(Redazione) - Speciale "I Romantici" - "A proposito di Gerard De Nerval (1808-1855)"


di Anna Rita Merico
 
CASPAR DAVID FRIEDRICH - IL SOGNATORE

I Romantici hanno aperto sulla nostra contemporaneità, hanno coniato mutamento radicale del modo di sentire e pensare mondo.
La Redazione de Le parole di Fedro ha progettato uno Speciale sui Romantici mettendo a fuoco taluni aspetti di Autori del XIX sec. Ad una fase di progettazione redazionale è seguita la stesura relativa agli Autori che ognuna/o ha proposto. Ne è nata una tavolozza di sguardi su quest’epoca e le sue innovazioni. Nulla di esaustivo ma, tutto nel segno del piacere della condivisione con Lettrici e lettori di Le parole di Fedro.
 
La Redazione de Le Parole di Fedro
_________
 
___________
Nerval: nelle intimità di metamorfosi
 
Voglio il Centro
Voglio il Centro del Centro
Voglio il Centro del Centro del Dentro
Voglio il Centro fino al nucleo del sole
Voglio il Centro fino al Dentro che scoppia
Voglio il Dentro dello scoppio
Voglio il Centro fino al Dentro della Notte deflagrata

A.R.M.

“…Si viveva allora in un’epoca strana, come quelle che vengono dietro abitualmente alle rivoluzioni o al decadere dei grandi regni. Non più la galanteria eroica come sotto la Fronda, il vizio elegante e adorno come sotto la Reggenza, lo scetticismo e le folli orge del Direttorio, ma un misto di attività, di esitazione e di pigrizia, di utopie brillanti, di aspirazioni filosofiche o religiose, di entusiasmi vaghi, mescolati con certi istinti di rinascita, di fastidio per le discordie passate, di incerte speranze… (Iside) la dea eternamente giovane e pura ci appariva la notte e ci rimproverava per tutte le ore del giorno che avevamo perdute…”1

 
Una tenuta da cascamorto, un teatro come luogo frequentato quotidianamente, indifferenza alle rappresentazioni se non l’apertura magica e ricettiva dello sguardo alla visione di Jenny Colon: apparizione e perfezione.
Si entra nell’universo di Nerval, nel suo creare a partire da un’articolata forma di “ritirata in sé”: la sua traiettoria procede dal mondo esteriore al mondo interiore sopraffatto da un autentico culto per l’intensità emotiva.
La romanticità in Nerval si presenta come ciò che è di ineffabile carattere soggettivo in cui la reazione agli oggetti, agli interessi è generata da uno stimolo rammemorante a cui la scrittura risponde in maniera puntuale, immediata, lucida. Le reazioni creative lo stringono e, al contempo, lo lasciano sospeso all’interno di una forma di idoleggiamento dell’incognito, dell’indistinto. In Nerval, ancora, gli spunti di focalizzazione oscillano dall’immedesimazione che azzera individuazioni alla magia delle distanze. Il movimento è tutto sull’onda di una spinta interna che lo colloca, voracemente, in un’ ispirazione artistica capace di tenerlo avvitato ad una sospensione doppia, fluida. La sua scrittura si intrattiene all’interno di un culto dell’intensità emotiva attraverso la suggestione, l’evocazione e la contaminazione di un reale-irreale filtrato da sedimentazioni di zone opalescenti: è anima che lotta per essere.
 
Tuttavia, l’ambizione non era cosa della nostra età, e l’avida caccia ai posti e agli onori cui assistevamo ci allontanava dalle possibili sfere di attività. L’unico asilo che ci restasse era la torre d’avorio dei poeti, nella quale salivamo sempre più in alto per isolarci dalla folla. In quei punti elevati ove ci guidavano i nostri maestri, respiravamo finalmente l’aria pura della solitudine, bevevamo l’oblio nella coppa d’oro delle leggende, ci sentivamo ebbri di poesia e d’amore. Amore, ahimè! Di forme vaghe, di tinte rosee e azzurre, di fantasmi metafisici. Vista da vicino, la donna reale ributtava la nostra ingenuità; occorreva che ella apparisse regina o dea, e soprattutto che non ci avvicinassimo a lei2
 
Romanticità ineffabile magia
attraverso gradi lenti avanza l’ottundente insensibile
dalla materia orrida si può estrarre bellezza
la spiritualità gronda da accesi attimi
svaniscono le piane del dorato e calmo andare
bello e triste l’ogni si ama in nuovi incesti del dire

A.R.M.
 
