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Pesce pagliaccio

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Non so nuotare se non nei cieli dei miei sogni, né so galleggiare meglio del palombaro. Eppure d'ogni cosa percepisco la fine e il cominciamento mentre sussurro lento  cantilene ai distratti pesci dell'oceano dell'oblio; così perché non le intendano che come lievi carezze d'anemoni. Già, io sono un pesce pagliaccio - anzi istrione - non dar retta, tu che leggi, ai miei boccheggi. Il mare, sì il mare,  porta ben altri messaggi  ad un orecchio attento. Ascolta il canto della balena e il fruscio dell'alga e rifiuta - sì, rifiuta - la parola d'acqua  d'un pesce clown. Foto e testo (inedito 2022) di Sergio Daniele Donati

Dialoghi poetici coi Maestri - 42. Giorgio Caproni

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L’occasione L’occasione era bella. Volli sperare anch’io. Puntai in alto. Una stella o l’occhio (il gelo) di Dio? (Giorgio Caproni - tratta da Il franco cacciatore, Garzanti, 1982) Vita Ebraica A me gela il ghiacciolo caduto a terra, o delle stelle percepire l'afasia nel tempo. Non venero gli astri se non nella loro caduta come teste e cocci degli idoli di Terach. (1) Il mio Dio si cela al mio sguardo dalla notte dei tempi. M'ha donato però grandi orecchie, per intuirne la voce di silenzio nelle pause dei mono-toni dell'assiolo, o nell'istante fugace che separa con un sorriso il sogno  dalla veglia. Non ho occasioni da cogliere, Giorgio - il tempo traccia linee e cerchi e spirali, inesorabile, senza chiedere permesso - mia è solo la scelta di affidarmi  a un udito antico  e non all'astigmatismo del mio sguardo.   (Sergio Daniele Donati - inedito 2022) ___ (1) - Padre di Abramo e costruttore di idoli per i culti dell'epoca. La loro distruzione da part

Tre poesie di Barbara Rabita

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  Agglomerati come siamo noi nel sonno sospesi solo sfere di illusioni morbide e ruvide al contempo riaccendiamo confini invisibili abbiamo bisogno di limiti navighiamo su foglie come siamo noi disgregati. ____ Indian summer Su questo terreno arso il debbio rilascia fumo intenso e ricordi incenerisce l'immagine della vergine innocente sotto fremono lapilli di vita da erodere. La quinta stagione sgocciola le ansie inizia un nuovo anno di torve inquietudini. Spero, m'insinuo tra i meccanismi degli inganni lubrifico lo sterzo per virare verso nord faccio strame di neve sporco bianchi sudari. ____ S'informano I gentili incroci che il loro destino da ora in avanti sarà parallelo e ai preamboli ci sarà obbligo di consunzione. NOTE BIOBIBLIOGRAFICHE Barbara Rabita coltiva da sempre una passione per le lingue straniere: prima di laurearsi ha trascorso un anno all'estero per apprendere la lingua tedesca; dopo la laurea e un lungo periodo di lavoro in azienda, ha deciso di dedic

Dialoghi poetici coi Maestri - 41. Sandro Penna

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Era l’alba sugli umidi colli  e la luna danzava ancora assorta colle lepri del sogno. La lattaia discendeva il suo colle. Ognuno amava  la propria casa come una scoperta. (Sandro Penna) Là volsi lo sguardo a un futuro incerto; si crepò come foglia il sogno - stille di sangue verde  dalle sue vene - e iniziò allora il mio canto. (Sergio Daniele Donati - inedito 2022)

Stanze della Pietra di Annalisa Mercurio

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Immagine di Annalisa Mercurio Parlerò di pietre prone d’altre supine, e di passi incuranti che ne calpestano schiene e volti. Immagine di Annalisa Mercurio Di fughe sghembe – loro, nostre – che attendono un tocco di labbra all’ombra di bestiari e florilegi Immagine di Annalisa Mercurio Carezzo crepe di pietre. Fossero rughe – tue – ti proietterei al tocco in spicchi di cielo tra rosoni scolpiti nelle iridi – mie –aprendoti la visuale sull’eterna pazienza dei leoni al portale. Immagine da web D’umili chianche conserviamo petali odorosi di terra e ferri corrosi da silenzi animali Immagine di Annalisa Mercurio Fossimo noi, pietra, saremmo in attesa di cambi di luna dove tutto il cielo scorre tra rapaci, e rassegnati demoni. Foto di Bressaï (Gyula Halász) Testo di Annalisa Mercurio Inedito 2022  

