(Redazione) - Genere In-verso - 19 - Di alberi, di popoli, di poesia.

di David La Mantia
Immagine del Cosmo come ente vivente, in continua nascita e sviluppo, l'allegoria della vita nella sua totalità. Per questa ragione era adorato presso quasi tutti i popoli di ogni luogo e tempo: querce, frassini e tigli erano oggetto di culto presso Celti e Normanni, fichi, melograni e olivi spiccavano simbolicamente nel bacino del Mediterraneo.
L'albero cosmico trae le proprie radici nel cielo e nel ventre della terra, vivificandola con la linfa celeste. È un momento panico, sciamanico. Va ricordato che presso Zoroastro i suoi rami corrispondono ai cinque elementi: l'etere, l'aria, il fuoco, l'acqua e la terra.
Agli alberi erano associate molte antiche divinità cosmogoniche come Osiride (cedro), Giove (quercia), Apollo (alloro), Diana (nocciolo), Minerva (olivo). Anche la Vergine Maria è paragonata all'albero della salvezza, dal cui frutto nasce il Redentore.
Il Libro della Genesi colloca dentro il giardino dell'Eden l'albero della vita e l'albero del bene e del male, dal cui legno, secondo tradizione, verrà ricavata la croce di Cristo. Proprio come la croce, essi sono allegoria della morte e della resurrezione, quest'ultima mostrata attraverso il germogliare dei virgulti dopo il riposo invernale e come strumento dell'ascesa dello spirito.
Ma l'albero ha anche una componente sessuale. Come simbolo fallico, nato dal membro di Adamo, l'albero rappresenta l'unione e la corrispondenza, completa e reciproca, tra l'uomo e la natura. É per questo anche un motivo panico. Indubbiamente, anche per questo, può presentare una ramificazione di tipo genealogico (albero di Jesse) o conoscitivo (albero della scienza). Ma l'albero ha anche un valore esoterico. Per esempio, l'albero alchemico rappresenta il potere dell'immaginazione creatrice.
Di tutti questi spunti, la poesia si fa portatrice ed esempio. Ve ne propongo alcuni, senza avere l'assurda
pretesa di poter sviluppare compiutamente l'argomento.
È spesso presente in poesia la separazione tra mondo della natura e quello degli uomini, come nel
celebre Pianto antico di Giosuè Carducci
L’albero a cui tendevi
la pargoletta mano,
il verde melograno
da’ bei vermigli fior,
nel muto orto solingo
rinverdì tutto or ora,
e giugno lo ristora
di luce e di calor.
Tu fior de la mia pianta
percossa e inaridita,
tu de l’inutil vita
estremo unico fior,
sei ne la terra fredda,
sei ne la terra negra
né il sol più ti rallegra
né ti risveglia amor
C'è, però, anche la pianta emblema di purezza e di vita, come in Alberi nudi di Tonino Guerra
Quando in autunno
c’erano gli alberi nudi,
una sera è arrivata
una nuvola di uccelli
stanchissimi,
e si sono fermati sui rami.
Pareva fossero tornate le foglie
a dondolare al vento.
C'è la pianta inserita nel ciclo della vita, come nella celebre canzone di Gianni Rodari e Sergio Endrigo
Le cose di ogni giorno raccontano segreti a chi le sa guardare ed ascoltare.
Per fare un tavolo ci vuole il legno
per fare il legno ci vuole l’albero
per fare l’albero ci vuole il seme
per fare il seme ci vuole il frutto
per fare il frutto ci vuole un fiore
ci vuole un fiore, ci vuole un fiore,
per fare un tavolo ci vuole un fio-o-re.