 
Un affondo sull’epoca storica: un XIX sec. a ridosso di epocali Rivoluzioni moderne. Un femminile incuneato tra realtà appena toccata e rifugio nell’evanescenza di un passato che torna. La prima oscillazione: il tempo. Altalena complessa tra realtà, ideali, fughe. Gli eventi rivoluzionari avevano dato orizzonte ad una visione politica fatta di opposti ben stagliati. La letteratura risponde, giusto il giorno dopo, con una stratificazione di sensi che aprono significati a tarli roditori, tarli che orientano verso un altrove. Si aprono strade, le carte si mischiano, gli opposti non possono essere i soli ad abitare lo sguardo. Riemergono sogni alessandrini, sotterranei, si stagliano ombre.
La prima verità posta in discussione è la verità della Ragione che fonda. Ciò che s’affaccia è la genesi di una spiritualità laica, l’anima vuole partecipare a mutamenti epocali rifondando la visione e l’orizzonte del credere. E’ una rivoluzione potente, fondante, invisibile. Per questo tratto di rivoluzione le masse non sono più chiamate ad intervenire. Chi sguaina linea di demarcazione -ora- è un singolo dio, ormai in terra. Un dio impegnato in un’archeologia del sensibile la quale anela al raggiungimento delle fonti di ciò che precede l’essere filosoficamente inteso.
La chiamata è ad una silenteroboante rivoluzione che si palesa attraverso il chiaro desiderio di connessione con un arcano passato è desiderio di ricomporre il Nuovo nell’Antico. Tendere all’antico attraverso il sogno, la visione, il puro sentire. Processo di prosecuzione in avanti e regressione si allineano nel percorso evolutivo del pensiero. Inizia una contemporaneità che nega il progresso come linea evolutiva. Inizia la doppia marcia di un passo che vuole indagare il dentro e il fuori, il lontano attualizzato e un senso del vicino da cui sgusciare. Una detemporalizzazione la cui profondità sospende il divenire.
 
“ …
Sei tu quello che fai, potenza primigenia,
Dei tuoi soli spenti, che cozzano insieme…
Sei certo d’infondere un respiro immortale,
Da un mondo che muore a un altro che rinasce?...”3

Forte l’attenzione per lo stato del dormiveglia, anticamera dello sprofondamento nel sogno. Vivisezionare il dormiveglia e fermarne folla di immagini che corrono in risalita da un dentro d’ardesia in cui l’impossibilità di toccare, stringere, prendere segna ogni spigolo di mondo che emerge. In Nerval sono solo gli occhi a toccare, stringere, prendere. Sono occhi che segnano il movimento dell’impossibilità di essere della materia dentro alla realtà se non attraverso l’antico canto, la delicata danza, l’intreccio d’amore e malinconia. Le trame di movimento della natura s’addensano nelle immagini pennellate da Nerval: le foglie imbrinate, il mutar del colore delle chiome esposte ai raggi di Selene, i vapori delle brume adagiati tra le punte delle foglie caduche. Sono immagini di presenze irraggiungibili, tutto entra nel fuoco dell’agognato.

“…

Due volte vincitore traversai l’Acheronte:
Modulati alternando sulla lira d’Orfeo
Della Santa i sospiri e della Fata i gridi.”4

Immersioni totali nelle immaterie sanguigne del tutto indistinto. Nerval punta a dire di quella calamitante energia che lascia ombra dinanzi a risucchi continui di realtà. Nerval canta l’energia di quel risucchio letale che, in lui, si fissa coniando immagine, tenue spessore schiodatosi da scene del passato. Tutto sembra poggiato in una tazza di fine porcellana bagnata dal disegno di un visionario decoratore di sete. Salgono e scendono da bassi gradini le movenze di Silvia, di Adriana, e, poi, le connessioni tra loro e il pensiero che le mischia e le confonde lasciandole slittare nei margini d’improbabili scene. Volti intonsi dinanzi ad ogni passaggio della vita che sfiora. Intanto convoca Durer, Apuleio, Dante, Ovidio.

