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Lettera aperta di Sergio Daniele Donati a Danila di Croce (a proposito della raccolta "Ciò che vedo è luce" - pequod ed., 2023)

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  Mette rami più degli alti alberi  quel seme. E la forza  di quel seme ora è nel volo degli uccelli che lassù fanno il loro nido. dici tu, e io, abituato a sporcarmi le mani con l'humus nero della parola, non posso non pensare che la forza del seme — di ogni seme — è nella sua morte, nel suo sapersi annullare, perdere essenza per divenire altro da sé: germoglio, pianta, luogo di nidificazione e riposo per gli uccelli dell'interpretazione.  Ogni nostra parola dice — banale a dirsi — e, dicendo, si annulla, abbandona sé stessa e la culla del non detto da cui giunge, per permettere un volo sacro: quello dell'interpretazione, di un ermeneutica che è sempre altro da ciò che è stato detto.  Ecco la luce della tua raccolta, Danila, e — permettimi di dirtelo — anche la sua fertile penombra.  Perchè tu scrivi senza contorni, eppure in questo tuo approccio ai sacri pennini sembri non dimenticare mai il limite creativo del foglio.  Che occhi ha quell'ombra che mi gira attorno e

(Redazione) - Lettera aperta di Sergio Daniele Donati a Raffaela Fazio: su «Parlerò io - Il canto di Giobbe» di Raffaela Fazio Tratto da Midbar (Raffaelli ed., 2019)

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  E quel tuo imperativo iniziale , quel tuo ricordati, quel tuo ebraico  זכור (traslitt. " zahor"), richiamo alla memoria, è canto antico , sai? Ché l'uomo nasce nell'oblio e all'oblio aspira e la memoria è, appunto, monito, impegno e fatica: nulla di meno naturale: Nous sommes nés pour effacer les traces  de la mémoire sous la neige de l'oubli. Juste une voix lointaine, c'est ça le passé; juste une lueur dans la nuit; c'est ça le parfum âcre de notre avenir. Io non so dirti il perchè di queste mia parole in francese, né la ragione delle lacrime che la lettura del tuo testo mi ha dato, ma so che tu ricordi e, senza saperlo,  fai tue le memorie del deserto che mi ha formato.  In quel מִדבָּר (traslitt. "midbar), fucina di ogni parola, di ogni elevazione e di ogni trasformazione, io mi spezzai le ossa per poter rinascere, servo felice della stessa parola.  Fu in quel deserto di sogno che sentii il  canto della Moabita farsi strada nei miei midolli

(Redazione) - Non alla poesia, non al poeta...alla «parola» - lettera aperta a Mirea Borgia a proposito della raccolta "Ismi" (Il Convivio ed., 2024) - una "non-nota di lettura" di Sergio Daniele Donati

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  Non alla poesia, non al poeta...alla «Parola». Questo volevo dirti, Mirea, dopo aver letto la tua raccolta " Ismi " (Il Convivio ed., 2024).  Ché forse siamo tutti presi da un imperativo tiranno che ci porta a cercare di definire il piccolo di fronte all'eterno  —  o all'abisso  —  che si dipana davanti ai nostri occhi. Umano, teneramente troppo umano, ridurre il reale ai limiti della nostra retina, Mirea.  Ma, leggendoti e soffermandomi sulle nenie senza tempo che proponi al lettore, io l'ho sentito quel richiamo. Ed era sottile e tenue, celato nelle tue ripetizioni, nell'ossessione di un avvilupparsi di lemmi alla ricerca di significanti: la Parola, prima della poesia, infinitamente prima del poeta. Hai ridato valore e spiegazione allo stento di una parola che sorge da lande melmose per divenire scia celeste, come sempre avviene; non senza fatica, non senza affanno. «La parola così poco umana da divenire Umanità» — questo pensavo leggendoti, ché in questa

A proposito della raccolta di Enzo Cannizzo "Il cielo pende dai lampioni" (Algra Editore ,2020) - "non nota di lettura" di Sergio Daniele Donati

