal doppio abisso/caduta da un lato di una mera descrizione del dato emozionale e, dall'altro, del rifiuto di questionarsi con occhio quasi scientifico sul senso, non tanto della poesia in sé, quanto, piuttosto, del nostro rapporto con un metodo.
Queste poesie di Mauro Barbetti sono un richiamo non alla coscienza ma a un suo quasi sinonimo: la consapevolezza, che contiene in sé un dato di maggiore razionalità e sguardo clinico sullo stato delle cose.
Non si vede l'ora di poter aver tra le mani l'opera completa che chi vi scrive non esita a mettere nel sempre più raro e prezioso novero delle scritture capaci di sollecitare in chi le legge non mero sfogo emozionale, ma pensiero e riflessione profonda.
Un dire quello di Mauro Barbetti che avanza sul filo di uno stretto legame tra il poetico, il filosofico e quello della consapevolezza dell'uomo e del suo destino.
Per la Redazione de Le Parole di Fedro
il caporedattore - Sergio Daniele Donati
ESTRATTO DALL'OPERA
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Da “Tavole anatomiche
per post-umani”
APPENDICE INFERIORE
Tutto passa attraverso la
conquista della stazione eretta di un nuovo bilanciamento di pesi e
gravità ma ancora oggi lo trapassa il senso del soggetto posto in
essere dello spazio occupato a deformare il tempo scontro di
particelle minime essere questo soltanto questo mentre un piede
scivola da una scarpa tenta l'evasione in un pavimento al netto del
freddo al netto dello sporco al netto dello stato di natura ora
l'arto è lì nell'erba a strisciare nel terreno lo vede incontrare
qualcosa o anche niente continua continua come la conquista del Far
West come una linea che obliqua tra praterie fiumi foreste montagne
rocciose valli della morte e coste a occidente il mare non lo ferma
lo porta oltre la visione di Honolulu di un altrove tra verde e blu
amniotico fino alla Luna fino a Marte fino a farsi pezzo robotico che
si flette come una protesi di Pistorius e come un pistone spinge ed
esce fuori dalla porta c'è sempre gente che va e auto e aerei e
stelle in perenne spostamento questo passo prosegue fino al ciglio
prima della mutazione dell'estinzione di un collocarsi senziente tra
qui e un altrove a diversi gradi di separazione si inventeranno
allora stivali delle sette leghe per orchi o pollicini che nella
memoria di specie il mostruoso è sempre stato insito nell'umano si
pensi alla fiaba si pensi alla Storia.
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Da “Passaggi attraverso”
Dovrei eseguire semplici moltiplicazioni
ripetere il numero di sedie per quello delle file
poi replicarlo tre volte
(tante quanti sono i padiglioni)
per conoscere il numero che siamo quale massa critica l'impatto
più complesso risulterebbe stabilire chi davvero siamo
oltre studi sociologici e stadi evolutivi
ognuno con le sue ragioni
con i suoi traumi adattivi
10.
una deiezione di terriccio da un giardino cola a tamponare uno sbecco sul marciapiede e procede come crepa nell’asfalto non fa tante sigarette fino casa “Investimenti pubblici!” chiede una scritta a cui risponde un edificio chiuso sul lato opposto il viale d’auto prosegue nello snodo accanto e si sfondano piastrelle lasciano spazi vuoti là dove piove sul bagnato la finestra al primo piano ha un lieve bagliore occasionale di Tv mentre io cammina
una deiezione di terriccio da un giardino cola a tamponare uno sbecco sul marciapiede e procede come crepa nell’asfalto non fa tante sigarette fino casa “Investimenti pubblici!” chiede una scritta a cui risponde un edificio chiuso sul lato opposto il viale d’auto prosegue nello snodo accanto e si sfondano piastrelle lasciano spazi vuoti là dove piove sul bagnato la finestra al primo piano ha un lieve bagliore occasionale di Tv mentre io cammina
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da
“Prova scritta di pubblico concorso”
(momento 7)
Dovrei eseguire semplici moltiplicazioni
ripetere il numero di sedie per quello delle file
poi replicarlo tre volte
(tante quanti sono i padiglioni)
per conoscere il numero che siamo quale massa critica l'impatto
più complesso risulterebbe stabilire chi davvero siamo
oltre studi sociologici e stadi evolutivi
ognuno con le sue ragioni
con i suoi traumi adattivi
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Da “Stazioni orbitali”
6. Si parte sempre
da premesse teoriche
da promesse di senso
e attraverso correlazioni logiche
si costruisce un universo
che pensiamo sia
il nostro
6 bis.
da premesse teoriche
da promesse di senso
e attraverso correlazioni logiche
si costruisce un universo
che pensiamo sia
il nostro
6 bis.
