(Redazione) - Lo spazio vuoto tra le lettere - 06 - Eugenio Montale e la lingua di Dio (una sovra interpretazione biblica)
di Sergio Daniele Donati Conoscere la parola significa conoscerne i contorni, esplorarne le assenze e soprattutto godere dello stupore delle sue mutazioni semantiche. Lo stupore non è una semplice fanciullesca sensazione legata al nuovo. Almeno non soltanto. È il motore di ogni ricerca, ciò che ci spinge alla scoperta e a nuove interpretazioni di un testo. I contorni della parola sono poi costituiti, prima ancora dei significati che essa veicola, dai suoni che la compongono e dai silenzi che la sorreggono. Ogni parola è sempre anche un richiamo all'ossequio per tutte le parole che abbandoniamo per eleggerne una sola. Per questo è detto che: «ogni parola comporta un sacrificio. E la memoria di ciò che non si dice è uno dei sensi profondi del dire» Il testo biblico, ad esempio, è denso di richiami alla sacralità della parola, di parole che svelano e rivelano e che rendono eretta la schiena in una tensione essenzialmente etica. Il testo biblico è però anche denso di richiami ai