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  Dice il poeta  Enzo Cannizzo  (1) 2 ottobre ci prende per mano tra i bagliori dei parabrezza e lo schianto dolcissimo di un altro mattino piove in piazza roma una ragazza si stringe al dizionario e a me pare che in quest'assenza d'interpunzione prenda vita l'eterno gioco, quel nostro vivere il reale come una sequenza senza fine di immagini a cui, alle volte, non siamo in grado di dare che una descrizione minima, fugace. Perchè nel dire senz'altro aggiungere brilla sempre un significato ulteriore e, se volete, un gesto che ridona libertà - quindi è gesto di liberazione - il lettore dalle sue stesse catene.  C'è, in altre parole, nel dire senza attribuire che scarsi e incisivi aggettivi alle proprie parole, un'elevazione etica che lascia all'interprete il commento.  E questo ci fa stringere, come la ragazza sotto la pioggia, alle parole, alla loro potenza liberatoria, soprattutto se le stesse ci vengono donate come una essenza in sé.  E aggiunge il poeta: 13

Cinque poesie inedite di Marco Giovanni Maggi - con non-nota di lettura di Sergio Daniele Donati

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  È il gioco eterno del simbolo: ci solletica e lancia lontano e, poi, tenendoci legati col filo di lino sottile del significato ci riporta indietro, a velocità decuplicata, verso il nostro stesso centro.  È il gioco eterno del simbolo: tira i dadi della conoscenza sul tappeto verde di una roulette bislacca. Un gioco a cui partecipano sempre almeno tre protagonisti.  La cosa significante, la cosa significata e un soggetto a cui tutto ritorna.  È il gioco eterno del linguaggio: un prato fiorito in cui le metafore si rincorrono imponendoci un moto senza fine verso l'altro da noi, in cui la similitudine impedisce la gabbia della solitudine, del solipsismo; e si intona un canto, a volte stonato ma sempre eticamente fondante; un augurio di non fermare mai la montagna russa, il dipinto puntinista del senso della parola. Le poesie di Marco Giovanni Maggi che oggi proponiamo questo gioco lo conoscono in profondità e lasciano stupito il lettore nel loro donare un movimento che strappa da sé

(Redazione) - Una "folle non-nota di lettura" di Sergio Daniele Donati a proposito della raccolta di Patrizia Sardisco "Nuàra" (Il Convivio ed., 2021)

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Mi capita spesso di leggere testi e libri in lingue da me sconosciute e di trovare tra le righe richiami a sonorità a me familiari perché figlie di quella culla della parola che chiamiamo Mediterraneo .  Sono intuizioni sperse e sfuse le mie, suoni che mi conducono nel reame dei false friends che -lo sapete bene - per me rappresenta un vero e proprio laboratorio linguistico dell'immaginario a cui, fuori da ogni disquisizione etimologica, che pure non ignoro, do sempre un grande peso.  Certo ho poi bisogno della traduzione perché di quel gioco, ad esempio tra ebraico e lingua siciliana, resti solo una traccia evanescente che il significante nega quasi sempre ma che dona alla lettura delle vere e proprie nuances preziose.  In altre parole e so che può apparire folle, poco mi importa se una parola in lingua sconosciuta richiama il suono di altra che nulla ha a che vedere con le precedente come estensione semantica. Mi basta che il richiamo sia avvenuto e, forse goffamente, come di tac

(Redazione) - A proposito de "Gli spostamenti del desiderio" di Raffaela Fazio (Moretti & VItali ed., 2023) - Una lettera aperta all'autrice di Sergio Daniele Donati

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Scrivere note di lettura, e ancor più recensioni, presuppone - almeno così dicono - una sorta di distacco dello scrivente dall'opera, un porsi prima, dopo o, comunque altrove, rispetto al testo.  Sarebbe questa una necessità, si dice, per poter arrivare a quel minus di capacità critica che permetta un dire sulla parola altrui.  Ma l'estensore di una nota é in primis un lettore e, come nel caso di specie, un pluririlettore dell'opera e alcuni tipi di lettura, credetemi, sembrano andare in direzione opposta e contraria a quella del distacco.  Per questo motivo ciò che dirò e scriverò a proposito di " Gli spostamenti del desiderio " di Raffaela Fazio (Moretti e VItali ed., 2023) non potrà che essere letto come una sorta di lettera aperta all'autrice , alla poeta che ha illuminato, con la sua scrittura, passaggi che riguardano anche, e forse soprattutto, il mio percorso nella e con la parola.  Opera estremamente dinamica quella di Raffaela Fazio , già dal suo tit