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Visualizzazione dei post con l'etichetta mamma

Papà e mamma

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Sergio Daniele Donati - Autoritratto © Sei andato via, papà, senza salutare, lasciando solo una scia di ricordo tra i miei passi zoppi. Mamma va ora via  goccia a goccia - la vedo rincorrere  un suo dire bambino - e non lasciano scie quelle sue parole delicate, dense di rimpianto, il mio. Perché su quella pietra,  papà, io mi fermo; senza fondare ecclesie,  mi siedo,  e finalmente piango. Scrivo sempre per mettere ordine,  papà; non ora.  Ora mi siedo; e piango.

Volevo soltanto

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All'infanzia di mamma Volevo solo ridarti il sorriso e ridurti lo strazio; per un istante esitante ti ho teso una mano forse troppo vissuta e piccola per contenere  - chissà cosa poi, se non le mie stesse lallazioni scomposte. Le intenzioni, quelle più pure, contengono il limite  di un'inconsapevolezza infantile, mamma.  E si torna bimbi  per strapparti un sorriso mentre ricordi un'infanzia in cui la fuga e il nascondiglio non erano per giocare a rimpiattino e la tana era un luogo oscuro da cui in troppi non sono mai tornati

Due poeti allo specchio della madre (Cristina Simoncini e Sergio Daniele Donati)

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Che fortezza era, che rivellino ci proteggeva all’ingresso. Da lassù torreggiava, Sua Giovinezza, dal crinale distingueva dentro e fuori, traguardava, collimava, moltiplicava mani e occhi, lanciava impaziente nugoli di note – sotto, ordinate, le nostre evoluzioni. Età dell’oro dei Sessanta, sul finire. Vivevamo un tempo celeste, inespugnato, senza rotta. Cristina Simoncini Le parole che ora ti s'incespicano nel palato, il tuo sorriso imbarazzato per non saper dire, come s'io avessi dimenticato le tue timidezze di allora - e le mie -e non dessi valore alla fragilità forte di chi mi ripete mille volte "ormai ho i capelli bianchi", sono doni per i miei occhi. Perché ogni volta che la mia balbuzie, il mio pianto soffocato per il tuo declino, diventa parola che sblocca le tue memorie, ogni volta che ci basta uno sguardo e un sorriso accennato, io so che nulla cambia e che la canizie di cui parli è la mia. Ci guardiamo così, due bimbi balbuzienti, sorret...

Piumami (es ist ein Traum)

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Ho sognato, mamma - ti prego tu ricorda il mio nome e questa parola che rimbalza-.  Nel sogno cantavo  dietro a lacrime attese, sotto a portici piovosi. Il pianto componeva in canto melodie divine. Là ho poi sognato  di sognare il tuo volto  velato da maschere distratte. A loro mi rivolgevo  mentre andavi lontano e chiedevo: "Piumami, piumami ancora".   Ecco la parola che rimbalza: piumami. E non si ferma il pianto.  Il canto sì; è tornato  come pioggia a terra  e tengo le labbra strette per non dimenticare che scossa dia il suono  d'un tessuto che strappa.

Mi chiedi di scrivere

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  Foto di Sergio Daniele Donati A mia madre Mi chiedi di scrivere perché mi ricordi bambino e sai che spezzavo punte di matita, calcando troppo sul foglio. Mi chiedi di scrivere e mi ricordi chino sul foglio la notte e chissà se ricordi la tua mano  sulla spalla; "Sergio è tardi". Mi chiedi di scrivere e io guardo il tuo volto e chissà se sai che il tuo sguardo evanescente spezza mine  di carbone nel mio  che si prepara al tuo Silenzio.

Tre poesie di Laura Landi

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Foto di Laura Landi Ai miei bimbi Tommy e Chico alle parole trovate tra i loro stupori Si apre il sipario si apre il sipario è di scena il primo pianto e il grande addio. Sento il volo   sento il volo del vostro cuore scolpire il tronco che cresce. Alla mia Mamy Ti trovo  ti trovo  nel profumo di viola  mentre copri gli spigoli  con gommapiuma e seta.  ti leggo,  nelle parole che mi dai  e che aprono il raggio  quando il vento soffia forte.  ti cerco,  nella spalla di verde  e giallo  all’angolo dei miei tredici anni.  ti penso,  fra monofore e bifore  quando i pomeriggi in francese  raccoglievano i nostri passi.  ti amo,  ogni giorno  tra pensieri e parole  annodate di filo d’oro  e perle preziose.  Poesie apparse in "Così io mi ascolto" - Guaraldi editore - 2000 Si pubblicano su concessione dell'autrice e dell'editore

Dalet

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  Johann Sebastian Bach  -   Piano Partita No. 2 In C Minor, BWV 826    (Esec. Martha Argerich ) Davanti a quella porta io mi chino. La scrittura si fa piccola, sempre più piccola; essenziale. Mi dicevi poeta da piccolo. Io, sognante, componevo frasi con le quattro parole che possedevo. “Il cielo, il mare e mamma e papà”, ricordi? Poi mescolai elementi e materie e tu mi dicesti scrittore. Fu un necessario strappo a costringere l'abbondanza dei simboli, ali di rondine per le mie intuizioni, in cassetti inaccessibili, anche a me. Anche a me. Rimanemmo in tre; e ora lentamente svanisci anche tu. Con passo fragile, insicuro, delicato e discreto svanisci. Ti fai piccola ai miei occhi che si chiudono per non vedere. E, mentre a stento varco quella porta, lenta appare in cielo, come scritta di fuoco grigio, la domanda: “Chi mai sosterrà le mie lettere ora, mamma? Chi mai?”.