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Visualizzazione dei post con l'etichetta mito

Eco e Narciso

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Eco e Narciso di John William Waterhouse (1903) Rifiutare il bisbiglio di labbra d'Oreade uccise il tuo amore, Narciso. Non fu immagine - la tua nella pozza - a trascinarti nell'abisso né la mancata corresponsione della purezza di un sentimento. Fu mancato ascolto di parole diafane,  pronunciate da bocche di sogno nella balbuzie. Nulla ci appartiene e ogni dono - un cuore di ninfa - è sacro,  anche se rifiutato.   Dicono tu sia morto assorbito  dal tuo stesso volto. Io non lo credo. Ti ha ucciso il suono del tuo nome ripetuto tre volte, nel vento. Ripetere tre volte il nome di chi ti rifiuta uccide l'amore, Eco.   La prima è tremula speranza, la seconda è rabbia cieca, la terza è Thanatos  nel cuore di entrambi. Non fu la maledizione  di Era a ucciderti, né i giochi bambini di Zeus. Ti tolse il soffio la tua incapacità  di non dire più. Due volte si chiama l'amore, Eco, solo due. La terza chiamata è sempre la Morte. Amore non muore  se non corrisposto Amore muore se si

La domanda al Minotauro

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  Foto di Noelle Oswald Incontrai il Minotauro allora,  tra fuliggini di pensiero e stralci di memoria. Senza via di fuga  nei tranelli della compassione incontrai allora il Minotauro. In assenza di timore allora incontrai il Minotauro. E posava triste sulle mie ali il suo sguardo bovino, incapace di un verbo scarlatto di liberazione. Incontrai allora il Minotauro e con gesto della mano  gli chiesi  il perchè della Luna. Un muggito di solitudine frantumò i mattoni del labirinto. Fu allora libero, il Minotauro, di bestemmiare, contro un cielo tiranno,  il suo ultimo respiro. _____ Video lettura di Lorenzo Pieri ______ Testo - inedito 2024 -  di Sergio Daniele Donati

Odisseo e la fune

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Che dire del vento che offusca le direzioni, o della bonaccia che lancia alta  l'angoscia d'un ritorno non più immaginabile? Se mi trovi legato  all'albero maestro non è per il canto delle sirene - è solletico alle mie orecchie il loro fingere il bello  in un giallo sorriso sdentato. Ho bisogno invece  di funi robuste che mi seghino le caviglie e di ritrovare nella caduta di gocce di sangue sul ponte il senso profondo d'una direzione perduta. Foto e testo - inedito 2022 di Sergio Daniele Donati ©

La leva d'Atlante

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Mente il mito. È senza sforzo la leva d'Atlante sul mondo, la piaga d'ortica sulla pelle di Giobbe, il chiodo sul palmo dell'ebreo crocifisso dall'illusione del nuovo. Avviene senza sforzo e di questa leggerezza si ride come ride e s'incanta il monte per il candore della valanga. In foto Giobbe di Marc Chagall (particolare) - dal web  Testo inedito (2022) di Sergio Daniele Donati ©  

( Redazione ) - Breve nota di lettura sulla silloge "Fra l'Olimpo e il Sud” di Doris Bellomusto (Poetica Edizioni, 2021)

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  Che il Mito, specie quello greco, sia talmente radicato nella nostra forma mentis è frase talmente ripetuta da perdere per i più il suo significato profondo.  E, d'altronde, siamo tutti così spesso intrisi di una idea fittizia di modernità che del nostro rapporto con il Mito ne facciamo locuzioni che nient'altro dimostrano che la nostra lontananza da una radice fondamentale del pensiero occidentale.  Il Mito viene in altre parole riletto in chiave moderna, o (odioso termine) rivisitato, come si visitano le vestigia di ciò non è più. Doris Bellomusto, autrice della silloge "Fra L'Olimpo è il Sud" (Poetica edizioni, 2021)  ci indica nel rapporto col Mito, un viaggio contrario, possibile e più autentico.  Quello di un Mito che non viene solo rivisitato ma di cui ci si riappropria completamente, verificandone poi i richiami e le pulsazioni nel nostro vivere moderno e quotidiano.  L'autrice riesce a svelare, in altre parole, quanto il Mito sia l'ossatura anco

