Un passo lento

Del ponte di giada
che dovevo attraversare
mi colpì l'imperfezione
di un innesto di legno,
sul bordo sinistro.
Un rattoppo, un inserto
tarlato e volgare
parlava di una luce
che si tiene in vita
nella polvere e nell'ombra
e raccontava della parola
che germina
come corpo estraneo
ai nostri silenzi.

Mi voltai e diedi le spalle
al Palazzo di Cristallo.
Era l'ora del ritorno
a cercare radici imperfette,
per immergere di nuovo
le mani nel fango
e riempire il mio zaino
di zavorre inutili.

Camminavo di nuovo
con un sassolino in tasca
e lo sguardo bambino
sulle screziature color ebano
di un'esistenza dedicata
all'altare del passato.

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Testo — inedito 2025 —
di Sergio Daniele Donati 


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