Attraversare l’inconscio. Perdere la realtà. Ritrovarla rarefatta lungo la soglia della sospensione. Un effetto flou porta via schegge di materia. Lo spazio della idealizzazione slabbra ogni parola potenziandola tanto da farla sollevare da qualsiasi radice dell’essere. Un’interiore attività onnipotente depriva l’ambiente dalla possibilità di darsi un qualsiasi confine: l’immagine fluttua, nulla è in contatto con alcun vincolo.

Non sempre il Poeta
gode della sua anima
accade talvolta
che
come paesaggio da finestrino di treno in corsa
gli oggetti
ad esempio i fiori di melo a Parigi
svettino in una calma sospensione dell’essere
e
la mente della scrittura abbia a funzionare come una macchina da presa
capace di allungare il tempo nell’attimo di un infinito
Non sempre il Poeta
gode della sua anima
nella tensione a liberare l’esistenza dal suo stesso peso
l’anima s’affusola in un centro calmo di tornado devastante
occhio mite trebbiante fuoco.

A.R.M.

La foresta di Ermenonville è topos dai molteplici significati. I generi letterari sgomitano tra loro: leggenda, fiaba, mito intersecano trama e intessono viaggio. Emergono, come crani da terre desolate, Cavalieri e Poeti di un passato vicino. Cavalieri e Poeti imparentati con l’immaginario di Cervantes e il paesaggio cangiante è degno di acquarellisti persi in cartografie di fondi d’anime. Il paesaggio soggetto a grandi mutamenti, a causa di un’ albeggiante industrializzazione, resta –nella potenza creatrice di Nerval- reperto di passato recente difficile da masticare. Nella sua scrittura, attraversata da immense visioni, s’adombrano aspetti selvaggi e melanconici della natura. Albeggiano frammenti di paesaggi e resti di costruzioni che contribuiscono a rendere il senso e la nascita del romanticismo come movimento libero di essere all’interno di tonalità emotive fatte di speranza e desiderio profondo di unità.
 
“…si trovano disseminati per tutto il paese molti di questi svelti edifici della fine del diciottesimo secolo, che milionari filosofi fecero costruire ispirandosi al gusto dominante del tempo. Credo che in origine questo tempio dovesse essere stato dedicato a Urania. Tre colonne erano crollate trascinando nella loro caduta una parte dell’architrave: ma qualcuno aveva sgombrato l’interno della sala, sospeso ghirlande tra le colonne e ringiovanito quella rovina moderna che apparteneva al paganesimo del Boufflers o dei Chaulieu, piuttosto che a quello di Orazio…5
 
Un universo muore attraverso Rivoluzioni all’interno di un tempo storico preciso. Quanto tempo impiegano quelle rivoluzioni a mutare il paesaggio interiore di un individuo? Come funziona la persistenza del passato all’interno di un processo di demolizione e mutamento? Questi svelti edifici della fine del diciottesimo secolo vivono nella realtà o sono sedimenti di nuclei d’inconscio che si palesa nell’aurora del suo attraversamento? Possiamo pensare ad una fenomenologia dell’immaginazione creatrice?
 
“…la scena si svolgeva tra gli angeli, sulle rovine del mondo distrutto. Ogni voce cantava uno degli splendori di quel globo spento, e l’angelo della distruzione spiegava le cause della distruzione. Uno spirito saliva dall’abisso, stringendo in pugno la spada fiammeggiante, e invitava gli altri a venire ad ammirare la gloria di Cristo vincitore degli inferi. Questo spirito era Adriana trasfigurata dall’abito come lo era già dalla vocazione. Il nimbo di cartone dorato che cingeva la sua testa angelica ci sembrava veramente un cerchio di luce naturale; la sua voce si era arricchita in forza ed estensione, e le fioriture infinite del bel canto italiano ricamavano con i loro cinguettii d’uccello le frasi severe di un pomposo recitativo.
Ripensando a questi particolari, mi avviene di domandarmi se siano reali o se li abbia sognati…”6

Nulla di più misterioso invisibile filigranato di un paesaggio dell’anima
senso enigmatico e profondo delle cose in liquidi fili di vita e di vertigini
identificazione con l’immagine e fantasticheria sgorgata da immagini baciate da grammatiche altre
il sogno dilaga imbrattando ogni minuto spazio della vita reale
divampa fuoco di conoscenza
amore immortale guida l’andare
mistica unità in fecondo ritmo di respiro

A.R.M.
 
