Due poeti allo specchio (Mara Venuto e Sergio Daniele Donati)
Sfuggire al trascinamento del corpo nello spazio,
alla testa come raffigurazione alienata
di ciò che è incorruttibile.
Il nostro giustificarci di fronte alla vita,
una volta e non altre, ci ha condotto
alle foglie del cedro, agli aghi nutriti dalla linfa.
Pur non volendo lasciare un rifugio per il distacco,
passeremo alla terra e al suo riconoscerci.
(inedito di Mara Venuto - 2025)
– una caduta controllata –
governa la nostra dimora
nei modi verbali dell'infinito,
là dove il corpo si fa scaglia,
scheggia nero-ossidiana
di intuizioni che non ci appartengono.
È il territorio inesplorato,
il limine del non presente
tra passato e futuro
dove le nostre memorie vegetali
plasmano maschere d'argilla
sacra grigio-speranza
e profumi d'agrumi
incontrano il canto atonale
della cannella e della mandorla.
Nei modi verbali dell'infinito
si cullano sinestesie nascoste,
(e tu, e io) e noi
sfioriamo la pelle di tartaruga
di un altro che bussa
con insistente delicatezza
sulla fragilità dei nostri argini.
(inedito di Sergio Daniele Donati - 2025)
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