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Visualizzazione dei post con l'etichetta Shoah

Dialoghi Poetici coi Maestri - 75 - Gertrud Kolmar

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Nel lager di Gertrud Kolmar Quelli che s’aggirano qui sono corpi soltanto, non hanno più anima, soltanto nomi nel registro dello scrivano, carcerati: uomini, ragazzi, donne, e i loro occhi fissano vuoti con lo sguardo sbriciolato, distrutto per ore in una fossa buia, soffocati, calpestati, picchiati alla cieca. Il loro gemito tormentoso, il loro pazzo terrore, una bestia, sulle mani e sui piedi, carponi /…/ Si affaticano come dementi, grigi, devastati, separati dall’umanità variopinta, irrigiditi, timbrati e marcati, come bestiame da macello che aspetta il beccaio e non conosce che il fetido truogolo e il recinto. Solo paura, solo orrore nei volti quando, di notte, uno sparo afferra la vittima… e nessuno ha veduto l’uomo che silenzioso in mezzo a loro trascina la croce nuda verso il supplizio.     Com'è, Gertrud, che  da sempre mi pare di tenerti la mano e che sulla mia schiena, che si curva sempre più, sia tracciata la scogliosi di un albero che nasce storto, nel vuoto di sguardi

(Redazione) - Cinque poesie contemporanee sulla Shoah ( a cura di Paola Deplano )

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A cura di Paola Deplano SEI MILIONI  Si crepano maschere d'argilla sui miei volti e lo sguardo si perde su un orizzonte assente; avanzano lenti i passi del silenzio e ardono i fuochi sacri della memoria. In alto sei milioni di voci evanescenti, celate dai fumi della storia, osservano e sostengono una tenacia bambina. Per loro solo canto nenie antiche, canti d'elevazione nella notte senza stelle. Sergio Daniele Donati, Il canto della Moabita, Ensemble Ed. 2021 CORRISPONDENZE #2 Nel corridoio, scarpe fuori stagione in fila prima di collocarle nel ripostiglio. D’improvviso mi riporta l’immagine alla Shoah, magazzini di vestiti e oggetti ammassati, foto, capelli, documenti, tutto consegnato nei lager negli incubi nella cenere. Dopo quel buio senza stelle vennero altre oscurità a inghiottire occhi: triste consapevolezza della terra che seppellì nel silenzio un grido di mani sui fili spinati. Inedito di Davide Zizza CAMMINO PIANO Cammino piano mentre il cielo scuro fuma occhi di p

(Redazione) - Il cinema della Memoria a cura di Stefania Lombardi

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di Stefania Lombardi Ariel Viterbo , la cui testimonianza è contenuta all’interno del libro “Memorie di Lucy Kalika” , scrive, a proposito del citato libro: “ La vera memoria si costruisce con i libri, con libri come questo”. Nel libro, infatti, tutto è raccontato con dovizia di particolari e sembra di vivere le vicende in prima persona con la protagonista. Molti film hanno trattato di Olocausto e di Shoah. Nei film abbiamo diverse licenze narrative e la costruzione è più sul piano emozionale. Si poteva evitare? E se fosse andata diversamente? Alcuni film, modello “ what if” rispondono catarticamente, riscrivendo la storia. Accade così in “ Bastardi senza gloria ” di Tarantino. Con Tarantino dobbiamo immaginare. Come scrissi nel 2009 in un mio blog, immaginiamo una classica trama a intreccio con tre storie parallele che si intersecano e con dei piani meditati dai protagonisti che si sovrappongono tra loro. Si sovrappongono ma i rispettivi piani di tutti quanti conducono a un

Due poeti allo specchio (Emanuela Sica e Sergio Daniele Donati)

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AUTORITRATTO DI EMANUELA SICA - 2022 © Da questo filare di venti freddi in cui s’annodano le vite dei miei compagni arse nei rivoli aciduli di fumo vedo la disfatta del cielo cadere pesante sulla mia testa. Dimmi Herr Gefängniswärter * dormi la notte pensandoci stipati tra blatte e ossa ammassate sulle travi come piante nodose, indifese, prossime al macero? Respiri dolori o li rinneghi per l’idea che ti separa dai nostri cuori dietro il filo di spinosa indifferenza carnefice per convinzione o per comando? Se, distrattamente, dovesse caderti una lacrima leggila come notizia d’umanità, sentila sulla lingua sapida, non sei morto, ancora c’è redenzione dal fango cavernoso di questi orrori. E tu madre ricomponi i pianti lasciami tornare nel tuo grembo caldo carezza il sudore, liberami dall’atroce notte foglia che si rinnesta nel ramo a diventare gemma nei sepolcri dei tuoi occhi. Portami ad un attimo prima di quel sedici ottobre urla ammutolite e mani strappate al Sukkot eravamo in casa, pr

Dialoghi poetici coi Maestri - 44. Chandra Livia Candiani

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  La pelle è sempre in prima linea come i cappotti le madri i villaggi, è un confuso conoscitore di mondi è serbatoio e cemento trasale fa barriera è distendibile e delicatamente resistente sanguina respira. Nuca mani e piedi spalle petto fianchi conoscono il mondo senza l’assedio della narrazione stormiscono e scompensano il pensiero. La pelle è educazione sentimentale ogni parola un branco che preme i pori e ne fa porte sul cielo vuoto dell’interno, dove soffia la memoria l’aria del tempo. Per primo viene il tatto quando mettiamo una parola al mondo. Invecchiando la pelle diventa più sottile perché aumenta il desiderio di mistero, diminuisce la paura di attacco. È nuda su questa terra, si sbriciola nel passaggio. In lei la vita umana si consuma e poi si spegne o forse vola fuori di lei, la lascia. Chandra Livia Candiani Tratto da La domanda della sete 2016-2020 (Einaudi, 2020) Ho visto pelli farsi barriera contro le scorie d'un mondo asmatico. Altre assorbivano il soffio d'u

