A proposito della raccolta di Alida Airaghi " Tre libri" (Il Convivio ed., 2025) - Nota di lettura di Sergio Daniele Donati

 


Esce per Il Convivio ed. la raccolta di Alida Airaghi Tre libri che contiene al suo interno alcune ormai introvabili raccolte della poeta. 
Mi riferisco a Litania periferica (2000), Un diverso lontano (2003) e Frontiere del tempo (2006).
La lettura di quest'opera, che ho avuto l'onore di ricevere in anteprima, è stata per me un'esperienza di ricordo e memoria molto forte, ché nello scorrere i versi ho ritrovato ogni piacere dell'immersione in una scrittura che considero di alto livello poetico sia per tracce di significanti che per stili, timbri e sonorità. 

Entrare dentro un'opera è spesso una fatica produttiva, uno sforzo che rende necessario per il lettore una sorta di abbandono del sé. 
Con Alida Airaghi questa sensazione di fatica e costruzione di campo idoneo all'accoglienza delle parole altrui non si è manifestato affatto e mi sono trovato immerso in medias res immediatamente: un effetto dunque di potente trascinamento del lettore che si manifesta sia nelle composizioni poetiche che in quelle più vicine al dominio della cd prosa poetica. 

L'esordio dell'opera Litania periferica già manifesta l'intento dialogico della poeta che risponde ad un verso di Rainer Maria Rilke con pennellate dense e allo stesso tempo fini in cui ogni verbo esprime paradosso significando ciò che, accanto al sostantivo eletto, appare non aver senso. 
Appare, perchè, a ben vedere, il senso lo ha, e ben profondo. 

Dov'è quel posto in nessundove:
un porto che non piove
un ponte che nevica?
Dove la città periferica
vuota laguna del cuore?

In altre poesie poi si viene invitati a trascinarsi lungo il crinale stretto di una poesia di riflessione, dalla natura quasi aforistica interna o finale (i versi presi a sé potrebbero ben essere definiti come aforismi poetici).
Riporto come mero esempio alcuni stralci tratti dal testo della poesia Galileo:

(...) Voglio dar vento alle vele/e vivermi in disparte./Non essergli più figlio. (...)
(...) Mi mandasse qualcuno un segnale/che non devo patire come un'onta/ciò che non oso dire, ma in cui credo:/la terra sembra ferma eppure si muove (...)

e soprattutto vorrei che vi soffermaste su questa strofa

(...)
La natura è un libro scritto
in caratteri matematici:
letterati e filosofi dovrebbero
astenersi dal sollevarne il velo.
(...)

Non si può non notare come l'ultima strofa riportata sia figlia di un pensiero antico che vuole ogni dire sulla natura dominio del linguaggio e allo stesso tempo si pone la domanda su quale sia il linguaggio espressivo della natura stessa. 
La risposta che la poeta mette in bocca a Galileo è chiara ed inequivocabile. 
Solo il giuoco definitorio e assiomatico della lingua matematica è in grado di descrivere il libro della natura. (1)
Al poeta, al filosofo e al letterato è interdetto l'accesso a quei segreti. O meglio, sarebbe meglio che non osassero avventurarsi in quelle lande.

Si sa bene, però, che effetto abbia per un bambino l'interdizione genitoriale all'acceso al vasetto della marmellata. 
Ecco, in quell'ipotetico sarebbe bene si può leggere - in un magnifico non detto - ogni bellezza connessa alla natura eversiva della poesia, della letteratura e, anche, della filosofia, che quel velo sollevano da sempre eccome, contravvenendo ad un monito che, pure, ha la sua fondatezza. 
La poesia è spesso la figlia ribelle del sapere scientifico, e questo Alida Airaghi lo lascia intendere, senza dirlo. 
Infatti, a ben leggere il testo, Galileo non dice che altri linguaggi non possano descrivere la Natura, ma che sarebbe bene non usarli. 
E, magnifica intuizione della poeta, qui Galileo mostra una sua debolezza, determinando un assoluto che poi, mutatis mutandis , è lo stesso assoluto che viene a lui opposto dai suoi inquisitori. 

Solo la teologia può descrivere il Creato, gli dicono
Solo la matematica può descriverlo, pare rispondere l'uomo di scienza. 

Mi è parso però che in quel dovrebbero astenersi non sia contenuta una mera forma di cortesia ma, anche e soprattutto, un richiamo al dubbio che sia possibile una lettura multilinguistica della Natura.  

Una scrittura quella di Alida Airaghi dunque densa di richiami, figlia di una leggerezza che non è mai superficialità ma che, al contrario, sa scavare sotto la superficie dei falsi pre-concetti di chi legge poesia. 
Un poesia in cui la brevitas è paradossalmente elemento distintivo espressivo del verso, anche di quello lungo, perché anche in quello lungo ogni parola ha un ruolo di essenzialità assimilabile a quello di ogni numero in una lunga formula matematica.
La poeta Airaghi manifesta quindi una scrittura quasi alchemica in cui sembra di poter percepire costante il richiamo al giusto dosaggio, all'equilibrio tra gli elementi; patenti o lasciati latenti che siano. 

Ed è un percorso molto ricco per il lettore cercare di ripercorrere a ritroso, proprio come si fa con le formule matematiche applicate alla fisica, la via che la poeta ci indica con le sue parole e i suoi non detti, che sono costante appello al dominio del pensiero.

E lasciatemelo usare un avverbio: finalmente. 

Ché della fagocitazione del mero emozionale in poesia forse abbiamo fatto scorte eccesive e, quando incontriamo scritture che sanno anche stimolare lo studio, la rivisitazione filosofica del sapere cui la poeta accenna, dovremo silenziosamente ringraziare. 

Per la Redazione de Le parole di Fedro
il caporedattore - Sergio Daniele Donati

________
1) Sulla natura di Libro della Natura, da intendersi – in puro significato etimologico – come Legenda (da leggere e interpretare) non sarò certo io a dover ricordare l'enorme portato filosofico e sapienziale. 
Ricordo solo che il salto dell'umano in natura sta proprio nel provare a leggere la natura e non a limitarsi - detto qui con rispetto per ogni forma contenga o esprima vita - , a  viverla come fa l'animale.


______
NOTIZIE BIOBIBLIOGRAFICHE

Alida Airaghi (Verona, 1953) vive a Garda. Si è laureata a Milano in lettere classiche, e dal 1978 al 1992 ha insegnato a Zurigo per il Ministero degli Affari Esteri.
Tra le sue opere poetiche: Il silenzio e le voci (Nomos, 2011), Elegie del risveglio (Sigismundus, 2016 / Nulla Die, 2022), Omaggi (Einaudi, 2017), L’attesa (Marco Saya, 2018), Consacrazione dell’istante (AnimaMundi, 2022), Quanto di storia (Marco Saya, 2023 - dozzina Premio Strega Poesia, 2024).
È presente in Nuovi Poeti Italiani 3 e 6 (Einaudi, 1984 e 2012). In prosa ha pubblicato cinque libri di racconti e tre romanzi brevi. In Tre libri (Il convivio ed., 2025) sono raccolti tre volumi di poesie ormai introvabili: Litania periferica (2000), Un diverso lontano (2003) e Frontiere del tempo (2006).
stampa la pagina

Commenti