(Redazione) - Minus quam: a proposito della raccolta "Siamo rimasti senza maestri" (Eretica edizioni, 2024) di Elisa Malvoni - nota di lettura di Sergio Daniele Donati




Oggi vi vorrei parlare di una raccolta poetica che ho tenuto a lungo per me – spero che l'autrice non me ne voglia   prima di poterne scrivere su queste pagine.
Come più volte qui detto e scritto, ciò avviene il più delle volte quando il mio astigmatico sguardo su una scrittura mi impone un contino questionamento e non trova parola adatta al commento, perchè quei tratti se, da un lato, mi colpiscono nell'immediato, dall'altro, mi impongono allo stesso tempo di ricercare nel profondo della mia scarsa consapevolezza le ragioni originarie di questo fertile impatto. 
 
"Siamo rimasti senza maestri" (Eretica edizioni, 2024), della poeta Elisa Malvoni è stata sicuramente per me una lettura portatrice di quanto sopra ho descritto e di tanto ancora. 
Sin dal titolo, che trova riscontro in un mio radicato pensiero che nell'assenza del maestro trova la sua sorgente, la raccolta, come sopra si diceva, impone al lettore una continua domanda, alla cui risposta la poeta conduce il lettore con strumenti linguistici, mai privi d'ironia e gioco, che sono senza ombra di dubbio segno di una maestria e di una confidenza con la parola che lasciano piacevolmente stupiti.

In particolare, all'interno della raccolta, che sfiora i più disparati argomenti, ho trovato di rara arguzia le composizioni che tracciano fili rossi che uniscono la poeta alla sua scrittura. 
 
In Preferisco il foglio, ad esempio, Elisa Malvoni così approccia il tema:
 
La mia poesia ancora
è meno di ciò che sono,
ma preferisco il mio foglio
di carta riscritta e corretta
e della penna la gavetta
al pubblico dei talenti.
 
All'apparenza un dire statutario che, sempre all'apparenza, lascia poco spazio all'interpretazione, ho al contrario trovato nelle linee di questa scrittura alcuni elementi sia contenutistici che stilistici interessanti. 
Il coraggio, ad esempio, di definire la poesia come un minus quam necessario, in esordio di poesia, lascia stupiti. 
Pensiero evidente e chiaro, ma in quanti tra coloro che si abbandonano al dominio della parola sanno rimarcare con una tale chiarezza l'entropia che è nella scrittura stessa, il suo mai bastare alla definizione di ciò che siamo, il suo essere in fondo, ma anche in superficie, orpello, contorno di un'esistenza ben più complessa del foglio su cui cerchiamo di riscrivere e correggere la rotta delle nostre esistenze?

E se la scrittura è, per sua intima natura, questo sacro minus quam, non è forse questo che permette di far emergere l'elemento ludico e ironico dello scrivere stesso. 
Elisa Malvoni, in ogni suo verso, contempla la serietà della scrittura, del dire e del dirsi, ma rifiuta la seriosità dei suoi contorni nel rapporto con l'altro.
E questo è un dato che mi fa sentire molto vicino all'autrice, pur nelle differenti nostre forme espressive. 

Il finale della poesia dedicata al grande scrittore Stefan Zweig (con identico titolo) è un chiaro esempio di ciò che sto cercando di trasmettere a proposito di questa raccolta.
A fronte di una prima strofa densa e piena di richiami storici e alla scrittura di Zweig - non ne riporto il testo volutamente, stimolandovi a cercarlo nella raccolta -, la poeta così conclude:

Avrei voluto
sedermi al suo tavolino
nel caffè di una capitale
a mangiare un piccolo pane,
un uovo e un cetriolino
su un pagina di giornale.

Il rapporto della poeta con Zweig, che i contemporanei al grande austriaco chiamavano Maestro, si completa in un gesto di semplicità estrema che, a ben vedere è gesto simile a quelli che lo stesso Zweig, pur nelle sue vette stilistiche e di contenuti, descriveva come l'anima profonda di quella Vienna, da lui tanto amata, che ben presto, poco prima della sua drammatica scomparsa, sarebbe decaduta nel più feroce esempio di barbarie che il mondo umano abbia mai prodotto.

Elisa Malvoni sa, e lo sa anche chi vi scrive, dunque che il rapporto ideale e idealizzato con un Maestro della scrittura, si completa necessariamente nel gesto che sta fuori dalla scrittura, nella ricerca della gestualità contemplativa, silenziosa e tanto umane di una quotidianità importante. 

Quel semplice sedersi in un bar a gustare cetrioli, uova e pane è figlio della scrittura e dei contenuti de Il mondo di ieri dello stesso Zweig .
Un gesto nostalgico che esorta a ritrovare il gusto della vita fuori dai lemmi, fuori dalla parola, nell'incontro coi luoghi.

E della poesia - anzi, del poeta contemporaneo -  Elisa Malvoni ci parla in una delle prime composizioni della raccolta dal titolo Un poeta tra altri dieci
Tre domande, tre distici, tre detti che nel finale trovano una implicita risposta nella domanda stessa. 
Ecco a voi il testo:

Perchè stai, poeta,
a cicalare in cerchio con quei dieci?

Cosa dicono quelli,
che tu non sai?

Se non ti basta scrivere, poeta
cosa sei?

La domanda è aperta, e allo stesso tempo chiusa, perchè se, come prima dicevamo, scrittura contiene entropia e non basta a dire del , è altrettanto vero che l'incontro con l'altro da  non può ridursi a un cerchio autoreferenziale in cui altro non si fa che continuare a ripetersi cose già conosciute. 
 
"La scrittura non basta, Elisa Malvoni - concordo con te - ma scrivere  - e concordo ancora con te  - è sufficiente a comprendere che l'incontro con l'altro o è portatore di novità, mutamento, domanda, oppure è già compreso nell'insufficienza della scrittura. 

Allora mi verrebbe da dirti che forse scrivere non basta ma allo stesso tempo disegna un tempio e un tempo in cui, chissà quando, la parola stessa diviene la chiave per aprire una porta importante, che tu con delicatezza e ironia sfiori, lasciando a noi lettori, come è giusto che un poeta consapevole faccia, il compito di finire il percorso che la tua parola inizia". 

Per la redazione de Le parole di Fedro
il caporedattore - Sergio Daniele Donati


 
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NOTE BIO-BIBLIOGRAFICHE
Elisa Malvoni è nata a Busto Arsizio nel 1985, ha iniziato a scrivere i primi versi negli anni delle scuole medie, ha poi ripreso lo studio e la scrittura della poesia nel 2018, dopo essersi trasferita nello scenario delle Dolomiti bellunesi.
Ha vinto il concorso Il Mistero delle Cose, organizzato dalla casa editrice Temperino Rosso con la silloge poetica Generazione, pubblicata nel 2019.
Sue poesie sono state premiate e inserite in oltre 30 antologie, nelle riviste letterarie Ellin Selae e L’irrequieto, nei quotidiani La Repubblica e Buonasera Taranto, e nei blog letterari Sevenblog, Nessuno Legge, La Locomotiva e L’altrove. Due sue poesie sono state tradotte in spagnolo.
A Febbraio 2022 ha pubblicato con Bette Edizioni la silloge poetica C’è un sacco di spazio sul fondo, che, ancora inedita, aveva ricevuto menzione di merito al concorso Scaramuzza.
Nel 2024 ha pubblicato per Eretica Edizioni la raccolta "Siamo rimasti senza maestri".
Seguace della filosofia di Virginia Woolf perla quale una donna che scrive ha bisogno di una stanza tutta per sé, con buona probabilità la potrete trovare nel suo studio.
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