Poesie inedite di Arianna Tomassetti - con nota di lettura di Sergio Daniele Donati


 
 
È sempre un piacere osservare la capacità di alcuni poeti di saper cambiare registro poetico, pur mantenendo alta e immutata la loro voce, senza perdere, in altre parole, la loro specificità nel momento in cui esplorano campi semantici e modalità espresive distanti tra loro. 
È questa una qualità che, ad avviso di chi vi scrive, necessità di due ingredienti fondamentali.
Da un lato un enorme rispetto per la parola e la sua "autenticità", dall'altro il desiderio e la spinta a sperimentarsi nel nuovo, nell'inesplorato.
Di questa dote/qualità ed anche di un certo preciso, e sostenuto eticamente, lavoro sulla parola ci dona un ottimo esempio la poeta Arianna Tomassetti di cui qui ci onoriamo di poter pubblicare qualche inedito, invitandovi tutti ad approfondire la sua scrittura.
Come potrete verificare la poeta sa alternare un dire simbolico e denso di richiami evocativi, ad un altro che appare più piano e, proprio per questo ci narra del simbolo stesso del vivere.
 
Non priva di ironia, poi, la poesia di Arianna Tomassetti, poi, sa stare in perfetto equilibrio, nella stessa composizione, anche sul crinale tra la lingua italiana e la parlata romanesca con la quale la poeta colora il suo dire dei toni e delle luci della sua città.
In alcune tra le poesie qui pubblicate il verso si estende, mentre in altre gli accapo sono serrati e il verso si contrae in poche parole e sillabe, creando un effetto sincopato nella lettura molto ricco ed interessante.
Eppure, come si diceva in esordio, nonostante le differenti vie espressive, si sente la medesima voce vibrare tra le parole; la medesima sensibilità e, forse, la medesima visione sono sempre presenti.

Si dice che "il poeta deve trovare la sua voce", a noi pare che Arianna Tomassetti abbia portato questo assunto, forse un po' banale, riuscendo a dar respiro a plurime voci che evidentemente la abitano.
Siamo dunque lieti di potervi fare dono di una scrittura, sicuramente in piena crescita, sulla quale poniamo la massima attenzione.

 
Per la Redazione de Le parole di Fedro
il caporedattore - Sergio Daniele Donati  
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GLI INEDITI
 
Liberamente

Le muse non sono catene,
né sogni sfiorati,
ma polvere di stelle.

Desiderio, non possesso.
Un corpo entra,
senza rubare l’anima.
E cresce.

Ogni silenzio,
ogni assenza,
portano il segreto.
La luce che non sbiadisce.

In questo spazio,
senza forma,
si trova l’essenza.

Le donne non possono accontentarsi
di essere solo muse degli uomini,
né gli uomini possono restare
sogni che non toccheranno mai.

Il mistero dell’amore è tutto qui,
nel desiderio di entrare, senza catene,
nel sogno di una donna,
senza mai volerla possedere.

Eppure, se tu entri in lei,
senza volerle rubare l’anima,
sarà su di te che ella crescerà,
come una versione nuova di sé stessa.

Ogni volta che vivrà senza te,
ti porterà ovunque,
come un segreto che si fa luce,
come un ricordo che non sbiadisce.



viaggia
tra le dune
nel male
sei il bagliore
del dolce
interagire
sulla linea
col mare
all’orizzonte
 

Darci,
Datti,
Darti,
Metrica.
Dattilo
Spondeo
Piede dattilico.
È tempo di darsi
Senza chiedere nulla.
Nulla in cambio,
Anche se
L’accento è annullato.
Ti ho amato per sempre.
Anche per poco.
O per tutti quegli anni.
Scorre nelle arterie.
Vive ! la nostra essenza.
Prosegui su altri ruscelli.
Scorriamo
Ti abbraccio.
 

