Cambiamento e angoscia
"Il cambiamento" di Sergio Daniele Donati Il Saggio coltiva il cambiamento come un frutteto nascosto ne raccoglie i frutti e interra i semi con gesto lento. A me, che saggio non sono, il cambiamento pare una screziatura, una fessurazione dell'Altrove da cui colano parole di silenzio su pergamene vissute. A me, che non conosco la pazienza del contadino, né sono saggio, il cambiamento pare una preghiera a un cielo che ride delle mie più antiche angosce. Io non creo, né trasformo: prego che il cambiamento si manifesti nella lingua dei miei avi, e copra d'un velo spesso i miei volti inadeguati a farne fiorire la memoria. O forse saggio fui da piccolo, quando attesi a dirmi ebreo, sino al giorno in cui quel Maestro mi spiegò che nel mio nome era scritto chi fosse il mio Giudice. Allora iniziò il cambiamento e mi dissi ebreo; e fu una rincorsa verso gli odori del tempo perduto. La radice ignorata e negletta langue sotto terre nere; solo la paro