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Visualizzazione dei post con l'etichetta jewish poetry

הנני - Eccomi

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Foto dal web הלילה הוא שיר של כוכבים קול נשי מתפלל אני מקשיב לזה ובוכה אין לי שום דבר אחר לתת לה אנני ______ La notte è un canto di stelle Una voce di donna prega La ascolto e piango Non ho altro da donarle Eccomi Foto dal web _____ Testo ebraico e traduzione di Sergio Daniele Donati

Numeri

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Foto di Man Ray  שם אחד שתי עיניים שלושה ריקודי זמן ...ותקוות אינסופיות ותקוות אינסופיות ללמד את האדם כמו לדבר עם הכוכבים _____ un nome due occhi tre danze del tempo e infinite speranze... e infinite speranze per insegnare all'uomo a parlare con le stelle ____ Testo e traduzione dall'ebraico di Sergio Daniele Donati (Inedito - 1.11.23)

Mio figlio è figlio della parola

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  הבן שלי  הוא בן המילה הוא מדבר אל הדממה שגר בבית שלנו והשתיקה מקשיבה לו כשהוא שר ראפ בשירותים והשתיקה צוחקת כי המילים  של הבן שלי השתיקה הזה לעולם  לא יכול היה לומר אות Mio figlio  è figlio della parola. Parla al silenzio che vive nella nostra casa e il silenzio lo ascolta mentre canta rap in bagno. E ride, il silenzio, perché le parole  di mio figlio quel silenzio mai  avrebbe potuto dirle ______ Testo e traduzione dall'ebraico di Sergio Daniele Donati 29.10.2023

Un canto di morte - שיר מוות

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Foto di Man Ray פתחתי את ידי לנשמת העולם אבל הדממה עכשיו אין יותר  קול הרוח רק שיר מוות עולה מן הארץ Ho aperto la mia mano all'anima del mondo ma il silenzio ora non ha più  la voce del vento; solo un canto di morte sale dalla terra Video-lettura  di Sergio Daniele Donati  _____ testo e traduzione dall'ebraico di Sergio Daniele Donati

Il quinto Alef-Bet (binomi) - 03 - Ghimel e Dalet

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  Dopo il primo passo una porta azzurra e, dietro, pensieri celati al mio stesso pensiero.           Occorreva farsi piccoli allora           e rinunciare a parole di muffa           per dare nutrimento puro           al nòcciolo di pesca           che abita i miei midolli.  Varcai nel sogno quella soglia con la coscienza che al risveglio  il colore dei miei occhi sarebbe mutato.  La varco oggi nel ricordo di ciò che cercai di essere per poter stare al tuo fianco.           Si tinge  di indaco e cobalto,           di paura e desiderio           il gorgo senza fondo           della tua assenza           per un uomo incapace           di parlar d'amore.

Il quinto Alef-Bet (binomi) - 02 - Bet e Ghimel

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  E mi dici:  esci dalla casa e io non voglio che temo la bora e la boria del mio primo passo. E mi dici:  esci e cadi e io non voglio rincorrere chi non ha mezzi propri né voglio inciampare su lemmi ancora sconosciuti. E mi dici: ti indicherò io dove andare. E io mi guardo allo specchio d'ottone di un'infanzia negata, e non posso che uscire dalla casa che quello specchio mente e mi fa bello e pronto al mondo mentre ancora il cordone ombelicale con un'assenza barbara e palindroma canta il suo canto di vendetta. E mi dici: esci dalla casa, io ti proteggerò, e poni la tua mano calda sulla mia nuca.  E io esco, e il mondo, sì il mondo, si mostra alle mie retine, e tu, che tutto sai, mi puoi dire cosa sia quel liquido caldo e salato che mi scende dagli occhi? ____ Testo - 14.10.2023 - di Sergio Daniele Donati

Il quinto Alef-Bet (binomi) - 01 - Alef e Bet

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  Il richiamo ovattato d'un silenzio d'attesa, là sul crinale sottile della coscienza, e la risata sorda d'un abisso beffardo. Quasi tutto allora era tenebra e confusione e assenza di nome, per me,  non ancora nato alle piogge dell'interpretazione. Sentivo a volte un borbottio lontano, uno strascicare di piedi anziani su sabbie roventi, e un crepitare di fuoco e odori di spezie e fumi di the e sudori di pelli rugose, cotte da un sole solitario.  Allora fui detto , aprii gli occhi, un senza-nome appena nato e accolto nella casa della trasmissione.  Ora giungo le mani - un gesto antico - e mi copro il volto stanco. Una vita a onorare la Parola di nuovo coperta da venti guerra e chiamo con l'ultima mia voce il ricordo del primo passo  che mi fece uscire dal rifugio allora a camminare tra le genziane dei lemmi che un paziente maestro mi mostrava. E dammi, Maestro, ancora una volta la facoltà di percorrere quel tragitto a spirale nei costrutti e nelle lettere e di creder