Il taxi a Roma è: “signorì”
m’hai fatto divertì questa mmatina

la prima corsa è annata bene
m’hai fatto fa ‘na chiacchiera

E quasi me ricredo
tutta la settimana

Col piede che si stanca
In mezzo al traffico
E in fila con la mandria

Tutti ‘mbufaliti,
Di corsa e di rimbalzo

Chi al lavoro o chi c’a un treno
Corre sempre quà e là il romano

Per non parlà dello straniero
“M’ha ribattezzato Nazareno “

Io che me chiamo Enrichetto

Me ce chiamava mi madre
Che ero alto na lenticchia

Gli sembro italiano dice
Ma non così tanto
 
Glie sembro un profeta.
Me lo so’ dovuto pure studià
l’inglese

Pe chiacchierà pure col poeta
Che poi gli dico
quelle 2 /3 cose

Cintura, bagagge , in front of you

Ma il taxi è così
anche nell’altri posti

è dura legge
nel traffico
con la frizione che si spigne,
Il motore che se spegne e sbuffa
“Me so dovuto inventà un mio inglese”
anche quando
nel panico
Me viè la tendinite
Che ti tira via
Il piede

Eppure pe Natale me so regalato
L’automatica frizione
O come se dice
“Il cambio”

Ma non è cambiato molto
Ancora sto qui a soffrire

Eppure so contento, esco fuori e vedo il cielo
Non sto sempre nell’ufficio

E mai nesssuno me comanda
Vado dove tira il vento

Sto per strada che resisto

Pure col concorso
so’ passato

Sai quante cose me so imparato
E quante volte me so reinventato
Tu lo sapevi che la storia di Roma

È vasta
Non la conosce nemmeno un romano

Ma quanto siamo stati grandi
Questo me lo ricordo

Non divisi come ora

E nel mio cielo
Te divoro

Strada dopo strada
Io ce provo
A vederti sempre grande,
Grande e bella

la mia Roma.


E se un giorno

E se davvero un giorno
si chiedesse al cielo,
senza “dii” né eroi,
il senso del facile,
per le persone “semplici”,
la risposta sarebbe…
senza pretese.

Loro ti
mostrano
il paesaggio
e lo descrivono
come non è,

e tu poi lo vedi.

Lui risponderebbe
sgranando gli occhi
di nuvole,
annegati
in un mare di celeste;

occhi limpidi,
appannati
e un po’ sgranati,

gettano uno sguardo
alla ricerca di una
complessità.

Rapida occhiata
rivolta
all’orizzonte,
 
sconfinato,
in sguardi persi,
altrove,
di chi non vede

la somiglianza di abitudini
rinchiuse in mani fragili,
ora in mano a – cuori elettronici –
guidati da membra stanche,
elettriche,
altrettanto di cristallo.

Si renderebbe nota
una semplicità
data dall’arrendevole
paesaggio,

sempre navigato da occhi nuovi.
Ci spaventa la semplicità
del contesto o la sua stessa
complessità?

Legati e travolti da quelle emozioni,
erose come gocce d’acqua
sulla schiena
di un giorno tiepido d’autunno,
senza freddo, senza caldo.

Un’intuizione veritiera,
inspiegabile a parole,
ma compresa solo da chi la prova.

Càpita di sentirne il peso,
e allora come posso io
spiegartelo?
Che siamo forti,
sono forte io,

e sei forte pure tu
quando sei tanto fragile.

Nella nostra
tiepida illusione
di poter cambiare,
tutto,
sempre.

Quando poi di là
è esattamente uguale a qua.
Sei sempre vivo,
mobile di emozioni,

o fermo
nella tua statica illusione,
in cui un bel giorno non si soffra più,
e non si aspettino paradisi,
senza lacrime né pioggia.

Dove per comprendersi
siano superflue le parole,
bastino gli sguardi!

E di non godere ancora
e ancora,
o imparare
poi
da ciò che già altri
hanno sofferto
prima di te.

Come due alberi,
in mezzo al niente.

Noi.
 

S-Fiato

A te
che hai mancato di respiro
Per tutta la vita,
Vieni qua
Ad imparare
Il respiro profondo
Dei tuoi
Desideri
Che il pensiero
Si sa
è un attimo
A formare il tuo /spesso/ destino
reiterato nel tempo,
nel tornare
sempre
a me

_______
Dice di sé la poeta

Arianna è una scrittrice e poetessa, intreccia parole in un tessuto di emozioni purissime. Le sue poesie sono eco di silenzi profondi, riflessi di un mondo interiore che vibra di sensazioni e pensieri nascosti. Ogni verso è un invito a perdersi, a ritrovarsi, a respirare l’invisibile bellezza della vita. 

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