(Redazione) Specchi e labirinti - 10 - Tishà be Av e brandelli di Shoah

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  di Paola Deplano Tishà be Av è un giorno di lacerazione e di lutto, un giorno in cui il dolore del singolo si fonde con quello di un popolo. Un dolore ciclico, ripetuto. Un dolore che si rinnova, con diverse motivazioni, sempre nella stessa data. Difficile non vedere, in questo, un messaggio della Vita. Cos’hanno in comune, infatti, la doppia distruzione del Tempio e quella di Gerusalemme, le cacciate da Spagna e Inghilterra e la deportazione a Treblinka? Oltre al fatto di essere accadute tutte a Tishà be Av e di aver portato dolore e sconcerto in un intero popolo, questi avvenimenti insegnano che ad ogni tentativo di annientamento corrisponde, in modo eguale e contrario, una forza che apre nuovamente le porte alla vita. La resilienza dell’erba che, dopo essere calpestata, ritorna al suo posto, lieve e verde, come prima. Quest’anno Tishà be Av è stato dal tramonto del 6 alle prime stelle del 7 agosto, non molto lontano da oggi. E pensando a perpetuare la memoria di chi non c’è più,

I campi del Silenzio

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Mi hanno dato un tempo - e non è il mio - per permettere all'antico passo di far breccia in un mondo  che ruota su perni incerti. Mi hanno dato memoria  di ciò che non ho vissuto per testimoniare la parola prima del tatuaggio; la pelle di fanciulla prima dei fumi e dei camini. Mi hanno dato una mano troppo piccola per contenere il fiume di parole mai dette da voci distanti - colano dai miei palmi e si disperdono su un terreno bruno - e ventidue lettere ballerine per ricomporre un mosaico cui manca sempre  il tassello del perdono.  C'è chi ha giocato con un'anima piccola - la mia - che stenta a volare su certi campi a seminar Silenzio. (Sergio Daniele Donati - inedito 2022)

Col pianto al cuore

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Ho peccato nella testimonianza - eppure fu una mia promessa - mi mancano dei nomi, delle storie; e il mio racconto  sarà sempre incompleto. Però mi rifiuto di parlar di numeri - sarebbe troppo facile dire «sei milioni»  e tacitare il mondo. Ma il numero era la lingua zoppa dello sterminatore; a noi si chiede l'onere impossibile di recitar nomi, per rendere onore alla lingua e al suono. Allora guardo le stelle  e sento voci bambine e chiedo loro perdono perché non ne conosco i nomi. Sergio Daniele Donati (inedito 2022)

Sei milioni di Nomi

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  "Mani" di Sergio Daniele Donati Ascoltando il Concerto n.1 per piano e orchestra  di F. Chopin - Esec. M.  Argherich Guardami figlio mentre bisbiglio nomi strani e il rubinetto in cucina perde e il gatto che tanto ami si struscia ai miei piedi. Guardami e ascolta anche se un velo  copre i miei volti e si spezza la mia voce  in sei milioni  di cristalli puri, sul pavimento. E, se nel sonno  mi gratto il braccio, tu benedici la mia nuca; sì tu, - luce azzurra, lampo boreale - dammi la forza di ricordare il fumo della storia e sussurrare piano  sei milioni di Nomi e di volti scarni segnati dalla morte e portatori del dono di procreare il futuro. Guarda figlio tuo padre farsi vecchio sotto il peso dell'indicibile e delle ustioni di un numero tatuato sul suo braccio e invisibile.  Il mondo non sa, il mondo dimentica, figlio mio, ma io mi dondolo, mi dondolo e sussurro nome dopo nome  e canto loro nenie e benedizioni antiche; molto più antiche dei fumi  e dei treni e delle gr

Sei milioni

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Foto di Sergio Daniele Donati Si crepano maschere d'argilla sui miei volti e lo sguardo si perde su un orizzonte assente; avanzano lenti i passi del silenzio e ardono i fuochi sacri della memoria. In alto sei milioni di voci evanescenti, celate dai fumi della storia, osservano e sostengono una tenacia bambina. Per loro solo canto nenie antiche, canti d'elevazione nella notte senza stelle.

I sogni di Mordechai (cap. 1-13)

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Foto di Sergio Daniele Donati 01 Incipit  Mordechai uscì dalla sinagoga con un malessere di fondo. Parashà e Haftarot questa volta non erano riuscite a sollevarlo da terra. E quel grido, quello strazio, era come un tocco di campane d'inquisizione nelle sue orecchie Camminava, col cuore in affanno, e a nulla valevano le parole che il Rebbe gli aveva rivolto all'uscita. "Le cose tornano, Mordechai. Magari trasformate, ma tornano. Sempre". L'aveva guardato a lungo, senza parlare. Poi era andato via. Come può tornare ciò che mai è arrivato? E che cosa poteva mai capire un uomo di novant'anni degli affanni di un giovane.  Mise le mani in tasca e ci trovò il solito sassolino. Lo strinse, come sempre, e si sedette sul marciapiede. La gente passava indifferente, le ore passavano indifferenti, i ricordi passavano... differenti. Si tingevano di colori diafani, tonalità mai viste, di spiegazioni mai pensate. Mordechai chiuse gli occhi. I suoni del villaggio sembravano lo