La lettura di Nerval immerge in dimensioni fantasmatiche di soli implosi e di presenze che usurpano e tagliano il tempo: frammenti visivi che appaiono e scompaiono repentini. Alcuni frammenti s’evolvono appena in gotica storia o in ralenty di personaggi sovra stratificati da simboli. Tutto è sommerso negli abissi di elaborazioni interiori vissute nel segno di spaesanti regressioni. Incombe, padrona, la presenza di un’anima che anela all’unificazione di schegge sparse in un andirivieni tra vita e morte, tra un irreale intero ed uno spazio frantumato. Nerval pensa e tratta ombre come fossero presenze autentiche utili a placare la sete d’infinito e di unità. Nerval, ancora, rende un cambio di sensibilità. Al centro di tutto vi è un motore che espelle continui oggetti visivi.
Il Suo è il movimento di uno sguardo intento a riaversi da un trambusto simbolico volto a raggiungere equilibrio e umanità rigenerata attraverso un travaglio spirituale. Quella di Nerval è una condizione della sensibilità assolutamente inedita. L’irrealtà, il fantastico, una sregolata fantasia, l’irrazionale in posizione di altera opposizione e superamento dello spirito razionalistico. Acuminare lo sguardo, sfondarne il confine, allargarlo con apertura di mantice sino all’identificazione che disindividua. Nerval non si ferma dinanzi all’invadenza immateriale del suo paesaggio interiore che definisce sogno e che, ancora, accende in lui l’idea del superamento, dello scacco vittorioso sulla malattia. Quella di Nerval è anche una posizione verso parole mancanti, parole utili a dire l’inabissarsi.
Lo statuto dell’inconscio non è ancora stato definito, il passo di Nerval forza il possibile facendo suo ogni superamento di limite dell’illusione: andare oltre, andare oltre nella vertigine di un fuori che diviene infinito dentro.

Mi chiedi perché ho in me tanto furore
E sul collo flessibile un indomito capo;
Io sono scaturito dalla stirpe d’Anteo,
Volgo i dardi contro il dio voncitore.
Tre volte m’immersero nell’acqua del Cocìto,
Da solo proteggendo mia madre Amalecita,
Risemino ai suoi piedi i denti del drago antico.”7

Come non pensare a due dei fondatori del sapere del XX sec? Carl Gustav Jung e Marie Curie: entrambi prigionieri del sogno visionario dell’invisibile. Per Jung in un profondo di significati in sé che lega l’intera e connette l’intera umanità, per Marie Curie un filo azzurro di radioattivo fuori di sè che lega l’umano all’universo. Il romanticismo di Nerval presenta molti caratteri ma non è da tralasciare quel filo che lo lega a tutto il fenomeno epocale delle connessioni con l’invisibile, ossia con l’universo del sentire il palpito dello spirito del tempo. La domanda che ne resta è: quale realtà sta premendo alle porte e come la letteratura, nel suo pregno lavoro simbolico, preannuncia cambi radicali nel modo di percepire-dire il mondo? La realtà da cui Nerval è sopraffatto è un desiderio profondo di attraversamento del mito non solo nella sua accezione classica. Nella sua immensa visione il Mito ha attraversato, con poderose cavalcate, l’intera storia dell’umanità ripresentandosi in volti e personaggi di cui e in cui Nerval si percepisce epigono ed esito.
 
Lacerazione esaltazione ossessione
frantumazione d’ogni contenimento
oltre ancora
inimmaginabile dolore guida l’andare
 
A.R.M.

