La supplica al "poeta contemporaneo"




di Sergio Daniele Donati

Tu che sai vagare
negli interstizi della parola 
e sussurrare docili formule, 
private d'urticante senso 
a orecchie distratte,
perchè sotterri poi 
ogni bellezza sotto cumuli 
informi di aspirazioni 
a un significato
che si fa beffe
dell'infanzia della parola?
Perchè rinneghi
di ogni suono primordiale 
e del tuo vagito
bambino e innocente
la striatura color ocra?
Cosa ti spinge 
a spiegare le vele 
del tuo verso e
a tendere la mano 
ai parcellizzatori della sacralità
dei tuoi suoni arcaici?
Torna indietro, passo di lince, 
a guardare la morte 
nella luce delle stelle
a tracciare linee immaginarie
tra i senza legame
e spezza ancora una volta
il nesso di Prometeo col fuoco.
Tuo il passo, tuo il tocco,
il silenzio della neve
che lenta cade sugli ossimori 
delle nostre foreste.
Tuo l'inciampo
e la sacra balbuzie;
nostra la caduta
nell'infernale paradiso
delle false certezze.
Perchè non fuggi più
del mondo le idiosincrasie
e rifiuti di mostrare
la pianta che ha messo seme
nelle tue ginocchia sbucciate?

Mi cullava da bambino
l'idea appena accennata
della nostalgia del futuro
e, se presi la penna in mano,
fu per dirmi ugualmente diverso
dal tuo passo strascicato.
Perchè ora tradisci
l'incerta mano di un infante
che ancora non ha aperto gli occhi?
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