di Sergio Daniele Donati Cosa è mai la sera se non la descrizione di un limite, di un crinale, di un passaggio tra mondi? E quale linguaggio che non sia poetico - e dunque legato all'idea dell'evanescenza dei significanti - è capace di meglio descrivere questo sentiero stretto. Giovanni Pascoli ne la sua celeberrima La mia sera ( Canti di Castelvecchio , 1903 ) ci conduce per mano nel regno delle transizioni e lo fa con un richiamo ad una sonorità che contrasta con l'imago et lux del giorno. Il giorno fu pieno di lampi; ma ora verranno le stelle, le tacite stelle. Nei campi c’è un breve gre gre di ranelle. Le tremule foglie dei pioppi trascorre una gioia leggiera. Nel giorno, che lampi! che scoppi! Che pace, la sera! Si devono aprire le stelle nel cielo sì tenero e vivo. Là, presso le allegre ranelle, singhiozza monotono un rivo. Di tutto quel cupo tumulto, di tutta quell’aspra bufera, non resta che un dolce singulto nell’umida sera. È, quella inf...