Non sopporta
la pervasività
degli umori corporali
le anomalie caratteriali
crede che ciò che noi
chiamiamo inferno
abbia sempre un motivo
che chi cede
sia solo un debole
carattere subalterno
gene recessivo
la pervasività
degli umori corporali
le anomalie caratteriali
crede che ciò che noi
chiamiamo inferno
abbia sempre un motivo
che chi cede
sia solo un debole
carattere subalterno
gene recessivo
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DICE DI SÉ L'AUTORE (BIOBIBLIOGRAFIA)
Sono nato in pieno boom
economico, troppo giovane per vivere il ’68, ma non per non
attraversarne schegge impazzite e postumi. Ritengo che in adolescenza
la poesia e la musica (cantavo e scrivevo testi per qualche band) mi
abbiano salvato le chiappe da situazioni più pericolose. In quegli
anni ho conosciuto Franco Scataglini e partecipato ad un suo
corso/percorso di poesia. Poi l’inizio del “riflusso”, il
matrimonio, i figli e il lavoro, mi hanno costretto a mettere la
testa a posto e tirar la carretta. Sono tornato a scrivere dopo
vent’anni circa (nel frattempo nessuno ha certo sentito la mia
mancanza).
Alcuni miei testi sono
comparsi su Poetarum Silva, la
Recherche.it, Poesia ultracontemporanea, Argonline, Versante Ripido,
Poesia del nostro tempo e Niederngasse.
Ho all’attivo le
raccolte di versi “Primizie ed altro” - La scuola di Pitagora ed.
(2011), “Inventorio per liberandi sensi” - Limina Mentis ed.
(2013), “Versi laici” - Arcipelago Itaca ed. (2017) e “Retro
Schermo” - Tempra ed. (2020). Nel 2020 ho vinto il premio
Pagliarani – sez. inediti con “Frammenti da zone soggette a
videosorveglianza” poi pubblicato da Zona ed. nel 2022 e sempre nel
2022 ho ricevuto il Premio Florida per la silloge “Dismettersi”,
editata poi da La Valle del Tempo (2023).
Nell'anno
in corso è infine uscito “Interni/esterni” per la Delta3 ed..
Ho realizzato traduzioni
di poeti in lingua anglosassone quali John Berryman e Keith Douglas.
Collaboro con la casa
editrice e web magazine Arcipelago Itaca in qualità di redattore e
con la rivista Finestre. Insegno inglese nella scuola Primaria.
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BREVE SINOSSI
Il titolo di questa
raccolta è “Poligrafiche di stati” e dovrebbe essere pubblicata
da Seri editore verso fine 2024/ inizio 2025. Era stata segnalata, in
forma leggermente diversa, al Bologna in lettere del 2023. Il titolo
rimanda ad una pluralità, anche nella resa grafica, di possibilità
testuali. A volte si dice, ammirati, di un poeta, “ha una sua
voce”, ma potenzialmente in ognuno di noi si celano molte voci. Il
punto di partenza su questa riflessione è stata proprio la mia
professione. Come docenti insegniamo infatti ai nostri alunni che ci
sono tante tipologie di testo (narrativo, descrittivo, argomentativo
ecc.) utilizzabili a seconda dei nostri intenti o bisogni
comunicativi. Perciò, perchè non usare, anche in poesia, una
diversa voce per veicolare contenuti diversi tra loro? Non mi
interessa molto parlare di me, la mia vita è di un banale unico, in
quale modo potrebbe interessare qualcun altro? Ma fuori di me c'è un
mondo, ci sono altre esperienze e questo è molto più interessante,
però devo trovare il registro linguistico migliore per approcciare
questa realtà sfaccettata e analizzarla. Per Finestre gestisco uno
spazio sulle scritture non liriche, ma in realtà non sono un vero
antilirico. Gli scrittori di ricerca sono molto distanti da tutto ciò
che è musicalità e anche significato. Io, pur distante da una
tradizione lirica, che espone al rischio del già visto e sentito,
non mi sogno però di negare la possibilità (e la forza) al ritmo e
alla musicalità (sia pure più sfumata o più sincopata, più
naturale e meno ricercata o forzata), così come penso che la
scrittura debba avere una sua logica comunicativa e di senso (sia
pure non strettamente dichiarata, magari solo suggerita o lasciata
intuire). Annullare il significato e agire prevalentemente sul
significante o ridurre la comunicazione a stereotipo di
comunicazione, spesso crea costruzioni artificiose quanto quelle
dell'eccesso di lirismo che si vorrebbe evitare.
Il progetto è composto
da 4 sezioni: “Tavole anatomiche per post-umani” che, attraverso
le ipotesi di modificazione del corpo, getta uno sguardo sul nostro
futuro, “Passaggi attraverso” in cui si descrivono azioni e
spostamenti in uno spazio metropolitano di Io (si chiama così il
protagonista, narrato in 3a persona), “Prova scritta di pubblico
concorso”, nata dopo aver accompagnato mio figlio ad un concorso
ministeriale (unico lavoro in 1a persona, dove però mi sono
immaginato pensieri e reazioni di uno delle migliaia di candidati
presenti) e “Stazioni orbitali”, testo a due registri, il primo
oggettivo con considerazioni teorico-scientifiche, il secondo, (parte
bis) che descrive in 3a persona atteggiamenti e distorsioni di un
uomo comune. Spero di non essermi dilungato troppo. Buona lettura,
spero.
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