(Redazione) - Fisiologia dei significanti in poesia - 10 - Greifen a Zeigen: la stretta conclusiva

di Giansalvo Pio Fortunato  

Il percorso analitico attorno alla poesia, soprattutto se compiuto da un poeta, può innestare, apparentemente, dei vortici mortali. È, ancora una volta, il monito di Brecht: un poeta che scopre la sua menzogna, può continuare a mentire? [1]. Ciò che sfugge ad ognuno, tuttavia, è non solo il modo analitico applicabile alla poesia, ma, anche e soprattutto, l’orizzonte che il modo costitutivamente apre. Se, infatti, per modalità analitica si intende la scomposizione causalistica, la menzogna analitica sulla poesia risulterà a monte. Può la poesia essere ridotta ad una generalizzazione funzionalistica? Può l’atto poetico presentare una sua sede meccanico-anatomizzata? Può l’atto poetico rinunciare al suo olismo? È evidente, allora, che la menzogna analitica sia intrinseca, preferendo un approccio descrittivo che, pur risultando più complesso e meno definizionale, schiude l’esigenza dell’esperire poetico. Lo svelamento della menzogna – è realmente un menzogna? – innesta, invece, una proliferazione enorme nell’atto poetico. In che senso? Nel senso che la menzogna fittizia, che porta con sé gli stralci dell’innovata posteriorità, una volta svelata non scompare, sta lì ad un indursi sempre più consapevolmente e sempre più intensamente. Credo, in tal senso, che il nostro percorso sia arrivato ad una tappa cruciale; una tappa che, non a caso, non solo solidarizza definitivamente l’atto poetico ed il corpo, ma che, a maggior ragione, evidenzia una reale fisiologia [2] dell’atto poetico, aldilà di ogni suggestionismo di fondo.
Greifen e Zeigen, nella comparata ricerca goldastianano – merleau-pontiniana, non rinnegano mai il loro presupposto olistico. Goldstein, infatti, fa equivalere il Greifen alla possibilità di svolgere compiti pratici, definibili entro l’immediatezza di un contesto ambientale che rinnova la sua domanda al paziente [3]. Merleau-Ponty, invece, più che darne semplicemente una lettura maggiormente fenomenologica, affonda le sue radici nel Leib, corpo esperiente (corpo vivente), per ratificare l’articolazione di un’intenzionalità non intenzionale (in termini di esplicitazione: di farsi presente) che armi ogni derivazione di contenuto, che rappresenti l’inevitabile postura del paziente rispetto al sostrato più propriamente intenzionale. Nel Greifen, per intenderci, si manifesta l’improrogabilità di un come intenzionante che articola l’intenzione stessa, in termini di costruzione e ricavo di un significato. È in quell’inespresso reggente, in pratica, che si fa l’intenzione [4]. Ed il Greifen diviene, nel suo silenzio intrinseco, la resa e l’affermazione magnifica dell’implicito formante. Lo Zeigen, in Goldstein, rappresenta, piuttosto, l’impossibilità di svolgere compiti astratti; ossia, l’inabilità di esistere oltre un’immediatezza contestuale, oltre un complesso di richieste immediatamente rispondibili. Lo Zeigen in Merleau-Ponty, come avvenuto già per il Greifen, si carica, invece, di un connotato più articolato e sempre riferibile ad un corpo esperiente, più che ad un corpo corporale (malgrado non si tratti di due “corpi” diversi [5]). Così, lo Zeigen è il potere di designazione di un paziente: la sua attitudine, per intenderci, a crearsi un contesto, ad istituire un riconoscimento, stavolta intenzionate (in termini espliciti), di ciò che risiedeva nel silenzio e che si apre, ora, in tutta la sua voce vigorosa. Per troncare seccamente: se mi muovo alla presa di un oggetto A, non mi rendo esplicito la postura del mio corpo per la presa dell’oggetto A; mi focalizzo, piuttosto, sul solo oggetto A da prendere. Lo Zeigen, a differenza del Greifen appena espresso, non si limita alla presa di un oggetto B (parte del mio corpo), ma sfrutta questo potenziale – autenticamente potenziale – per afferrare; dunque per costruire l’in-costruito. Per tal motivo, lo Zeigen diviene il riconoscimento di una polarizzazione latente che emerge nella creazione arbitraria di un mondo innovato e reggentesi solo sul paziente, quindi su noi stessi.
