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(Redazione) - Lo spazio vuoto tra le lettere - 37 - Su una poesia inedita di Gianfranco Isetta

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    di Sergio Daniele Donati   Gianfranco Isetta IL TESTO IL SASSO Il sasso si contorce nel dolore che accoglie senza darlo a vedere forse è il mio corpo che non riesce a sentirne il diverso soffrire Servirà un nuovo sguardo; si volga alla terra sfuggendo anche dai nomi acqua, foglie, fiore alberi, cespi e pietre e qualche volta uomo.   Il testo di questa poesia inedita di Gianfranco Isetta mi ha portato ad alcune riflessione inter ed extratestuali per me molto stimolanti. La poesia pare accogliere, in ossimorico esordio, un movimento nel simbolo stesso dell'inerzia e della stasi: la pietra.  Il poeta ne coglie le contorsioni, gli spasmi di dolore e non tanto per empatica sovrapposizione dell'umano all'inanimato, quanto per l'esatto contrario.  Il non dare a vedere il dolore di un sasso, diviene discettazione, con richiami che più avanti cercherò di delineare al limite della percezione umana. È come se il poeta assumesse come impossibile una certa soffere

(Redazione) - Lo spazio vuoto tra le lettere - 36 - "Guardiani delle parole": appunti sparsi sull'Etica della Parola - parte quarta

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    di Sergio Daniele Donati Al di là delle più o meno ponderate definizioni di etica della parola, e al di fuori di contesti che tutto inglobano e in cui tutto appare ora essere in poesia assunto etico (in passato la stessa sorte ha avuto l’aggettivo politico in poesia), un piccolo cenno definitorio su cosa sia, almeno per chi qui vi scrive, l’etica della parola bisognerebbe farlo. Come già ho scritto  più volte su queste pagine in tre interventi (vedi i seguenti link:  1,   2,   3 ), ritengo che possa rivestire un ruolo etico ogni discorso che pone alla sua base il quesito attorno alla motivazione ed agli effetti di una scrittura o, ancor meglio, di una parola. Voglio dire che certe scritture, che pure possono avere in chi le legge un esito etico, non nascono da una spinta etica precisa, proprio perché carenti di quella domanda che dovrebbe precedere la scrittura stessa. Chi scrive senza porsi il quesito relativo al suo posizionamento nei confronti della parola (come creatore

(Redazione) - Lo spazio vuoto tra le lettere - 35 - In dialogo col Salmista #1

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  di Sergio Daniele Donati Dice il Salmista in un passaggio del salmo 42 (versetto 9): תְּהֽוֹם־אֶל־תְּה֣וֹם ק֭וֹרֵא לְק֣וֹל צִנּוֹרֶ֑יךָ כָּֽל־מִשְׁבָּרֶ֥יךָ וְ֝גַלֶּ֗יךָ עָלַ֥י עָבָֽרו  יוֹמָ֤ם ׀ יְצַוֶּ֬ה יְהוָ֨ה ׀ חַסְדּ֗וֹ וּ֭בַלַּיְלָה  שִׁיר֣וֹ עִמִּ֑י תְּ֝פִלָּ֗ה לְאֵ֣ל חַיָּֽי׃ Ecco una mia traduzione il più fedele possibile al dettato letterale del testo.  L'abisso chiama l'abisso,  urlando alla voce delle tue cascate;  tutte le tue esplosioni e onde sono passate su di me. Di giorno Egli comanda la sua benevolenza (su di me) e di notte il suo canto è con me; una preghiera al Signore della mia vita.      Ogni volta che mi soffermo su questo passaggio mi perdo e, allo stesso tempo, paradossalmente mi radico. E’ ciò che sempre avviene quando leggo i  תהילים (trans.  Tehillim - Salmi) (1) (2) : immensa opera etica, poetica, psicologica della sapienza antica ebraica. Sono i Salmi che ci ricordano la necessità del movimento e dello spaesamento affinché la radice stessa poss