E’ un “fuori” in cui il mistero di vita e morte si uniscono offrendosi in mistica unione. Unione che rimanda a immagini primordiali divoranti, la separazione-unione è la possibilità di essere nel dentrofuori della comunità umana, nell’interrogazione sull’appartenenza ad essa.
Divinità primordiale, marchio di assenza involuta ma -anche- trascesa, la Madre-Donna diviene tensione alla perfezione e mancanza assoluta, luogo di idealizzazione e centro di vuota assenza, sprofondamento che oscilla tra immensità dantesche e stretti canali bui che annunciano impossibili nascite alla luce di fiammate prometeiche.
Nerval cavalca tutti i volti del femminile primordiale: Artemide, Ecate, sino ad Iside ed oltre. L’andare nelle Origini fa venire alla mente i primigeni universi di contatto in cui l’incesto matrilineare è passaggio fondamentale per la strutturazione del piano legato all’individuazione.
Estremi di varchi con l’oltremondo simbolico.

Sincretismo e unità
dolore pieno di desiderio in acuta tensione
giungere lì dove alle sorgenti uomo e animale s’adombrano acuti
e Pasifae si lascia montare dal Toro bianco
e chiude unione incestuosa cultuale in un figlio ripudiato
e che disegna inizio di separazione tra regni
e che dice individuazione rituale nel dolore dell’io e del tu irrimediabilmente scissi
e nascita della Legge
e ritorno nel corso del tempo del desiderio d’unione con la Madre mistica
e Sylvie, figlia del Fuoco, va sposa in simbolico matrimonio con una parte di sè
e annulla il tempo, unico tempo possibile quel senza tempo della reincarnazione
e tempo in cui l’unità torna ad essere possibile e mostrarsi
e l’esperienza abbandona l’esterno
e tutta si dipana nel dentro come dentro della bolla di Brughel nel Giardino delle Delizie

A.R.M.
 
Non si può leggere Nerval se non con l’occhio infuocato della dinamica interiore dell’Autore, dinamica che colloca, chi legge, nello spazio cremisi del procedere creativo nel non luogo del contenuto psicotico. Ogni avanzamento della ragione, arretra. Questa prima radice del romanticismo è nel magma di ciò che chiede oltrepassamento e orizzonte: Prometeo è stato radice iniziale di individuazione ed evoluzione dell’umanità, tradimento punito dell’origine divina.

e Holderlin ne piange lacrime di sangue e fiamma e eterno in Empedocle
e
e per entrambi il dentro di una metamorfosi ovidiana in cui l’approdo è radice in terrosa Natura
e in Beatrice e in Dulcinea ed in Diotima ed in Aurelia s’intesse lo stesso intimofondo canto di luce
e

A.R.M.

Si delinea il Romanticismo. Un romanticismo invisibile ad ogni Salotto. Si delinea il romanticismo nel dramma di Rahel Varnaghen, nell’utopia civile di Eleonora Fonseca Pimentel o in quella politica dei Carbonari. Si delinea il romanticismo nelle vicende di onde che s’addensano in domanda di realtà capace di individuare l’individuo a partire da una sacralità che non è fuori ma dentro sè. Domanda possibile perchè non è ancora congelato il filo che lega pensiero a esistenza nella dimensione valoriale, pensiero a possibilità autentica d’essere. Sarà l’ultimo segno dolorosamente vitale prima della scissione definitiva tra pensiero ed immiserimento coltivato dall’avvento della dimensione omologante, tra linguaggio e morte del significato.

“… Di fronte alla rivelazione di quell’assenza il grido del poeta è di terrore, perché la scomparsa del reale trascina fatalmente con sé anche quella degli Dei, che avrebbero dovuto reggerlo:

<Oh! non fuggire!... la natura muore con te!>”8

Quanto Nerval sa della morte psichica trasmutata in trascendimento d’estasi di ritorno? Ne dirà molto anche Nietzsche che saprà, anche Lui, oltrepassare la soglia dei gradi dello sprofondamento nell’abisso e dell’abisso dell’essere. Oltrepassare soglie reggendosi ai saperi primordiali delle iniziazioni, capovolgimenti e superamenti di realtà per eccellenza. Cordate solitarie d’energia cosmica nel tragico. In Aurelia si dipana un attento sismografo in cui incerte prospettive si rincorrono giungendo da ognidove e Nerval registra indifferenti differenze tra sogno e realtà. Nerval conduce il sogno ad attraversare genealogie, cambi di campo, immagini predatorie. Ne scaturisce una poetica della visione che lascia ondivaghi e rapiti. Ne scaturisce una pienezza dell’anima incistata nella mnemotecnica dell’immaginazione.