Due poeti allo specchio (Agnese Coppola e Sergio Daniele Donati)

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Ho immaginato con te la danza verso un nostro comune Mito; là avremmo potuto davvero ascoltare il rapsodo o parlare di Proserpina,  o d'un vello d’oro. Ho anche pensato di trascinarti ridendo nei deserti dei miei padri ad ascoltare la lira d’un re ancora bambino e vederlo poi scagliare pietre sulla fronte del gigante. Ma poi mi sono ricordato che ci zittisce entrambi la stasi d’uno stendino e che non c’è fil di lino più tenace, tra scritture diverse, dei tratti incerti della quiete. Allora perdonami, Agnese, se con te scelgo di condividere un dialogo fatto d’un esitante e sottile silenzio, e se, per te, immergo le mie mani vissute nella sorgente silenziosa d'ogni parola. (Sergio Daniele Donati - Inedito 2022) Lascio il mito al labirinto del Minotauro e al filo teso di Arianna tra storia e amore. Mi sono incatenata alla rupe la poesia è un ' aquila che divora, nella notte cemento di silenzi mi sazia la sete di Alejandra. È lì che il silenzio ingravida occhi di ve

Sottopelle (Stanze)

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1 L'Antico attraversa sottopelle la coscienza, nella parola; e solletica senza sosta sia la memoria che l'oblio. Così il Mito; tace all'uomo  la presenza di Medea e sussurra l'urlo d'Edipo ai figli del pensiero. 2 Eppure c'è chi intona un canto le sere d'estate e pronuncia nomi di rugiada a cortecce e resine, sotto i pini. Là risiede la brezza che risveglia, e la nenia che procede alla conta di sogni e lumi. 3 Tu non chieder senso alle parole dell'Aedo - né armonia alle scale delle cetre del Rapsodo. Lascia, invece, che termini  quest'anno di pece perché stavolta sia data  possibilità di ritorno  dall'Ade, a Orfeo  e Euridice. 4 Il Mito e l'Antico fanno l'amore le sere d'inverno  sotto il pino, e irrorano, tra sudori e profumi di ginepro,  i muschi della speranza che il poeta riconosce nella domanda celata d'uno sguardo bambino.

Icaro

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Henri Matisse -  Il volo di Icaro Non fu il volo, né le cere, né il mostro taurino, né il sole a gettarti a terra, Icaro. Furono i labirinti di tuo padre a lasciarti solo, là, in alto. Altri padri, Icaro, incapaci di creare il mito, divengono pomate per le ustioni dei figli, e proiettano ombre dall'alto sui loro giovani corpi perché non si sciolgano le cere. Altri padri, Icaro, posano sguardi nostalgici sui sogni dei figli e insegnano loro che la spezia del rimpianto (quanto basta) e l'assenza di vertigine sono l'essenza della pietanza, del volo a mezz'aria, che porta lontano. Altri padri, Icaro, non entrano nel mito e rinunciano a un nome sussurrato nei millenni e a vertigini a spirale, perché non sia il figlio vittima sulla croce d'un delirio che chiede un sacrificio salato al dio-mare dei sogni.

Ciclope

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Il Ciclope - Odilon Redon Non è l'occhio solitario né il parlare lento o le paterne tempeste a far tremare del Ciclope Sgomenta invece la sua incapacità di ridere dei giochi della parola.

Nel mito

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Foto di Sergio Daniele Donati Immergiamo nel mito,  a volte,  mani bambine. Cerchiamo  nelle marmellate  dei significati  mieli per le nostre  labbra.  Suoni mai sentiti  parlano alle nostre  orecchie pallide.  Ci meraviglia  lo spettacolo  dell'antico tempio  rinnovato nel sole,  tiepido.  Il luogo dal quale  non proveniamo  si copre dei nostri  passi di ritorno.  I muschi di Pan  odorano di metriche giambiche  e sogni fecondi.  Immergiamo nel mito,  a volte,  dita bambine.  Ci culla il canto  dell'aedo  e la lira d'ambra  del rapsodo  canta con voce di donna  ai nostri capelli d'argento.