La risposta di saggezza del bambino - התשובה החכמה של ילד

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  Foto di libero accesso  Levi Meir Clancy su Unsplash Ringrazio l'autore e la piattaforma dal profondo del cuore Testo  - inedito 9.10.23 - e traduzione dall'ebraico di Sergio Daniele Donati יש מרחק עצום - מרחק דק - בין כתיבה לחיים יש מרחק דק - מרחק אינסופי - בין מילת התמיכה  ומילת האשמה אל תדבר  על המילה הקדושה אם אתה לא יודע את זה נסעתי מרחק אינסופי מרחם אמא במילה הראשונה שלי ואולי היכולת שלך  לבכות לפני שאתה מנסה לדבר היא קדושה C'è una distanza immensa - una distanza sottile - tra scrittura e vita C'è una distanza sottile - una distanza infinita - tra la parola di sostegno  e quella d'accusa. Non parlare  della parola sacra se non la conosci. Ho percorso una distanza infinita dal ventre di mamma alla mia prima parola E, forse, la tua capacità di piangere prima di cercare di parlare, lei è sacra

Kaddish - Piccola poesia ebraica

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שיר עברי קטן (קדיש) ילדים בני ערובה ועוד מוות על עמי הכתיבה שלי נופלת ונשברת הגיע הזמן לאלף של שתיקה לא נשארו לי מילים ;אבל אני שומע  קול עתיק קדיש ____ Bambini ostaggio e ancora morte sul mio popolo la mia scrittura cade e si spezza È il tempo di un'Alef di Silenzio Non mi sono rimaste più parole ma ascolto una voce antica; Kaddish. Testo e traduzione dall'ebraico di Sergio Daniele Donati 

Io ricordo - אני זוכר

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אני זוכר אחרי זה  היו את הנמלים  להציל שמות ומילים  כי הגופות  היו עכשיו עשן  והמילה הייתה מגן  ונמלים קדושות ____ Io ricordo Dopo di allora vennero le formiche a salvare nomi e parole Perché i corpi  erano ormai fumo. E la parola si fece scudo e le formiche sacre ____ Testo - inedito 2023 - traduzione dall'ebraico e foto di Sergio Daniele Donati 

Dialoghi poetici coi Maestri - 55- Erez Biton

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Quando ero un bimbo di luce tutti i colori vennero a bussare: “Apri, apri” dicevano alle mie pupille clementi, e gareggiavano per rifrangersi blu dentro il blu. Il sole del crepuscolo mi scorse suoi raggi come due trecce chiare di bambine che conducono una vacca con un vincastro. Nella città di Lod quando ero un bimbo di luce le cime mi sollecitavano: “Sali, Sali”, nell’abbraccio delle nostre vette. Tutti gli steccati erano più bassi di me basso Quando ero un bimbo di luce le distanze mi assorbivano nella rapidità di un altro tempo. (Erez Biton - Da Canti di cecità, Hakibbutz Hameuchad, 2013) Fui bimbo di penombra  dimenticato da chi portava  l'onere di spiegarmi il mondo e non vidi - no, non vidi nulla - finché un maestro  non mi chiuse le palpebre e mi disse:  "ora ascolta". Fui bimbo di penombra, e ancora adesso la notte immagino  le danze dei colori sulla retina di mio figlio e mi manca la presa al polso di un maestro tenace che mi impedí la caduta finché

La discesa sacra (un Salmo balbuziente)

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La stanza azzurra devastata dall'uragano; non resta che qualche goccia d'olio sacro e un simulacro di speranza da tramutare in canto. Le senti anche tu le voci roche e sfatte ripetere il mantra  della fiducia nel celato  e nel passaggio stretto  a una pelle nuova? È un canto corale che ripete senza sosta e centellina resine e cortecce d'eucalipto per le ossidiane dei figli. A terra l'epitelio di biscia, concime del passato su una terra senza soffio. Si dice che poi aleggi ancora un vento divino sui volti delle acque salate dei nostri occhi, e che di lontano il corno che chiamano Shofar laceri tempi e spazi - ancora una volta - per rendere possibile la distanza dall'Altro che chiamano amore. Ho peccato, Moabita, davanti al pozzo io ho peccato. Possa la tua voce ancora una volta risollevarmi il mento alle stelle e dirigere il mio sguardo là, nel flusso indaco senza fine né cominciamento delle generazioni. Toglimi il petrolio dagli occhi e chiama ancora una vol

Preghiera - תְפִלָה

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Preghiera Cammino, e canto tra le stelle una lenta preghiera dei morti Benedici il nome e la voce di chi rimane e finalmente accogli il mio silenzio תְפִלָה אני הולך, ושר בין הכוכבים תפילה איטית של מי שמת לברך את השם והקול של מי שנשאר  ולבסוף מקבל את השתיקה שלי ________ Testo - inedito 2023 - e foto di Sergio Daniele Donati 