 
“…ma come stabilire i centri individuali da essi emanati, da cui essi emanano come una figura <animica> collettiva la cui combinazione sarebbe insieme molteplice e limitata? Tanto varrebbe domandar conto al fiore del numero dei suoi petali o delle divisioni della sua corolla…, al suolo delle figure che traccia, al sole dei colori che produce…”9

Un universo ovidiano si palesa, le forme si compenetrano, mutano, deformano, liquefano l’una nell’altra. Un’umanità ctonia sfila sono gli abitatori primitivi della montagna, abitanti arcani posti alle spalle di moderne leggi e convenzioni sociali che regolano il venire di un’epoca industriale che Nerval contrasta con’unione, una patria mistica in cui avviene ogni annullamento dell’inquietudine.

“…-L’Universo è nell’oscurità!10

 Chi dunque aveva fatto questo miracolo? Una dea raggiante guidava in questi nuovi avatars l’evoluzione rapida degli uomini. Si stabilì allora una distinzione di razze che partendo dall’ordine degli uccelli comprendeva anche le bestie, i pesci e i rettili… ogni volta che uno di questi esseri moriva, rinasceva immediatamente sotto una forma più bella e cantava la gloria degli dei. Frattanto uno degli Elhoim ebbe l’idea di creare una quinta razza... Questi strani misteri si svolgevano nel centro dell’Africa, al di là delle montagne della Luna e dell’antica Etiopia…”11

Nell’andare febbrile, lucidamente acuto, emerge la domanda sul chi sia lo spirito dello sdoppiamento che fa dire a Nerval l’uomo è doppio.12 Imprescindibile e sempre presente la danza delle scissioni. Pessoa ne farà bocche parlanti e passo labirintico in sovrapposizione di sogni.
La città di Parigi si rapprende e svanisce in entrate, uscite, sovrapposizioni di luoghi.
Giunge il 1853. Si delinea, felpato, l’arrivo nella clinica di Dubois.
Le pagine dei Memorabilia13 cantano l’uscita dallo stato immaginativo, una guarigione in cui Nerval redime quanto vissuto chiedendosi come e quando sia possibile varcare le soglie che consentono il governo delle sensazioni e degli spiriti della notte tesi a sopraffare la ragione, il senso dei sogni, lo stato di veglia. Vi è in Nerval la chiara idea che, quanto avvenuto, sia stata una discesa agl’inferi. Spiritualità, emotività, fantasia, immaginazione, annientamento e dominio, irrazionalità, confessione, slittamento di piani, deterritorializzazione, emersione dal tempo impastato di oblii e di memorie ataviche, impossibilità e traslucide certezze. Non compare una sola gamma dell’animo che sia assente da questa scrittura la quale è, nei fatti, un taccuino di viaggio nell’abisso del pensiero.

Narrò di come un’anima s’appressa alla gestazione di sé verso la propria nascita
Narrò desiderio infinito di unificazione di schegge
Narrò possibilità creatrice e immagini isolate fedelmente amate
Narrò l’intenzionalità dell’immaginazione che apre coscienza e dice luce

A.R.M.

La crisi del 1841 traghetta Nerval in un universo simbolico in cui è svelato il ruolo del sogno e di una diversa consistenza della realtà. Il Dialogo con le Madri diviene un contesto imprescindibile. Sente in sé il potere di modellare, pensa di poter modellare l’essere ondivago in trasformazione di cui Aurelia diverrà approdo e mondo, mitologia e cosmologia. L’amore resta nello spazio definitivo della lontananza eppure è motore primo.

