(Redazione) - Genere In-verso - 16 - Di che cosa sia la cultura e di quanto faccia paura.

di David La Mantia

Molto in Italia è cominciato alla fine degli anni '80, quando a parlare di questione palestinese venivano invitate attrici e starlette come clarissa burt o Anna Falchi, intrattenitori come Beppe Convertini o persino la Sora Lella, la sorella di Aldo Fabrizi, resa celebre da Verdone. 
L'elemento chiave era comunque l'aspetto fisico, la bella presenza o il buttare tutto in caciara, con chiacchiere da bar, che mischiavano il problema serio con i bucatini e l'amatriciana. 
Perché la sensazione era che tutti potessero parlare di tutto e che conoscere davvero qualcosa, essere competente in una determinata materia fosse dannoso e comunque provocasse ostilità nella massa. Tanto che chi era esperto in un determinato elemento veniva tacciato già da allora di "professore", con disprezzo e distanza, come se capirne fosse un vizio di forma.
La conoscenza corrispondeva a noia, fastidio, inganno (si ricordi il celebre Latinorum di don Abbondio, che Renzo sulla base della sua ignoranza ritiene un inganno).
E poi, in quegli anni saliva e si strutturava l'odio contro il governo dei tecnici, contro i "professori", contro gli insegnanti, contro i medici, contro chi sa.
Era il momento dei tuttologi, di chi parlava di un po' di tutto, senza sapere niente di particolare.
Apprezzatissimo perché parlava "pane al pane", con un lessico semplice, qualunque e senza tecnicismi. 
La comunicazione diveniva volutamente breve e semplice, rinunciando a quella specificità che Don Milani aveva voluto per i suoi allievi di Barbiana, a cui offriva un lessico completo, consapevole che non possedere la lingua rendeva tutti piu poveri e piu manipolabili.
Ecco, siamo al punto.

Perché questo è e resta un paese ignorante, storicamente ignorante, che ha paura di essere fregato da chi conosce le cose. 

È un paese diviso nelle sue midolla, fatto che ha impedito per secoli l'unità italiana. Perché, come ricorda Cuoco nella sua Rivoluzione napoletana del 1799, il popolo chiede pane ed olio e l'inteligentia culturale parla di libertà e di diritti. 
Perché Manzoni, Leopardi e Foscolo non si fidarono dei contadini ed i contadini ancora nel novecento non si fidano degli studenti, dei docenti, neppure se la battaglia è la stessa (Luigi Meneghello descrive splendidamente ne I piccoli maestri le tensioni interne alla resistenza tra chi ha studiato e chi no, i diversi obiettivi, le contrastanti Weltanschauung).

Questo anche perché la struttura cattolica, che ha enormi meriti in altri ambiti, non ha favorito autonomia di pensiero, creando sin dall'inizio una struttura sacerdotale, che facesse da tramite tra Dio e i mortali. 

Il libero esame in ambito luterano, va detto, ha costretto la popolazione a studiare e favorito l'alfabetizzazione, rendendo la Germania un paese esempio in tal senso, anche prima dell'unificazione.
La Chiesa in Italia, favorendo una distanza nella percezione del sacro, del magico, dell'irrazionale, di cio' che va oltre il fenomeno, ha reso necessaria una mediazione, che ha indubbiamente favorito un atteggiamento passivo. In questa azione, ha trovato paradossalmente il sostegno di tanto romanticismo (con il primato del sentimento sulla tanto disprezzata ragione), del decadentismo ed oggi del postmoderno.

Ecco, adesso, un terrorista può dire, in un convegno o in un articolo giornalistico, ad una vittima di non far troppo la vittima. Tutto è il contrario di tutto.
Ecco, anche per questo, oggi, temo, tutto è finito. 
Anche prima dell'intelligenza artificiale, che fa paura a molti, mentre ciò di cui ho parlato non interessa a nessuno. 
O forse, lo dico per esorcizzare questa paura.
Lo dico perche', come dice Montale, sono della razza di chi rimane a terra e non sa alzarsi in volo
Lo dico, rovesciando Pascal, e credendo che la ragione ha ragioni che il cuore non conosce.

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Commenti

  1. Condivido ogni parola di questo bellissimo articolo, David. La vera scommessa è resistere e insegnare ai ragazzi a ragionare, se riusciamo ancora a farlo.

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