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(Redazione) - Lo spazio vuoto tra le lettere - 40 - Piccole riflessioni laterali sull'etica della parola (prima parte)

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  di Sergio Daniele Donati I A ben vedere, non c'è una grande distanza tra scrivere poesia e osservare del respiro le apnee.  Ogni tentativo di scrittura si situa sul sentiero stretto tra l'esperienza della vita e la sua rielaborazione mediata.  Eppure chi scrive sente necessariamente vibrare tra i suoi segni un afflato vitale che traduce – come può – nei lemmi che poi elegge come degni di posarsi sulla carta.  E ogni tratto di scrittura allo stesso tempo crea mondi e vive l'entropia del limite congenito della parola.  Di questo è ben cosciente il poeta che sa che non esiste lettera che non celi in sé una chiave di nascondimento e, allo stesso tempo, un significante  che in un certo senso non ne nasconda un altro; mille altri. Ciò che spesso viene chiamato stupore , quindi, in poesia altro non è che una sorta di fermata, un momento di stasi che ci permette di stare in contatto con la parola , sia quando scriviamo che come lettori.  Ovviamente ci sono p...

(Redazione) - Lo spazio vuoto tra le lettere - 39 - Le ciglia di D.o (su una poesia di un verso solo di Ronny Someck)

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  di Sergio Daniele Donati Prendere tra le mani un libro di Ronny Someck è sempre un’avventura senza principio né fine, ché la sua espressione poetica, tesa tra un lirismo appena accennato e un’ironia colta e pungente, che tuttavia non perde mai però il delicato filo della apertura – un’ironia, in altre parole, che crea spazi di comunicazione - non lascia mai indifferenti. Se poi il testo in questione è   Le piano ardent (Il piano ardente) uscito in Francia (traduzione di Michel Eckhard Elial, con testo ebraico a fronte) per la casa editrice Bruno Doucey, 2017– l’effetto in me si amplifica. Non posso nascondermi – né  nascondervi – il dato emotivo che un testo simile mi dona permettendomi di creare collegamenti immaginari tra le mie due lingue elettive: l’ebraico e il francese. Ma penso che non sia questo il motivo principale per il quale questo testo mi provoca forti emozioni o, almeno, lo è in una accezione in parte laterale . Due lingue, così distanti tra loro, appai...

(Redazione) - Lo spazio vuoto tra le lettere - 38 - Sinestesie: sull'Opera multimediale "Sette stanze e un epilogo" di Umberto Bombardelli, Antonio Laneve, Vittorio Sedini, Barbara Rabita,Paola Saccoman e Davide Benaglia

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    di Sergio Daniele Donati   In letteratura si definisce come sinestesia (dal gr. sýn «con, assieme» e aisthánomai «percepisco, comprendo» la figura retorica che consiste nell’associare in un’unica immagine due parole o due segmenti discorsivi riferiti a sfere sensoriali diverse (ad es. voce calda, luce profumata). In realtà il discorso sulla sinestesia non riguarda solamente l'ambito espressivo letterario ma anche quello dell'indagine psicologica ove tali fenomeni (la percezione di un calore in una tonalità di colore, ad esempio) sono analizzati sia nella sfera patologica che extra-sensoriale. Certo è che i sensi comunicano tra loro e, fatta eccezione dei casi in cui il fenomeno porti a veri e propri disturbi percettivi del soggetto, quello della sinestesia è un fenomeno molto interessante, perchè capace di mettere in contatto diretto dominii che, nella nostra smania classificatoria, tendiamo a ignorare o sottovalutare. Assistere alla proiezione del video "Sette stan...

(Redazione) - Lo spazio vuoto tra le lettere - 37 - Su una poesia inedita di Gianfranco Isetta

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    di Sergio Daniele Donati   Gianfranco Isetta IL TESTO IL SASSO Il sasso si contorce nel dolore che accoglie senza darlo a vedere forse è il mio corpo che non riesce a sentirne il diverso soffrire Servirà un nuovo sguardo; si volga alla terra sfuggendo anche dai nomi acqua, foglie, fiore alberi, cespi e pietre e qualche volta uomo.   Il testo di questa poesia inedita di Gianfranco Isetta mi ha portato ad alcune riflessione inter ed extratestuali per me molto stimolanti. La poesia pare accogliere, in ossimorico esordio, un movimento nel simbolo stesso dell'inerzia e della stasi: la pietra.  Il poeta ne coglie le contorsioni, gli spasmi di dolore e non tanto per empatica sovrapposizione dell'umano all'inanimato, quanto per l'esatto contrario.  Il non dare a vedere il dolore di un sasso, diviene discettazione, con richiami che più avanti cercherò di delineare al limite della percezione umana. È come se il poeta assumesse come impossibile una ...