Il quarto Alef-Bet - 17-18 Ayin/Pe e Pe/Tzade

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Ciò che l'occhio vede a ogni alba fa cadere  l'unico dente che resiste  alla benedizione del creato. Ogni stupore è dire balbuziente e bambino e - per questo - sacro . Io non so se credo in D.o ma son certo di credere  nella bellezza profonda  che è il fondamento della giustizia della sua opera. E poi ne intuisco l'ombra dietro la calma e il silenzio d'una corteccia, dietro quiete d'uno stendino afono. Il creato parla facendo silenzio noi ne neghiamo la bellezza  nel brusio di fondo dei nostri paradossi. Non so se lo credo, dicevo, ma piango la sua assenza assieme ad Amichai e so, come come il poeta dal volto di mappa antica, che mentre ripara il mondo Egli ride e canta, ignaro d'essere ascoltato da orecchie desiderose d'un ultimo abbraccio. Testo - inedito 2023 - e foto di Sergio Daniele Donati (1) ci si riferisce alla magnifica poesia  di Yehuda Amichai "Dio è coricato" che potrete leggere   Qui

Il quarto Alef-Bet - 13-14 Lamed/Mem e Mem/Nun

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C'è da spiegare che il piccolo - il cero e il cerino - illuminano di speranza il cammino più dei falò della Storia, e da evitare viscose esondazioni di scorie e detriti per condurre la nostra parte  bambina a comprendere il suo stesso ruolo nella trasmissione del Sacro. La parola che si corica al nostro fianco  e si fa memoria della nostra umanità apre la via al Giusto - apre la via del Giusto - e spalanca la porta al calzolaio che salva la speranza nell'Uomo prima di tornare senza sforzo alle sue tomaie e suole. Foto e testo - inedito 2023 - di Sergio Daniele Donati ©

Il quarto Alef-Bet - 12 Caf/Lamed

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Sai bene anche tu che il padre protegge pure sé stesso dal rischio di diventar Maestro. E sai quanto delicata sia la voce interiore che insegna i primi passi a un bambino; e sai che chi ne osserva gli inevitabili inciampi sorride, si china e spalanca le braccia, lasciando al Silenzio il messaggio più antico: "Vieni; tu ce la fai". Testo inedito 2023 e foto  di Sergio Daniele Donati ©  

Un "attimino"

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Pare che D.o, sollecitato dall'Uomo ansioso d'essere creato, si sia rivolto al fango  che teneva in mano dicendo "Un attimino , dammi tregua e arrivo subito anche da te" . Dicono i saggi che allora  furono creati l'Uomo, il Tempo e l'entropia della parola che ancor oggi incarcera per salto anche l'uomo - e la donna o chi gioca con la tua attesa. Foto e testo - inedito 2022 - di Sergio Daniele Donati ©

Il quarto Alef-Bet - 05 (Dalet/He)

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Sono cinque - e forse più - gli accessi del Sacro  al nostro Corpo e cinque i messaggeri alati della parola. Il primo dice dicendo , il secondo parla dal silenzio, il terzo giace  immobile nelle paludi fertili  del vuoto tra le lettere, il quarto veste l'abito d'un sovrano sdentato  e ride dell'inciampo e della balbuzie  d'ogni nostro dire. Del quinto non cercare il volto; abituati alla curva della sua schiena povera mentre mescola polveri e ingredienti e borbotta in lingua antica formule di ritorno alla terra rossa delle origini.  

Il quarto Alef-Bet - 04 (Ghimel/Dalet)

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Porta d'ebano e argilla. Trasuda tra le resine  l'arte sottile di saper ricevere in dono le tinte pastello d'una parola nuova; in un cuore antico. Fotografia e testo (inedito 2022 ) di Sergio Daniele Donati ©

Stanze della parola contratta

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Stento a dire mio quel tratto di penna. M'appartiene il polso -  e anche il fiato. Ma quel lemma scomposto - quel taglio beffardo sull'albume del foglio - che tacita ogni mio dire canta con voci straniere ai miei midolli semiti. Poi, lo sai,  finiamo coll'ospitare nelle rughe delle mani parole altrui - malsane - per non dirci capaci del volo che c'appartiene. Finiamo coll'opporre un silenzio di palude al sacro che abita le nostre pure intenzioni, perché incapaci d'una risata che sgretoli lo stigma sulla nostra pelle bambina. E ci incantano la notte voci sublimi di sonno - che il sogno poi nega - e la loro lettura  al mattino confonde; perché sotto all'omero candido del nostro oblio si nasconde un verso sovrano, una "voce di tenebra azzurra" ¹, un sospiro silvano, un tatuaggio sull'ebano d'un guerriero africano. Tu chiedi il gesto io oppongo il suono; non resta che un passaggio  stretto - alla parola - per divenire besciamella di significato