(Redazione) - Muto Canto - 20 - Medea, figlia di Eete e di Ecate

 
di Anna Rita Merico 
 
Delle infinite riscritture della tragedia, come genere.
Delle altrettanto carte vergate intorno e dentro Medea.
Di come la lettura di un testo sia spazio e tempo di stratificazioni.
Di una verità di Ghiannis Ritsos commentata in calce a questo testo.

 
Foto da rete: Maria Callas in Medea di Pasolini (1969); Valeria Moriconi in Medea di Franco Enriquez (1972); Kirsten Olesen in Medea di Lars von Trier (1988); Melina Mercouri

Scartabellando1 in una passata sceneggiatura di Carl Theodor Dreyer2 abbiamo trovato notizia di una Medea monologante con la natura e con sé. 
Medea, forza eccessiva, nuda, metafisica staccata appena da un essenziale paesaggio del Nord cui Kirsten Olesen ha dato forma attraverso sguardi scarni impastati di azzurri freddi e iridescenti acquitrini. Medea feroce e struggente divinità.
Abbiamo sentito in un altrove Maria Callas e Melina Mercouri e Valeria Moriconi3 che, pure, avevano conosciuto Medea prestandole voce e occhi. 
Kirsten4, intanto, armeggia in uno Jutland dell’anima, lama di coltello.
Troviamo nel faldone dei documenti talune informazioni.
Medea, figlia di Eete, re della Colchide e di Ecate, dea dell’Oltretomba, probabile nipote di Elio. Giovane donna dedita ad arcane forme di conoscenza della Natura primigenia, abitante di antichi limes e terre favoleggiate.
Contemporaneamente: in altri lembi di terr’emerse vive Giasone, figlio di Esone, re di Iolco. Giasone cresciuto dal centauro Chirone. Sappiamo che la morte di Esone er’avvenuta ad opera di Pelia, zio di Giasone che è l’unicalzato. Lo zio gli promette il trono se…Giasone accarezza troni: unico gesto maschio d’amore profondo.
Giasone giunge nella Colchide.
Nave Argo parte dalla Tessaglia
spedizione Argonauti, tutti eroi.
Tra loro, lavoro filigranato di Orfeo che dà il tempo ai rematori e contrasta con la sua cetra il canto delle Sirene. Orfeo, maestro del tempo ammaliato.
Approdo della nave, Medea s’innamora di Giasone: sogno di fuga in terra civilizzata.
Pelia aveva chiesto in cambio del Trono il Vello d’Oro ch’er’appeso ad un albero della persa Colchide. Vello custodito da un drago che montava guardia all’Ariete dorato. Ariete capace di curare ferite di guerra e dare potere.
Medea aiuta Giasone divenendo anima di un sogno non suo.
Medea marchingegna l’invisibile.
Medea sottrae Vello.
Medea fugge…Medea porta con sé Apsirto, suo fratello ma, poi, lo sminuzza, affinchè suo padre Eete, raccogliendone i lacerti, perda tempo mentre Argo salpa.
Pelia non rispetta i patti. Medea, sognatrice ferace, convince le figlie di Pelia a tagliare il corpo del padre…ancora spezzi di carne, lacerazioni, scissioni, arcani intrugli di dentro.
Giasone e Medea fuggono da Acasto, cugino di Giasone, figlio di Pelia. Approdano a Corinto. Si sposano.
Giasone casa, Giasone amante, Giasone padre, Giasone patria, Giasonetutto sta dentro Medea che è divenuta la Senzanulla.
Nel cuore di Giasone un trono: ovunque, comunque. Un Trono: forma primigenia d’animo suo.
Glauce giovane figlia dell’anziano Creonte, re di Corinto.
Creonte vuole lasciare il trono e incontra l’ossessione fonda di Giasone.
Dal faldone emerge che Giasone cerca di convincere, con verità distorte, Medea ad assecondare la sua fond’ossessione. Medea finge e tesse. Medea, figlia di Ecate, tesse. Tesse mantello e, probabile nipote di Elio, forgia metallo, intruglia corona.
Medea chiama Mermero e Fere, suoi figli, li invia alla rocca con i doni. Glauce si sfalda nell’indossare mantello e corona. Medea conosce l’arte di quanto disfa le forme, i limiti, i confini, le carni belle, i cerchi del dritto.
Medea guarda Giasone ingannato dalla forza cannibale del di lei ossesso volere e procede verso il fosso esatto in cui la punta della freccia colpisce.
Dagli appunti vergati si legge la fine.
Medea appende i figli ad un albero. Nel rosa freddo d’un’alba nordica intrappolata in ferace gelo. Complice il maggiore. Sopra un carretto, bara d’intenti. Medea uccide discendenza di Giasone.
Medea attorciglia radici e sradica dal petto l’anima insieme al trono cercato.
Non può tornare indietro dalla madre delle Notti di luna piena che l’ha generata.
Non può tornare indietro nella terra che, pietrosa, l’ha cresciuta.
Non può tornare indietro dal padre cui ha tolto figlio e speranza.
Non può tornare indietro da Giasone impazzito.
Un carro la raccoglie ed, anche, la accoglie.
Christa Wolf5ruota ragioni intorno a Merope, moglie di Creonte che aveva ucciso Ifinoe destinata al trono di Corinto, ciò, in ordine matrilineare.
Uccisione come fondamento segreto dell’ultima pietra della città di Corinto. Dopo l’uccisione d’Ifinoe il trono sarebbe andato, dunque, a Giasone per inversioni d’ordine comuni a quel tempo: volontà di padre, attacco a saperi remoti femminili. Saperi di corpo e di terra.
Ne ha scritto dopo che, anche Corrado Alvaro6. Aveva tratteggiato, di Medea, la sua lunga, unica notte.
Notte di attesa. Notte di trame. Poche ore bagnate d’albe di risposte.
A tutt’oggi non conosciamo la vera e definitiva versione dei fatti.
Non sappiamo neanche dell’attuale ubicazione del Vello d’oro.
Il Drago che lo custodiva s’è reincarnato in altre, diverse forme.
Di certo sappiamo che, nella Colchide, denti di drago hanno fatto germogliare ossa, paesaggi di bianco lambiti da doppie e dense acque che portano aria di denso sale, molecola che nulla fa crescere mentre, tutto, brucia di iodio e di niveo cristallo.
Sappiamo, ancora, che la direzione del carro era verso il disco infuocato al tramonto prima ch’esso affondasse negl’inferi dell’orizzonte…
Incredibile riflettere su come e quanto un testo possa generare attraversando, sommando, desiderando, svelando. La potenza sia del testo mitologico che del testo di una tragedia mostra lasciando, ad arte e per necessità di parola, un non-detto capace di produrre testo. Ghiannis Ritsos invitava a pensare al potere dell’ombra capace di preservare dalla troppa luce che brucia verità. La parola non ama lo svelamento, lo differisce, lo moltiplica e, nel nascondersi, crea radice generante ripetizione del percorso di umanizzazione. Incommensurabili alchimie del simbolico.

