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Visualizzazione dei post con l'etichetta poesia italiana

Dialoghi con l'assenza

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Immagine tratta dal film di Akira Kurosawa I sette samurai No, non farlo quel conto, non fare diventare  le tue assenze numeri. Coprile di silenzio piuttosto e trema, ché il D.o dell'assenza,  se chiama con voce roca, non lascia possibilità d'appello. E tu hai gli occhi da gufo, incapaci di mentire o di coprire d'oro  la melma delle tue voragini. Se invece chiama  con voce di miele scappa, fuggi  dal campo dello sterminio. ______ Testo - inedito 2024 - di Sergio Daniele Donati  

L'adolescente che porto dentro

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  L'adolescente ricciolone che porto dentro - un tipo burlone,  un po' sognatore e a volte rissoso - mi parla mentre inciampo  per strada e ride  di quella buffa  continuazione di sé che porta il suo nome e il suo sguardo astigmatico sul mondo.  Ma io da terra lo chiamo e gli mostro il suo ritratto di spalle in una pozzanghera. Allora non ride più, perché l'adolescente  che porto dentro è timido e mai  avrebbe voluto lasciar  traccia nel mondo. _________ Foto e testo - inedito 2024 - di Sergio Daniele Donati 

Il fuoco blu

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C'è un fuoco blu dietro la retina, una fiamma mai spenta sostenuta dalla delicatezza di un silenzio di giada. Quello è il luogo ove la notte mi nascondo a forgiare la lama di una spada il cui nome è ancora da venire ma di cui conosco il taglio. Un colpo, un colpo solo, e poi la solitudine nel vento . _____ Testo e foto di Sergio Daniele Donati 

Ho sognato stanotte - Cette nuit j'ai rêvé

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  Vagavo come rabdomante il legno biforcuto in mano alla ricerca di sorgenti liquide e appigli sensoriali, scudi contro i segni della non (r)esistenza. Camminavo,  certo del mio passo, in una nebbia color fuoco e la montagna di lontano - sfocata nei contorni - pareva uscire da una pittura zen. Sul ramo basso  la salamandra mi osservava attenta e così io, in attesa di una sua parola. " Ràdicati ", diceva. " Qui ?", chiedevo. " No, fuori dal sogno e prima della veglia. Là, nel tempo-luogo della transizione, ràdicati,  prima che lui venga ". Lasciavo cadere il ramo  a terra e mi spalmavo  terra e fango sul volto. Poi prendevo la postura dell' assente a sé stesso - il mio corpo di cristallo di rocca, lo sguardo nel chissà dove. Aprivo gli occhi e, nel dormiveglia, nessuna traccia della sua venuta. Solo un dolore lancinante alla coscia destra  e lo sguardo di fiamma - blu - puntato dritto  sul chissà quando. _____ Je vagabondais comme un radiesthésiste le b

L'addio (Oblivion)

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  La nota che tiene in equilibrio la fragilità del mondo vibra nascosta sottopelle  e chi ama - non ricambiato -  l'ascolta come un presagio. Se poi la morte ha posato il suo dito di fango nelle argille sacre di un amore bisogna saper recitare formule  per farsi argine alla follia. C'è tanto di più, e tu lo sai, da tener vivo in un abbandono, in un lutto, che in un semplice sì.   Per questo non danzo più; è ora che io vada e posi il mio sguardo su un atto di resa  che da troppo tempo mi attende paziente.   Finisce qui la danza,  ma non finisci tu, nè io; restiamo qui, assieme in silenzio  a lasciare che il mare diluisca nelle sue schiume la tirannia di un'armonia spezzata da un grido improvviso. Video lettura di Sergio Carlacchiani          

Da "Midbar" (di Raffaela Fazio - Raffaelli Editore, 2019) - 06 - Giona

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      GIONA di Raffaela Fazio Tratto da “Midbar”  (Raffaelli Editore, 2019) L’onda cerca una breccia assale il fasciame. Il cielo abbraccia il mare e il tempo si rovescia. Non hai trovato scampo nella stiva nel sonno solitario che sconfessò la prova. Ora ti credi in una morte più sicura. Non accetti ch’io perdoni il tuo nemico e che t’inviti a un altro inizio, un rinnovo di creazione. Ti muovi appena. Ma io ti vedo anche nel buio, anche nel ventre (la balena è il lutto necessario prima del parto): io vedo quello che ancora non sei il ramoscello che il tuo nome porta dall’ulivo fatto di luce. E ti aspetto sulla riva. Ti aspetto dentro la tua voce.     _________ Nota dell’autrice Giona è il profeta ribelle che rifiuta inizialmente la propria missione, ma è anche l’archetipo della rinascita, del passaggio dalla morte (la morte del sé attanagliato dall’egoismo e dalla paura) alla vita, attraverso la ricucitura del rapporto con il mondo, con il prossimo, co

Sergio

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  Senza di me mi perdo - finalmente - tra gli spazi vuoti del mio nome. Nella biografia posticcia che altri hanno scritto per me c'è più verità che in quel suono  che inizia con suono di serpe e finisce con io . Sergio esiste grazie alla cura con cui altri riempiono gli spazi vuoti tra le lettere del mio nome. ____ Testo - inedito 2024 -  di Sergio Daniele Donati 

Un ricordo struggente

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  Dentro la scatola di legno il giorno in cui se ne andò  trovai un foglietto  di qualche anno prima, una chiave di rame e una penna stilografica di poco valore. "Non so dire a mio figlio le frasi che mio padre non ha avuto il tempo  di dirmi", diceva . La storia si ripete,  papà, si ripete. ______ Fur Alina di Arvo Part