Il neoclassicismo evapora definitivamente tra le pieghe delle anime di Diotima e di Aurelia: trasfigurazioni e rappresentazioni di un femminile dalla compiutezza irraggiungibile. Vesuvio ed Etna sono i ventri in cui la parola si forgia in ricchezza di significati su nera serice.
Illusione compiuta14 girovagare tra i ruderi di Pompei durante la notte nelle possibili vicissitudini del viaggio Napoli-Resina.

“Penso a te, Mirto, divina incantatrice,
All’altera Posillipo chiara di mille luci,
Alla tua fronte accesa dei bagliori d’Oriente,
All’uve nere attorte nell’oro della treccia.

So perché laggiù in fondo si è riaperto il vulcano…
Tu ieri lo sfiorasti con agile piede,
E veloce si ammantò l’orizzonte di ceneri.
Un duca normanno infranse gli dei d’argilla,
Dipoi, sotto i rami del lauro di Virgilio,
Sempre l’ortensia pallida va sposa al verde mirto!”15 
 
La matrice agognata della bellezza s’incunea, per Nerval, nelle sembianze di Iside colei che racchiude ogni riferimento al generante, al sacro. Nerval ripone in Iside tutta la sommatoria dei caratteri che, religiosamente, attraversano la sacralità femminile sino al Cristianesimo. Questo movimento, tipicamente nervaliano consente al suo pensiero di muoversi per stratificazioni e somme di significati simbolici. Nerval è rapito dal tutto che va a sintesi. Le domande sul presente non tacciono e, rispetto al tema del sacro, sono sintesi dell’intera elaborazione di pensiero dell’Autore e del suo sguardo sul presente.

“… Figlio di un secolo scettico più che incredulo, ondeggiante tra due educazioni contrarie, quella della Rivoluzione, che negava tutto, e quella della reazione sociale, che pretende ricondurre l’insieme delle credenze cristiane, finirò forse coll’essere indotto a creder tutto , come i nostri padri filosofi erano stati indotti a tutto negare?...16

E ancora:
“… I suoi capelli fitti e lunghi che finiscono in riccioli, le inondano fluttuanti le spalle divine; una corona multiforme e multiflora le adorna il capo, e la luna argentea brilla sulla sua fronte; ai fianchi si torcono serpenti tra le spighe bionde, e la sua veste dai riflessi indecisi passa, a seconda dei movimenti delle pieghe, dal candore più puro al giallo zafferano o sembra rapire il rosseggiare della fiamma: il mantello, d’un nero cupo, è seminato di stelle e orlato di una frangia luminosa; con la destra tiene il sistro che dà un suono chiaro, con la sinistra un vaso d’oro in forma di barca…”17

Infinite, dunque, le sovrapposizioni di sensi e di rimandi all’interno del testo nervaliano. L’analisi testuale e la ricerca delle ricorsività non possono condurre a chiarezze meramente razionali di significati. Il verso con una propria linearità e temperatura può, improvvisamente, essere traghettato da una biga inferocita verso lande in cui i mutamenti oscuri di paesaggi fissano un’ossessione che ritorna o l’irrompere di una cascata di stratificazioni non controllabili.
 
 
 
Inizia a farsi strada la decisione di seguire il flusso di energia della parola che dice di un ordine feroce di trasporto da parte di energie di immersione e di energie di innalzamento. Nell’entrare nel ritmo a tratti coreutico, a tratti luciferino si dipanano somme di saperi accumulati e colate di flussi detti in scrittura al di là ogni possibile metodo. In alcuni passaggi la scrittura è vicinissima al ventre delle cose, in altri lontanissima eppure, l’esito, è un magnetismo d’attrazione verso il dentro del testo. E’ come se il tragico nutrisse continuamente una particolare qualità della bellezza. Una bellezza rabbiosamente fuggita dalle stanze del neoclassico eppure da esso intorbidata e mai da esso libera.