Tale dovuta precisazione è il punto di partenza di un dato da assimilare. La base di ogni olismo – dunque anche di questo caso – risiede nell’individuazione di macro-facoltà, la cui caratteristica non è semplicemente la loro organismicità, quanto l’insufficienza sussistente. Ossia? Il Greifen e lo Zeigen sono riferibili a più sfere comportamentali e, non a caso, riguardano disturbi psico-comportamentali diversi, il che risulta naturale da una descrizione organismica (l’impatto in un punto non è l’impatto ad un punto, ma all’organismo, nel fulcro di un organismo che si ri-organizza). Questo primo assunto, tuttavia, non basta. Se, infatti, le difficoltà nello Zeigen fossero la semplice manifestatività di una serie determinata di disturbi, dovremmo ritrovare la serie esatta di disturbi per tale facoltà. Ma: come mai, piuttosto, ritroviamo sintomatologie singolari, afferenti ad una specifica malattia, che richiamano lo Zeigen? Semplicemente lo Zeigen, in quanto facoltà organismica (macro-facoltà), non può che essere una disposizione potenziale ed elementare che mutua un determinato range di comportamenti e che, per tal motivo, sta nella disposizione che l’individuo ha rispetto a quel contesto comportamentale. E la poesia: che spazio trova in quest’ambito?
Il Greifen e lo Zeigen sono indici di un connotato rivolgimento ad un peculiare mondo, implicano la motilità espressiva primaria che caratterizza la poesia. L’ethos della parola poetica, che implica la sua semplice natura primaria (la sua ontologia), non si nasconde nella muraglia della soggettività ego-gravitata o nella fermezza statuaria di una coscienza poetante onnipotente e onni-sapiente. Esso, piuttosto, guarda con mobilità al mondo di cui deve appropriarsi, lo fonda in una presa, in una complessa stretta di mano che, tuttavia, non parte mai senza la radicalità di un progetto che costruisca il mondo con l’esistenza degli altri. Nella poesia, in quanto Greifen, è tessuta la sua natura cosmica: la poesia coglie la traccia e la firma della storia sulla sua pelle, orienta un dialogo politico[6] perpetuo con il suo tempo e con gli altri tempi, assume, in ogni sua forma i linguaggi del suo tempo, interiorizzandoli e riscrivendoli nella loro alfabeticità. Nel Greifen, insomma, si pone l’ombra di una collettività complessiva: l’ingresso che distanzia la poesia dalla pure astrazione, pur esprimendo il segno più vigoroso di una riflessione “universale” e pluristratificata, non si riduce mai al semplice voltarsi in girotondo sul proprio circuito. La manifestazione, infatti, del Greifen, come funzione in Fundierung[7], col suo complesso operativo, in questo caso di prensione poetica, fa sì che questa facoltà, da sola, non assuma più, nel poeta, alcun senso. Senza il mondo abitato (la lingua, le stazioni di esistenza, i tempi sociali, le sopraffazioni della collettività), non v’è prensione poetica: non v’è poesia. Allo stesso modo, però, il Greifen riconosce una potenzialità del tutto personale, che ratifica la vera soggettività poetica. Più che nello stile, che è riconducibile comunque al Greifen, si fa qui riferimento ad una postura, ad una posizione esistenziale. Quando si ritiene, giustamente (seppur a-posteriori), che la parola poetica nasca dal silenzio e abbia una forza abrasiva, che abbia un corpo contundente, si esprime un fenomenicità reale nel fare poetico e del fare poetico. Ma, allo stesso tempo, si naviga in un oceano vago, a tratti palesemente equivoco. Non è forse la poesia imitativa e massificata – dunque altamente anti-etica – figlia del silenzio? Non è forse la poesia imitativa e massificata – dunque altamente anti-etica – abrasiva e di corpo contundente? Queste definizioni, se riferibili a forme anti-etiche di poesia ed a forme etiche di poesia, non rappresentano un discriminante per il vero atto poetico. Semplicemente, esse partono da un’esperienza che dà per assodato due assunti che non lo sono assolutamente:
  1. il poeta è consapevole della carica potenziale personale che possiede;
  2. il lettore ha spirito discriminante e consapevole.
Dal prossimo articolo, che argomenterà adeguatamente queste due premesse, inizierà una vera scalata per una reale fisiologia dell’atto poetico.
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NOTE

[1] B. Brecht, Saggi sulla letteratura e sull’arte.
[2] Fisiologia nel senso già espresso nel precedente articolo, Greifen poetico: Greifen corporeo (Parte II), Le Parole di Fedro, 26 gennaio 2025.
[3] K. Goldstein, Language and Language Disturbances: Aphasic symptom complexes and their significance for medicine and theory of language.
[4] M. Merleau-Ponty, Fenomenologia della percezione.
[5] Siamo nell’annoso dilemma tra corpo oggettivo e corpo proprio, che, qui, energeticamente superiamo.
[6] Politico, qui inteso nel senso etimologico: costituzione di una comunità inter-essata.
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