(Redazione) - Salvatore Toma: un beffardo Rimbaud del profondo Sud - a cura di Dario Stanca
Dario Stanca " Viviamo in un’epoca in cui il valore degli autori è inversamente proporzionale ai colpi di grancassa che si suonano in loro onore. Il meglio resta nascosto ". Così scriveva, con l’irriverenza che gli era propria, un grande outsider della cultura italiana, Anacleto Verrecchia . Troppo spesso poeti e scrittori non sono altro che invenzioni di editori callidi e opportunisti: effimeri progetti editoriali volti unicamente a soddisfare il facile gusto di una platea incompetente. Così, sommersa dall’infestante sterpaglia letteraria, rischiava di rimanere anche l’opera poetica del salentino Salvatore Toma (Maglie, 11 maggio 1951 - Maglie, 17 marzo 1987). Il fuoco della poesia, non disgiunto da una forte avversione alla cultura “ istituzionalizzata ”, era divampato in lui assai presto. Mediocre alunno presso il ginnasio-liceo “Francesca Capece” di Maglie, per due anni di fila si rifiuterà di presentarsi all’esame di ammissione al liceo, prima di interrompere, seppur