Un dire monco

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Io non so più dire della potenza del lampo, del bruciore della ferita, del clangore delle spade; né so più parlare di firmamenti e acque o grandi luminari. La mia parola è da tempo incatenata a un rivolo sotterraneo che m'abbassa lo sguardo  alla ricerca della deflagrazione del passo della formica, delle ginocchia sbucciate d'un bimbo, della fatica che la natura tace a sé stessa per perpetuare la propria esistenza. Mi chiedi perché non parli mai d'amore e non ascolti la mia voce balbuziente, né guardi il palmo delle mie mani sporche di terra. Là risiede quella parola di cinque lettere; tra i calli d'una mano diventata vecchia, ancora bambina. Sergio Daniele Donati - inedito 2022 Foto dello stesso autore

(Redazione) - Lo spazio vuoto tra le lettere - 09 - una lettura "ebraica" della Silloge "Altri universi imprevisti" di Donato Nitti (Gazebo ed)

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di Sergio Daniele  Donati Uno dei piaceri più grandi della lettura consiste, a mio avviso, nel saper planare sulle parole senza lasciarsi condizionare, prima facie, da ciò che so, o fingo di sapere sull'autore. Parlo sopra di finzione perché la pseudo-conoscenza dell' altro da noi  è un materiale strano, poco plasmabile ed a volte può divenire un impedimento alla reale comprensione delle cose. D'altronde il riferimento anche biblico è chiaro. Prima del primo atto creativo, si legge in Genesi,  un vento divino planava sulla faccia delle acque.  Sono molteplici le interpretazioni, anche mistiche, di questo preambolo alla creazione ma a me piace pensare che, tra i milioni di spiegazioni possibili ci sia anche quella che riguarda la necessità della assenza di preconoscenza della cose.  Una sorta di planare lento e inconsapevole sulle cose, un abbandonarsi al loro profumo, così come il corpo e il movimento sopra e dentro di esse ce le fa percepire, è il necessario carburante del

Odisseo

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Non posare la tua mano  sulla mia spalla. Io sono un vento che porta via; sono il buco nel secchio che raccoglie i tuoi sospiri. Non posare la tua mano sulla mia spalla; ho lo sguardo fisso sulla battaglia persa della memoria; io sono il vento che mi porta via  e mi canta, con voce di sirena,  l'illusione del ritorno. Non posare la tua mano  sulla mia spalla; completa la tua tela di ragno, tacita il richiamo a tornare dall'abisso - il tuo abisso e chiudi le tue orecchie al sussurro dell'inganno che ti dice - che mi dice - impossibile a morire. Sergio Daniele Donati - inedito 2022

(Redazione) - Inediti di Lara Pagani (a cura e con note introduttive di Paola Deplano)

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Ecco la scrittura, la poesia di Lara Pagani: semplice, senza essere piatta; complessa, senza essere astrusa; originale, senza la ricerca dell’effetto a tutti i costi; femminile, senza perdere di vista ciò che accomuna gli esseri umani. (Paola Deplano) ______ Réglisse Al mondo esistono diverse maniere di mangiare le dolci rotelle nere, di quelle alla chimica liquirizia: c'è chi le addenta, chi le spezza, chi le allunga a non finire più. C'è poi chi le divora in fretta, per correre con la mano giù a cercare quella dopo (se è rimasta), e il piacere dell'istante se lo guasta frugando al fondo del sacchetto. Poi ci sei tu, che di tutto il resto del mondo non hai nulla: e mentre seduti fissiamo il vuoto la srotoli come un tappeto scuro sulla lingua, calmo e assorto. In attesa della fine imminente ti guardo e mi frulla contorto un solo pensiero per la testa: siamo entrambi strani, la tua perizia è non celarlo, pensarlo normale. Voce del verbo Fammi sirena prega

Testimonianza

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Foto di Sergio Daniele Donati Mi plasmava allora l'anima  un suono che veniva di lontano,  una marcia che m'annunciava - ancora neonato -  il legame nunziale della parola. Era un suono barbaro che portava odori di mughetto e promesse, e descriveva con seduzione  la sorgente del mio futuro  vagare a spirale  attorno all'altrui silenzio. Così si plasmava la mia anima e, tra l'abbaglio d'un vincolo eterno e il brusio dell'assenza, si formava allora la mia voce, la rete di salvataggio d'un funambolo  immerso nel sogno d'una unione impossibile. Non chiedermi dunque di parlare; ti taglieresti i palmi col fil di ferro arrugginito della rinuncia  al tuffo nel fiume silenzioso dell'oblio.  Sergio Daniele Donati - inedito 2022

