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Il quarto Alef-Bet - 12 Caf/Lamed

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Sai bene anche tu che il padre protegge pure sé stesso dal rischio di diventar Maestro. E sai quanto delicata sia la voce interiore che insegna i primi passi a un bambino; e sai che chi ne osserva gli inevitabili inciampi sorride, si china e spalanca le braccia, lasciando al Silenzio il messaggio più antico: "Vieni; tu ce la fai". Testo inedito 2023 e foto  di Sergio Daniele Donati ©  

Il quarto Alef-Bet - 08 (Zain/Het)

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Una cadenza lenta un fuoco basso in un deserto alieno testimoniano l'unione impossibile. Il bacio dei contrari crea il varco; e io sorrido. Testo  -  inedito 2022 -  e immagine di Sergio Daniele Donati

Il terzo Alef - Bet (completo)

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  ALEF Ho compreso che mi guardi e taci; e attendi il mio primo vagito per posare la tua mano di madre sul mio volto. Ho compreso che il tuo Silenzio è spazio lasciato al vento messaggero per comunicare il nuovo mondo. Là avrò posto e il mio nome, che ancora tu non pronunci, navigherà nel flusso di chi mi ha preceduto. Alef, madre eterna, con occhi di giada e sorriso evanescente. BET Porto sulle spalle una domanda che china la testa. Mi dici di andare per tornare diverso; ma la tua voce si perde nel mondo incontaminato dai miei passi. Tu vuoi che io crei lontano dai tuoi infissi. Mi giro, li guardo e ne rimpiango gli spifferi. Erano la lingua dei tuoi silenzi, il canto prenatale d'un grembo accudente. Porto sulle spalle una domanda che china la testa per varcare la tua soglia, che odora d'antico e tace del vento che mi spinge lontano. GHIMEL Un passo incerto, oltre la soglia del pensiero, manifestava l'universo di parole che non sapevamo ancora articolare. Prima era Silenzi

Tav ת

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La chiave che chiude un ciclo  non è la stessa  che apre il nuovo;  anche se la porta d'entrata  è la medesima. La ceralacca va spezzata  per aprire la lettera  e ogni sigillo è il segno  d'una possibile elevazione. Infine - e non va mai dimenticato -  le dita d'un bambino  contengono la stessa saggezza dei calli dell'anziano. Ed è ininterrotto il canto della trasmissione

Lamed (segni)

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  Lamed di Sergio Daniele Donati È là il segno antico, il più antico. Quello che mette in movimento  serenità nascoste - coperte dall'incertezza del vivere - gli stupori di passi infantili  in montagna - e guarda il merlo e il fischio della marmotta  e dietro il tronco della quercia ho sentito cantare un elfo - È là dicevo la carezza del Maestro, il sorriso che non retrocede al vento freddo in faccia; lo sguardo che sa - che tutto sa - dell'imperfezione del mondo e si china a spostare foglie morte dal sentiero degli allievi.  "Vai" , ti dice, "vai all'incontro con te stesso; apri le mani e ricevi e poi canta; non dimenticare il canto e trasforma". E tu vai e lui resta, guardia delle tue spalle,  solo, a contare i passi che spera che tu faccia;   i passi che allora  non ebbe il coraggio di fare, e si segna il viso col fango sul ciglio perché resti segno - almeno sui suoi volti - dei limiti del suo insegnamento.

He (terzo ciclo)

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"He" di Sergio Daniele Donati Stiamo tutti fermi a osservar la soglia a farci cogliere dallo stupore d'un vento lontano. Pochi però sanno o dicono del dolore d'ogni narrazione dello strappo e dell'abbandono, del timore che crea un viaggio se non ne sai immaginare  la possibilità di ritorno. Per questo resto ancora un poco nel luogo protetto e apro la finestra. Che il presente e l'altrove si mescolino sulla mia fronte a formare speranza

Dalet

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  "Dalet" di Sergio Daniele Donati Aprimi i pori della pelle perch'io possa accogliere tutte le voci del mondo e riesca a distillare risolini infantili da grida e strazi. Insegnami la difficile arte della riconoscenza, prima ch'io nasca a un mondo sordo e troppo intatto per dirsi vero.

