Lo storpio
Sono incerti e straziati, eppur sereni, i passi di quell'uomo. Un camminare lento, tenace, testardo - forse un po' ebete - nonostante gli inciampi. E mi chiedo cosa porti un uomo a non cedere alla debolezza delle ossa, del corpo. A fermarsi finalmente sulla via e chiudere gli occhi e tacere. Lo vedo avanzare, inesorabile, strascicando i piedi, quasi a urlare: io vivo e cammino. E a quel suo passo disarticolato - quasi inumano - la gente lascia spazio. Esiste un'empatia immediata verso le fatiche dell'uomo. Esiste eccome, anche quando vogliamo dipingere l'umanità come un ammasso di egoismi senza fondo. Di fronte al movimento da marionetta, da spettacolo dei pupi, di quello storpio, la gente si sposta, silenziosa. Nessuno ne intralcia la via. “Lasciatelo passare”, sembrano dire. E lui passa, tenace, testardo - forse un po' ebete – nonostante i limiti fin troppo evidenti del suo corpo. La gente lo lascia passare e poi si volta, come ad assicura