Lettera aperta di Sergio Daniele Donati a Danila di Croce (a proposito della raccolta "Ciò che vedo è luce" - pequod ed., 2023)
Mette rami più degli alti alberi quel seme. E la forza di quel seme ora è nel volo degli uccelli che lassù fanno il loro nido. dici tu, e io, abituato a sporcarmi le mani con l'humus nero della parola, non posso non pensare che la forza del seme — di ogni seme — è nella sua morte, nel suo sapersi annullare, perdere essenza per divenire altro da sé: germoglio, pianta, luogo di nidificazione e riposo per gli uccelli dell'interpretazione. Ogni nostra parola dice — banale a dirsi — e, dicendo, si annulla, abbandona sé stessa e la culla del non detto da cui giunge, per permettere un volo sacro: quello dell'interpretazione, di un ermeneutica che è sempre altro da ciò che è stato detto. Ecco la luce della tua raccolta, Danila, e — permettimi di dirtelo — anche la sua fertile penombra. Perchè tu scrivi senza contorni, eppure in questo tuo approccio ai sacri pennini sembri non dimenticare mai il limite creativo del foglio. Che occhi ha quell'ombra che mi gira attorno e