L'altro lato della meditazione
Prima sono i simulacri del ricordo. Disorganizzati e cristallini, si manifestano come urla leggere di bambine, nei parchi giochi. Sembrano scatole color pastello con dentro gessetti in mille pezzi per scrivere numeri su cui saltare ilari su un asfalto asettico. Poi è il vento o l'acqua; e si tacita ogni memoria nel momento del ritorno al ventre di balena del respiro. Là chi medita muta colore dell'iride e l'ossidiana trascende in diaspro, la giada in granito; la pirite in oro. Il corpo manifesta l'ossimoro d'una tensione etica e rilassata sull'asse verticale della non comprensione. E, se c'è un canto, è simile a quello d'Odisseo prima di abbandonare Itaca non a quello della sirena. In meditazione si è a un passo dalla salvezza ma quel passo non si compie. Il giogo del qui e ora pesa sui nostri colli; e restiamo assenti alle radici, evanescenti al sorriso dei nostri stessi figli. Siamo schiavi d'un dire ebete che non accetta il disequilibrio fer