________
NOTE
1 Testo rivisto e commentato. Inizialmente pubblicato in Era un raggio…entrò da Est, Musicaos 2020.
2 Carl Theodor Dreyer 1889-1968, Maestro della cinematrogafia danese. Ha scritto una sceneggiatura per Medea ambientandone la vicenda in un nord carico di essenziale spiritualità. Nel 1988 Lars Von Trier ha girato il film Medea utilizzando la sceneggiatura di Dreyer.
3 Le indimenticabili: Melina Merkouri 1920-1994; Maria Callas 1923-1977; Valeria Moriconi 1931-2005
4 Kirsten Olesen, attrice danese, ha dato volto ed interpretazione alla Medea di Lars von Trier. Particolarità di questo lavoro è lo “spostamento” della vicenda dal Mediterraneo al paesaggio dell’estremo nord. Cambio di atmosfere cromatiche, di modi di sentire il dolore e l’esternazione. Una Medea, per sceneggiatura, interpretazione e regia assolutamente differente.
5 Christa Wolf, Medea, voci. Romanzo del 1966: capovolgimento della figura di Medea a partire da fonti precedenti la scrittura euripidea, il personaggio è collocato all’interno della cultura legata ai riti della Grande Madre: alla colpa dell’infanticidio si sovrappone, con altrettanta forza, la nuda verità della morte sacrificale legata alle ragioni ed alle successioni al Trono di Corinto.
6 Corrado Alvaro, La lunga notte di Medea (rappresentazione teatrale -1949- con scene e costumi di Giorgio De Chirico), prima edizione del testo è Bompiani 1966.
stampa la pagina

Commenti

Posta un commento