(Redazione) - Figuracce retoriche - 22 - Pleonasmo

 
 
di Annalisa Mercurio
 
Cosa c'è di meglio che iniziare la giornata con una bella colazione? Oggi, abbiamo una speciale fornitura di quei biscottini rinforzanti famosi, che rendono i bambini campioni in "a me mi".
Ecco che, nella nostra confortevole aula virtuale di Figuracce retoriche serviamo oggi latte bianco e biscottini pleonasmo!

Immagine da web modificata
 
Il termine pleonasmo deriva dal greco πλεονασμóς pleonasmós, che significa esagerazione.
Questa figura retorica avviene quando c'è un uso di parole che risultano superflue (non so se avete notato, ma specificare che il latte fosse bianco, era del tutto superfluo). Spesso, questo eccesso di termini ci fa sorridere, ma, almeno una volta nella vita, ammettiamolo, lo abbiamo usato tutti. Soprattutto nel linguaggio parlato infatti, ci sono espressioni pleonastiche che sono entrate a far parte del nostro quotidiano: "uscire fuori", così come l’espressione contraria "entrare dentro" sono un esempio perfetto, in quanto i termini "fuori" e "dentro" sono, in questi specifici casi, quello che mia nonna avrebbe definito "inutili come una forchetta nel brodo". Un altro paio di casi classici, li definirei pleonasmi da citofono: "sali su un attimo" e "scendo giù subito".
Ci sono poi casi leggermente più sottili e mascherati come per esempio l’espressione "l'ho visto con i miei occhi" che contiene una specificazione piuttosto ovvia, dato che, se lo hai visto, non puoi certo averlo visto con le tue orecchie!
Visto che la rubrica intitolandosi Figuracce retoriche lo consente, anzi lo richiede, vi dimostro come io sia stata in grado, in una chat con poeti, di inciampare in un gigante e imbarazzante pleonasmo:

Promessa mantenuta!
Abbiamo visto che il pleonasmo è una di quelle figure retoriche che possiamo incontrare spesso nella lingua parlata, anche perché nello scritto è considerato errore; in letteratura però, abbiamo esempi che utilizzano questa figura come rafforzativo.
Alessandro Manzoni, nel capitolo XVI dei Promessi sposi  scrive:
"A me mi par di sì: potete domandare nel primo paese che troverete andando a diritta. - E glielo nominò."
Lo stesso autore nel capitolo IX dello stesso romanzo scrive: "Lei sa che noi altre monache, ci piace di sentir le storie per minuto..." e lo scrive forse con lo stesso intento di rafforzare il concetto, però, mancando la preposizione “a” che sottintendiamo (a noi altre monache), crea (volente o nolente), al contempo un pleonasmo e un anacoluto (lo potete trovare qui ).
Nel XXII canto dell'Inferno, Dante, nella bolgia dei barattieri cacciati nella pece bollente, nel momento in cui i diavoli accapigiandosi cadono nella pece bollente usa uno straordinario “ma però
 
ma però di levarsi era neente,
sì avieno inviscate l’ali sue. 
 
Ecco che Dante, ancora una volta, fa barcollare le nostre certezze, ma però non sempre è il caso di usare questa accoppiata e altri pleonasmi perché, nonostante in alcuni casi sia rafforzativa ci sono altri casi in cui l’enfasi è meglio evitarla: documenti ufficiali, circolari, scritti scolastici, articoli giornalistici discorsi pubblici e in ogni circostanza in cui si debba dimostrare una certa lucidità mentale, gli stessi casi nei quali evitereste “mannaggia la miseria”, “acciderbolina” e molto, molto altro.
Lucy, sei tutti noi ma…


Immagine da web con testo modificato
 
Ahi ahi! Lucy avrebbe dovuto giocarsela meglio! Infatti, dando questa risposta probabilmente avrà preso comunque un pessimo voto dato che Petrarca non scrisse “a me meco mi”, ma “di me medesimo meco mi vergogno”. L’autore quindi gioca sì con le allitterazioni, ma non possiamo propriamente definire questo esempio un pleonasmo dato che in italiano moderno suonerebbe come “di me e con me stesso mi vergogno”, una frase nella quale trovo non ci sia nulla di superfluo. Comunque, un “più” a Lucy che, pur sbagliando la citazione, ha compreso cosa sia il pleonasmo. In conclusione, per riconoscere un pleonasmo, dobbiamo fare particolare attenzione ad alcuni elementi grammaticali tra i quali i pronomi personali (a me, mi…) e agli avverbi ( fuori, dentro, sopra sotto). Dobbiamo inoltre tener conto del fatto che, nonostante il pleonasmo possa apparire come una smagliatura, è una ridondanza che abbracciamo spesso senza rendercene conto ed è una figura retorica che, oltre a colorare il linguaggio, ci offre, sia in letteratura sia nel nostro quotidiano, un sorriso e un pizzico di riflessione. La prossima volta che vi imbatterete in un pleonasmo, ricordatevi di prenderlo con leggerezza, di non essere troppo bacchettoni e di sorridere delle “sovrabbondanze” linguistiche vostre e altrui!

 
Pleonasmo
Amami. A me mi si spegne il cuore
anche se a noi ci han detto che l'amore
scoppia in roboanti boati.
Come troppo che stroppia.

(Annalisa Mercurio)
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