Dafne, conosci la romanza antica,
Del sicomoro all’ombra o sotto i bianchi lauri,
Sotto l’ulivo il mirto. O i salici tremanti,
La canzone d’amore che sempre ricomincia?...
Riconosci il TEMPIO dal peristilo immenso,
E gli amari limoni col segno dei tuoi denti,
E la grotta, fatale agli ospiti impridenti,
Dove del drago vinto dorme l’antico seme?...
Torneranno, gli Dei che sempre piangi!
Il tempo ricondurrà l’ordine dei giorni andati;
La terra ha trasalito d’un soffio profetico…
Tuttavia la sibilla dal volto latino
Ancora dorme sotto l’arco di Costantino
-E nulla ha importunato il portico severo.18

Estenuanti calcoli, appunti, quadrature di ricorsività, connessioni al cosmo nelle dimensioni spazio-temporali, glaciazioni in vuoti siderali foderati da dolore declinato negli spazi dell’infinito. Tutto, nelle sue pagine, è non tempo e non luogo capaci di centripetare un volatile della materia condensata in pensiero mai allocato nella sfera del razionalmente conosciuto.
E così accade che tutta la tensione accumulata tra le pagine di Aurelia cola leggera nel passo de Le Canzoni del Valois19 e così, ancora, dopo aver sentito il proprio riso imbrigliato tra pulegge di diamante, merletto di vela maestra, bambini tagliati a pezzettini, e la figlia del Duca Luigi, e la Dina e la Susetta, e la Lisetta e la Mombisetta… esplode desiderio di tornare alle Figlie del Fuoco e la lettura si ripresenta di grandezza altra.
E Nerval, ora, è Lui a ridere per pegno sottile preteso all’inizio.
E, solo dopo aver sentito la tensione sciogliersi tra queste pagine che chiudono l’edizione italiana de Chimere può realmente iniziare l’esperienza di lettura in questo viaggio iperbolico, magistrale per insegnamenti e scandaglio del limite che è Gerard de Nerval: Pensatore delle albe, Architetto di trasmutazioni, moderno Caronte nello sconosciuto a venire, Agitatore di ritmi, Sarto di asole divine.

Uomo! Libero pensatore –ti credi al mondo
Solo a pensare, mentre la vita irrompe in ogni cosa:
Delle tue forze la tua libertà dispone,
Ma dai consigli tuoi è assente l’universo.
Rispetta nell’animale uno spirito attivo…
E’ un’anima, ogni fiore, dischiusa alla Natura;
Nel metallo riposa un mistero d’amore:
Tutto è sensibile; - E tutto sovrasta!
Temi nel muro cieco uno sguardo che spia:
Una parola è avvinta nella materia stessa…
Non fare che si pieghi ad uso empio.
Sovente nell’essere oscuro abita occulto un Dio;
E come occhio nascente, velato dalle palpebre,
Un puro spirito gonfia la scorza delle pietre.20

Nel congedare questo mio non posso non richiamare l’attenzione sull’importanza dei due traduttori delle Opere a cui ho fatto riferimento. Cesare Giardini (1893-1970) per Le figlie del Fuoco… Rizzoli 1954, e Diana Grange Fiori (1918-2001) per Chimere…Einaudi 1972: due immensi intellettuali italiani. Le loro traduzioni sono libro nel libro, entrambi hanno magistralmente redatto note introduttive ai testi di Nerval da loro tradotti. 
____________
NOTE

1  - Gerard De Nerval, Le figlie del fuoco Aurelia La mano stregata, trad. di Cesare Giardini, B.U.R. 1954 pg 134-135
2 - ivi pg 135
3 - Gerard De Nerval Chimere e altre poesie Einaudi Editore 1972, introduzione e traduzione di Diana Grange Fiori, pg 45
4 - Chimere… cit. pg 31
5 - Le figlie del fuoco…cit. pg 142
6 - Le Figlie…cit. pg 151
7 - Chimere…cit. pg 37
8 - Chimere…cit. pg 13
9 - Le Figlie…cit. pg. 208
10  - ivi pg. 213
11 - ivi pg. 217
12 - ivi pg. 220
13 - ivi pg. 272
14 - Le Figlie cit… pg. 183
15 - Chimere… cit.pg 33
16 - Le Figlie… cit. pg 190
17  - ivi pg 191
18 - Chimere…cit. pg. 39
19 - ivi pg. 155-175
20 - Chimere cit… pg. 49
stampa la pagina

Commenti