Ghimel

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"Ghimel" di Sergio Daniele Donati Un passo incerto, oltre la soglia del pensiero, manifestava l'universo di parole che non sapevamo ancora articolare. Prima era Silenzio, e un focolare tiepido accoglieva i nostri vagiti; come resine sui muri. Fu quando il nostro respiro divenne consapevole -e non più condiviso- che attraversammo il deserto. Certo, fu un addio ma ci sosteneva la stessa sabbia; la stessa consapevolezza dell'impossibilità del ritorno alle resine,  ormai divenute ambra, d'una casa in rovina.

Un video per riflettere sulle lettere ebraiche

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"SCRIVERE"  DI SERGIO DANIELE DONATI L'anno scorso il nostro gruppo di studio sullo Alef - Bet ha elaborato, nel corso di un semestre circa, un profondo lavoro sul significato simbolico di ciascuna lettera e dello alfabeto ebraico nel suo insieme.  È stato un lavoro ricco e entusiasmante per tutti noi.  Ogni partecipante ha prodotto disegni, pensieri ed immagini per me sempre molto toccanti. E mi hanno fatto dono di questo video in cui sentirete le loro voci leggere la mia prima elaborazione poetica sullo Alef - Bet stesso.  È con vera commozione che ve lo propongo, sperando di farvi cosa gradita.  Sergio Daniele DONATI  

Bet

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Porto sulle spalle una domanda che china la testa. Mi dici di andare per tornare diverso; ma la tua voce si perde nel mondo incontaminato dai miei passi. Tu vuoi che io crei lontano dai tuoi infissi. Mi giro, li guardo e ne rimpiango gli spifferi. Erano la lingua dei tuoi silenzi, il canto prenatale d'un grembo accudente. Porto sulle spalle una domanda che china la testa per varcare la tua soglia, che odora d'antico e tace del vento che mi spinge lontano.

Alef

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Alef di Sergio Daniele Donati Ho compreso che mi guardi e taci, e attendi il mio primo vagito per passare la tua mano di madre sul mio volto. Ho compreso che il tuo silenzio, è spazio lasciato al vento messaggero, per comunicare il nuovo mondo. Là avrò posto e il mio nome, che ancora non pronunci, navigherà nel flusso di chi mi ha preceduto. Alef, madre eterna, con occhi di giada e sorriso evanescente.

Shin (in tre versi)

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Shin di Sergio Daniele Donati Non chiedermi dei fuochi al tramonto, sul monte. Chiediti perché non canto mentre ascolto i crepitii della vita.

Resh (in tre versi)

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  La Quercia - di Sergio Daniele Donati Sono sacre le cortecce del principio del ritorno, del ricordo del futuro.

Tzade (in tre versi)

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  Tzade di Sergio Daniele Donati Del Giusto commuove sempre il passo ignaro di ritorno verso la sua bottega di calzolaio.

He (in tre versi)

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  Disegno ed elaborazione fotografica di Sergio Daniele Donati Un intervallo di quinta giusta tra il Silenzio del Creato e il brusio della Vita

Alef (in tre versi)

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Davanti a me, infinito silenzio; sino alla prima parola.  

Kof

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  Alba.  La scimmia ride sul ramo.  Il braccio nel fango,  là,  dove si incagliano ostinate  parole d'imitazione.  Sole allo Zenit.  Sul palmo della mano  la gemma, dal limo.  Pura, unica  illesa.  La scimmia non ride più  saltella cento volte  sui quattro punti  cardinali.

Tzade (davanti al Giusto)

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L'albero non nega né acconsente. Proclama la sua pienezza dal silenzio delle radici. E tace il canto nell'ora che prepara i sogni. Mi chiedevo dove fosse la tua voce, poi ho visto la corteccia. Era la mia. Sudori di resina ne dicevano il passato. Io non sono albero, ma abbocco, come pesce all'amo, mentre danzano i simboli. La parola è niente. La parola è inciampo, balbuziente, è incanto di fattucchiera per una mente semplice. E io ne sono schiavo; per questo non porto foglie né dono frutti

Kaf

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Misura venti passi, lo sai, la distanza tra lo zelo del Giusto e la sua ritrosia. Misura venti spanne, lo sai, la distanza tra la mano che giura e quella che seduce. Tre sono le corone, lo sai. La quarta, dall'alto, spiana la via e rende stabile il passo. E chissà se lo sai.

Iod

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Crea cieli e terra e mondi  la lucciola  sul palmo della mano  goccia di rugiada  fiamma di candela  svela al Giusto il Nome  che mai fu detto  e versa nel suo cuore  calde stille  di pozione di vita