Giudice-Geometra
Foto di Noelle Oszwald Parola esile/Parola esule Tu sottrai, poi separi i miei sguardi stupiti dal mondo d'erba che vibra sotto i miei calcagni pronati; e togli valore alle mie parole stentate. Mentre cerco di dar suono all'indicibile, tracci una tangente alla circonferenza delle mie balbuzie. Giudice-geometra, armata di compasso, ti prendi gioco del mio limite, del territorio paludoso da cui sgorgano come singulti e strozzi le mie intenzioni. Ci leggi fango - e fango è - ma al tuo setaccio troppo fine manca il potere del mago, la capacità di cogliere nella mota le qualità dell'argilla. Resta il tuo sguardo sbarrato sulla perfezione di poliedri senza vita. In cielo invece cantano da sempre ventidue lettere balbuzienti il canto della creazione; e la carezza d'un bimbo poliomielitico regge ab aeterno le sorti della nostra speranza.