Per fare un fiore ci vuole un ramo
per fare il ramo ci vuole l’albero
per fare l’albero ci vuole il bosco
per fare il bosco ci vuole il monte
per fare il monte ci vuol la terra
per far la terra vi Vuole un fiore
per fare tutto ci vuole un fio-r-e
Per fare un tavolo ci vuole il legno
per fare il legno ci vuole l’albero
per fare l’albero ci vuole il seme
per fare il seme ci vuole il frutto
per fare il frutto ci vuole il fiore
ci vuole il fiore, ci vuole il fiore,
per fare tutto ci vuole un fio-o-re
C'è il motivo della pace, espresso in Argento Grigio di Clemente Rebora, ormai prete,
Argento grigio, cinerino argento
pallor di solitaria onda di olivi
che si raccoglie a valle, ove i declivi
posano in un sopor d’ombra e di vento.
E odor di menta, odor umido e lento
di fieno, chioccolio roco di rivi
o di polla che ognor li riavvivi,
tra suon di augelli ne’ silenzi spenti.
o pace, o rivi, o ciottoli lucenti
d’acqua, quanto stupor e che desio
di sonno la pensosa anima invade
A lenti passi scendono le strade
e dilungano quindi con più lenti
passi in un grembo, pallido, di oblio
In altri momenti viene invece rimarcata la corrispondenza tra uomo e albero, come in C'è un albero dentro di me di Nazim Hikmet
C’è un albero dentro di me
trapiantato dal sole
le sue foglie oscillano come pesci di fuoco
le sue foglie cantano come usignoli
è un pezzo che i viaggiatori sono scesi
dai razzi del pianeta ch’è in me
parlano una lingua che ho udito in sogno
non ordini non vanterie non preghiere
in me c’è una strada bianca
le formiche passano coi semi di grano
i camion passano col chiasso delle feste
ma il carro funebre – è proibito – non può passare
in me il tempo rimane
come una rossa rosa odorosa
che oggi sia venerdì domani sabato
che il più di me sia passato che resti il meno
non importa
Fortini ne gli Alberi evidenzia, in modo originale, l’allegoria delle piante come sistema di vita alternativo al consumismo e al profitto, come esito di una visione nuova ed alternativa al "non avere tempo" quasi rivoluzionaria.
Gli alberi sembrano identici
che vedo dalla finestra
Ma non è vero. Uno grandissimo
si spezzò e ora non ricordiamo
più che grande parete verde era.
Altri hanno un male.
La terra non respira abbastanza.
le siepi fanno appena in tempo
a metter fuori foglie nuove
che agosto le strozza di polvere
e ottobre di fumo.
La storia del giardino e della città
non interessa. Non abbiamo tempo
per disegnare le foglie e gli insetti
o sedere alla luce candida
lunghe ore a lavorare.
Gli alberi sembrano tutti identici,
la specie pare fedele.
Quella che preferisco, però, è
Ma ormai, se qualcuno invidio, è l’albero.
Freschezza e innocenza dell’albero! Cresce a suo modo. Schietto, sereno. Il sole, l’acqua lo toccano in
ogni foglia. Perennemente ventilato.
Tremolio, brillare del fogliame come un linguaggio sommesso e persuasivo!
Più che d’uomini, ho in cuore fisionomie d’alberi.
Ci sono alberi scapigliati ed alberi raccolti come mani che pregano. Alberi che sono delicate trine sciorinate; altri, come ceri pasquali.
Alberi patriarcali, vasti come case, rotti dalla fatica di spremere per generazioni la dolcezza dei frutti.
C’è l’albero di città, grido del verde, unica cosa ingenua nel deserto atroce.
Ma più di ogni altro, due alberi ricordo che crescevano da un greto di torrente, allato, come svelti fratelli…
Essere un albero, un comune albero…
Camillo Sbarbaro, in 38, Trucioli (1914-1918)
Un comune albero. Che altro può riempire la vita più di questa semplicità, essenzialità?
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BIBLIOGRAFIA
1 - Simboli ed allegorie, ne I dizionari dell'arte, Electa mondadori, 2003
2 - Mircea Eliade, Oggetto e modalità della credenza religiosa (1º volume dell'Enciclopedia delle religioni), Milano: Jaca Book, 1993.
3 - Mircea Eliade, Il rito. Oggetti, atti, cerimonie (2º volume dell'Enciclopedia delle religioni), Milano: Jaca Book, 1994.
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