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(Redazione) - Dissolvenze - 20 - Ogni volta che mangio un'arancia

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di Arianna Bonino “La lingua è più del sangue” Franz Rosenzweig (1) “Il nazismo è una dittatura che oggi possiede tutto tranne che la lingua" Karl Kraus (2) Settembre 1939: le forze naziste occupano la Polonia, annettendola al Terzo Reich e con ciò iniziano a mettere in atto quello che si definisce il previsto processo di “arianizzazione”. " Arianizzare " significa ridurre a zero ogni traccia della presenza ebraica. Ecco, solo per fare un esempio, prendiamo la bella Lodz in quel giorno del 1939, in cui ne inizia l’occupazione: dei suoi quasi 700.000 abitanti, un terzo sono ebrei. Davvero troppi per espellerli e germanizzare velocemente la città. Occupando Lodz, si pensa allora di sfruttarli, schiavizzarli come forza lavoro: il ghetto di Lodz, secondo per grandezza solo a quello di Varsavia, “ospitò” oltre 200.000 ebrei, che peraltro furono progressivamente decimati, oltre che dalle malattie, dalla massiccia azione di deportazione nei campi di sterminio di Chelmno e Ausc

(Redazione) - Dissolvenze - 16 - Stelle di polvere

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di Arianna Bonino Di tutte le ignominie della guerra, la più grande è il fatto  che quell’unica invenzione che ha portato l’umanità più vicina alle stelle è servita soltanto a dar prova della sua bassezza anche nei cieli, quasi che in terra non vi fosse spazio abbastanza. ( Karl Kraus, “Gli ultimi giorni dell’umanità” ) Quella notte Hélène, immobile, dormiva, senza sapere nulla. Dormiva il sonno dei suoi sei anni e sognava, senza sapere di sognare. Suo padre non la svegliò: ma la guardò come non aveva mai fatto prima e come non avrebbe fatto mai più. Il sonno è una morte momentanea. E suo padre la voleva così: come morta. Hélène dormiva come in un’inconsapevole tanatosi. E poi lui cominciò a lavorare. Tutta una notte e un intero giorno. Era il 27 Aprile 1937, una notte silenziosa e limpida, così diversa e lontana da quella appena passata. La bambina dormiva, modella ignara, e il padre la ritraeva, scolpendola in forma bianca.  Una Hélène di gesso. Le mani lavoravano furiosa