Desistenza angelica

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  Dedicata al poeta Alfredo Rienzi     _____ Divenire vago ricordo ridurre la parola ad alito                                                        diluita percezione                        senza intezione.   Cuore che batte ritmi d'assenza           Rinunciare all'ansia           di riempire del proprio nome         le apnee degli altrui respiri                  Una desistenza angelica         capace di accogliere          ogni eppure ogni nonostante         sul palmo della mano   Il mare ride delle mie maree e si spaura del mio sguardo senza iride  posato sul silenzio.  __________ "Da Pacem" di Arvo Part

E io amo - una meditazione

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Immagine tratta da "I sette samurai" di Akira Kurosawa  Sguardi fissi sul silenzio, sulla forma del vuoto; impedire alla parola di annegare nel soliloquio. Il fischio della poiana in alto, la mano prima chiusa a pugno s'apre all'infinita clemenza del prossimo respiro. E io amo.

Ho scritto

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  Ho scritto  parole di pietra per intenerire  il cuore di corteccia del mio silenzio e ho taciuto  parole d'unione perché fosse il cielo a indicarmi la via. La salita è sempre solitaria e la parete non è adatta al canto del profeta. Solo un passo zoppo e poco discreto  porta all'ascolto della voce nel tronco cavo del sogno. כָּתַבְתִּי דִּבְרֵי אֶבֶן כְּדֵי לְרַכֵּךְ אֶת לֵב קְלִפָּה שֶׁל הַדְּמָמָה שֶׁלִּי וְשָׁתַקְתִּי דִּבְרֵי אִחוּד כִּי הָיָה זֶה הַשָּׁמַיִם שֶׁיַּצְבִּיעוּ לִי עַל הַדֶּרֶךְ הַעֲלִיָּה תָּמִיד בּוֹדְדָה וְהַכִּיר אֵינוֹ מַתְאִים לְשִׁירַת הַנָּבִיא     רַק צַעַד כוֹשֵׁל וְקָצָת בּוֹלֵט מֵבִיא לְהַאֲזָנָה לַקוֹל בְּגֶזַע הַחָלוּל שֶׁל הַחֲלוֹם J'ai écrit  des mots de pierre   pour attendrir   le cœur d'écorce   de mon silence   et j'ai tu   des mots d'union   pour que ce soit le ciel   à me montrer le chemin.   L'ascension est toujours solitaire   et la paroi n'est pas adaptée   au chant du prophète.   Seulement un pas boiteux   et

Sono stanco (Oblivion)

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  Sono stanco e questa musica tiranna e malvagia m'obbliga a un passo senza fine e trascura  il mio occhio spento sulle sabbie del ricordo.  E tu, che hai dimenticato il mio sorriso sdentato e il mio sguardo bambino per una breve mia assenza,  danzi e ridi, dandoti la regola di una gaiezza che è finzione - un poster corroso dalle nebbie di Milano su un muro  che perde calcinacci  su calcinacci. Era il muro dei nosti baci, - ricordi? -  e sosteneva a malapena la potenza del nostro amore, felice di cedere tenuta all'avanzata del vero nei nosti corpi.  Ma no; tu non ricordi, e non sai più il mio nome Lo riempi di aggettivi  monchi, come si fa con chi è ormai nell'oblio  e, senza peso,  vaga come suono evanescente nella timeline delle tue conquiste. Eppure ho danzato  tutto questo tempo solo e sono stanco di mantenere viva  la memoria del peso  e degli addii.   Da solo ho danzato - a spirale ho danzato - verso il mio centro vuoto e non ho più ricordo del timbro della tua voce d

Une branche d'olivier cassée - Il ramo d'ulivo spezzato

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      Une branche s'est cassée,   sous le poids inhumain de l'abandon,  à l'olivier que je considérais sacré.   Dans la chambre azur les murs   pleurent des larmes de saphir   et les objets, auparavant animés   par la fureur sacrée de l'existence,   se taisent en prière muette.   Ils me demandent de changer   les pions sur l'échiquier   comme si je pouvais d'un seul geste   renverser les géométries de l'amour,   de l'absence de soi-même et du retour,   comme si j'avais la maîtrise   des règles cachées qui gouvernent   les sauts quantiques.   " Je ne peux pas " - je leur dis -   " ce n'est pas mon rôle   et je ne connais pas de stratégies ".   Je suis gouverné certes par une éthique   qui parfois élève, parfois écrase,   mais ce n'est pas moi qui ai inventé   le jeu malsain des mots   qui cachent leurs signes   et des silences qui disent en se taisant.   En bon maçon, je connais les outils   et les techniques de réparation,

(Redazione) - A proposito di "Samâ" di Maristella Tagliaferro - con nota di Sergio Daniele Donati

    Lieti di pubblicare la poesia " Samâ" di Maristella Tagliaferro nella quale ritroviamo tutti i semi di una danza sacra che ha millenni di storia.  La poeta riece a trasmettere appieno il senso corporeo e spirituale di una elevazione attraverso una composizione in cui gli accapo serrati hanno una evidente funzione di sospensione continua, di un movimento a spirale in cui, in ogni istante si resta ancorati a terra e, allo stesso tempo, attratti dal cielo.    Difficile e ben riuscito esercizio quello di Maristella Tagliaferro di tradurre in parola ciò che appartiene al dominio del corpo in movimento, alla ricerca di un sè profondo.  Difficile perchè l'eterno ritorno verso al centro di un movimento a spirale é cosa ardua a rendere in poesia , e, allo stesso tempo, perchè saper trasmettere col verbo poetico le sensazioni che una partica che ha origine in un oriente prossimo, ma non molto battuto, neccessita di una maestria e di una pratica nella danza stessa che, evident