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Figlio (un sogno)

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C'era una corda tesa tra stella e stelle e il mio passo incerto - un orizzonte porpora. C'era un canto di donna e parole solitarie - cristalli di sale a terra e il peso di una mano calda all'altezza dello sterno. E c'era un canto di bimba  e urla di gioia, lontane  e il mio passo; lento - ghiaccio all'orizzonte. E c'era la volpe - sguardo fisso, fuoco  nel vuoto di luce. C'era una pietra grigia con un simbolo arcano e risate da osteria - un orizzonte di terra promessa e il mio passo, incerto. E poi la casa di legno, - libri dappertutto - e nella stanza un figlio; chiede aiuto. Gli tendo la mano,  la rifiuta e si trasforma; in vento. Un orizzonte di morte e il mio passo; fermo. ____ Sergio Daniele Donati - inedito 2023 N.dA.: Le foto della grande artista Noëlle Oswald sono per me un sogno nel sogno (S.D.D)

Cum dederit

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Seleno e Dioniso -  Statua Romana II sec D.C. Dedicata al sommo poeta Ronnie Someck “Cum dederit dilectis suis somnum, Ecce haereditas Domini, filii: Merces, fructus ventris, Fructus ventris. Cum dederit dilectis suis somnum, Ecce haereditas Domini, filii: Merces, fructus ventris, Fructus ventris” Inizia sempre con una nota tenuta, una corda tesa tra ventri fecondi e cieli infedeli. In mezzo il figlio, solo, mostra al dio del nascondimento i suoi inciampi come trofei di latta per il festino del creato, o gusci di noce da usare come barchette nel fiume del ricordo. Dona la sua piccolezza a un'infinita assenza. E tiene quell'unica nota nel metatarso, al primo passo; un dono sacro, al Sacro che in lui dimora; a stento. È nulla, un passo, eppure si amplifica, nell'appoggio a terra, quella nota che parte dalle iod delle sue intenzioni. “Guardami, dio celato, guarda l'inciampo di un figlio zoppo. E accogli lo strazio d'una parola balbuziente tra le ciglia del tuo crea

A mio figlio (fuor di scrittura)

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A mio figlio, il nuovo mondo Ciò che non sai è che il tempo spezza e toglie ossigeno a respiri già affannati; non sai che stelle e firmamenti, e voci e silenzi, e lettere e corse folli, e petali e danze sono gocce per riempire il secchio dell'abisso che ride; là sotto. Non sai del bimbo con le mani sulle orecchie, per non sentire. Non sai del volto che si volta per non guardare. Non sai dell'urlo soffocato: guardami. Non sai della carezza nel ghiaccio e della testa sull'asfalto e la moto a terra con la ruota anteriore che ancora gira, come gira la follia per questo mondo. Ciò che non sai ancora, è che essere padri è vivere pregando che l'ossidiana dei tuoi occhi si posi su ciò che chi non ha ancora parola chiama distratto amore , che la tua mano batta su tasti di pianoforti antichi e non su schegge di coscienza. Essere padre, è ora che tu lo sappia, è chiedere, urlare, imporre a un mondo distratto di ascoltare il tuo nome. Ciò che ora, se mi leggi, sai è che un pa

Tre poesie di Laura Landi

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Foto di Laura Landi Ai miei bimbi Tommy e Chico alle parole trovate tra i loro stupori Si apre il sipario si apre il sipario è di scena il primo pianto e il grande addio. Sento il volo   sento il volo del vostro cuore scolpire il tronco che cresce. Alla mia Mamy Ti trovo  ti trovo  nel profumo di viola  mentre copri gli spigoli  con gommapiuma e seta.  ti leggo,  nelle parole che mi dai  e che aprono il raggio  quando il vento soffia forte.  ti cerco,  nella spalla di verde  e giallo  all’angolo dei miei tredici anni.  ti penso,  fra monofore e bifore  quando i pomeriggi in francese  raccoglievano i nostri passi.  ti amo,  ogni giorno  tra pensieri e parole  annodate di filo d’oro  e perle preziose.  Poesie apparse in "Così io mi ascolto" - Guaraldi editore - 2000 Si pubblicano su concessione dell'autrice e dell'editore

Faresti meglio ad arrenderti, figlio

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Come spiegarti i mille movimenti a spirale che l'artista marziale deve saper compiere per sperare di governare il proprio mondo interiore, figlio mio? Ci sono insegnamenti che io ho ricevuto troppo presto. Altri li ho lasciati sedimentare troppo a lungo. Altri, infine, li ho coperti di un silenzio senza fine, perché potessero parlare da soli, per sé e di sé. E non so più nemmeno di cosa parlarti se non di ciò che sono stato e sono. Lo faccio ora, sapendo che, forse, mi leggerai tra anni. Faresti meglio a arrenderti, figlio mio, alla Vita che avanza dentro di te. Anche quando sentirai che ti strappa via le viscere e modifica i tuoi sorrisi interiori. Resistere alla Vita è come combattere l'oceano in piena, armati solo di un fuscello ancora verde. Se invece imparerai a seguirne i ritmi, i silenzi come gli urli improvvisi, la Vita come uno tsunami in piena ti innalzerà come ancora non pensi sia possibile. Faresti meglio a arrenderti, figlio mio, al giusto timore che l