Post

Visualizzazione dei post con l'etichetta Rita Pacilio

Estratto dalla raccolta "Come fosse luce" (Macabor Edizioni, 2023) di Rita Pacilio

Immagine
  Un onore e un piacere profondo per Le parole di Fedro poter pubblicare un estratto della poeta Rita Pacilio , tratto dalla sua ultima raccolta "Come fosse luce" (Macabor Edizioni, 2023).  La raccolta, che contiene anche una mirabile prefazione dalla poeta Mara Venuto , traccia un percorso nella scrittura dell'autrice in cui si manifesta, ed è pleonastico dirlo, la piena maturità poetica dell'autrice. Sperando di farvi cosa gradita, con questo estratto vorremmo solo darvi un'idea del viaggio nella parola di Rita Pacilio , invitandovi peraltro ad approfondire con letture en più corpose di quanto un semplice estratto possa permettere, sia dell'opera  "Come fosse luce", sia dell'intera opera dell'autrice, che è molto interessante e corposa, come potrete intuire dalle note biobibliografiche in fondo al post. Per la redazione de Le parole di Fedro il caporedattore -  Sergio Daniele Donati _____ Vengono e vanno di bocca in bocca i baci sulla lapi

(Redazione) - Estratto da "Di ala in ala" di Rita Pacilio e Claudio Moica (RP libri 2022), con nota di lettura di Sergio Daniele Donati

Immagine
La poesia è dialogo ;  è il segno che la parola lascia sulla pelle altrui.  La poesia è sollecitazione, marchio, volo; ma è anche divaricazione, fessurazione sottile che lascia penetrare a fondo liquidi preziosi da un altrove fecondo. È sempre fenomeno collettivo, plurale, eterodiretto, anzi diretto all'altro da sé, all'Altrove.  La poesia non è mai solitaria, anche se scritta in un eremo o in una cella di un monastero, perché mette tra loro in relazione diverse parti di un sé altrimenti frammentato .  Poetare, anche dalla famosa grotta, è sempre creare e far fiorire sinapsi, legami, nodi e dar fiducia al potere trasformativo di un flusso di scrittura che ci attraversa.  Per questo la poesia, che è sempre dono, chiede solo grandi capacità di ascolto e ricezione.  È una voce altra, anzi la voce dell'altro, ciò che scriviamo sempre e, quindi, mal si concilia col poetare l'uso del possessivo.  Non c'è nulla di mio in ciò che scrivo, perché ciò che scrivo proviene da un