La parete
"Statica" di Sergio Daniele Donati "Ci vuole uno sguardo mobile", dicevi, "e attento, per cogliere in una parete una possibilità di salita". "Prima che la mano appoggi alla dura roccia, lo sguardo ne spazza via le polveri e crea nei tendini il fremito alla scalata". Io non capivo; le mie radici affondano in pianure e nebbie autunnali e so distinguere il movimento d'un airone prima che si manifesti, così, da una impercettibile fibrillazione dell'aria. La montagna allora non era il mio elemento. Non ancora. La montagna richiede lo sguardo di falco o, se sei dominatore, d'aquila. Io avevo -e ho ancora- uno sguardo che sfoca i contorni; non spazza polveri ma le ingloba in materiali indistinti. Mi muovevo bene -ed è così ancor ora- in boschi fitti, capace di giungerti alle spalle, come un gufo, senza fare rumore. E so bene che ciò avviene perché in me vive una legge antica. Io non ti vedo e tu non vedi me. Ma ti percepisco