L'antico sogno (benedizione)

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העתיק הולך לאט  לאדמה האדומה  של זיכרון עתידי  אני מברך את חלומך להישמר מהנשימה העתיקה של העתיד L'Antico procede lento verso la terra rossa della memoria del futuro. Io benedico il tuo sogno perché sia protetto dal soffio antico del futuro Testo ebraico (inedito 2022), traduzione e foto di Sergio Daniele Donati

(Redazione) Nota di lettura sulla silloge "Il sentiero del polline" di Guglielmo Aprile (Kanaga ed.)

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  Il sentiero del polline (Kanaga ed) è la nuova raccolta poetica di Guglielmo Aprile, poeta che si pregia già della pubblicazione di diverse altre raccolte di valore.  La scrittura dell'autore in questa si caratterizza per un marcato richiamo alla relazione tra l'elemento naturale e una spiritualità umana e non necessariamente teistica che si sente pulsare all'interno dell'intera raccolta, quasi che l'elemento naturale divenga simbolo di una traccia umana evidente.  Non a caso il titolo stesso della silloge si richiama ad una espressione della spiritualità nativo-americana, che tutti noi sappiamo caratterizzarsi per il valore, simbolico, di vita e di percorso che viene dato alla Natura.  Così ad esempio  in Stella nomade   leggiamo: Voglio sentire solo le foglie secche che crepitano  docili ai miei passi  mentre accarezzano il suolo lievi, fedeli al vento,  e i concerti dei passeri  lontano dalla gente  e dalle sue parole, sul viso nient'altro che il tiepido ab

(Redazione) - Dissolvenze - 08 - Sul campo si chinò la sera/ai prigionieri le stelle accese

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di Arianna Bonino Non so quando di qualcuno si possa iniziare a dire che è “un poeta”. Anche perché dare una definizione di poesia è per me impossibile. Ma so che Josef Čapek poeta lo è e ha incominciato ad esserlo molto prima di scrivere poesie. Dalla mia, ho Vítězslav Nezval e Jaroslav Seifert, che lo dissero poeta in virtù della sensibilità rivelata dal suo primo scritto “Le arti più modeste” (“Nejskromnější uměni”, 1920), una raccolta non di poesie, ma di brevi saggi dedicati al sopravvivere, nelle periferie, delle forme d’arti minori, ai piccoli artigiani e alla sapienza speciale dei loro mestieri destinati all’estinzione, ma allora non ancora fagocitati dalla massificazione della produzione industriale. Forse l’intento di Josef Čapek non era quello di fare poesia descrivendo l’arte del “pittore d’insegne” che “è assolutamente convinto della piena esistenza delle cose che rappresenta” o del tappezziere che crea sofà dalle svariate personalità date dalle diverse fantasie dei tessut

Tre inediti di Antonio Laneve

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IGIENE INFIMA Anime pelose ne abbiamo ovunque e sono prodighe di pulizie anestetiche fino ad avvenuto asportare capacità selettive dal tessuto neuronale. Macchie di sovrascrittura sembrano immuni al carteggio verso nuove letterature, di fatto restano impronte come loghi d'igiene infima per biancheria cerebrale. IL BIO DENARO Affari spenti ormai quelli di nuvole grigie tradotte dai liquami fossili, altri vangeli giungono con l'inchiostro verde prestato da nature vive ancora in grado di sostenere utopie. A saperlo prima bastava spostare lo sguardo sull'asse planetario per gonfiare i profitti creando giusta biosfera a fedeli consumatori. SULLA CROSTA DELL'ONDA L'equilibrio nel gelo d'un dialogo spezzato lascia feritoie e detriti lungo il corso degli anni. Da sempre l'oceano conserva oscurità dove far nascere onde come sfida alle scogliere. Graffio un po' di tempo dal mio freddo passato ma ho bisogno di corallo per impedire alle maree di scordare

Due poeti allo specchio (David La Mantia e Sergio Daniele Donati)

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  Abbiamo perso, amico mio. Perso speranze acute, ceduto il sangue da condividere, accettato come servi risposte cieche, inesatte, sporche del dolore di secoli. A che serve ora riconoscere nelle parole, nella cute, nei petali, nel vento la banalità del nostro esistere? Ormai i fiori sono caduti a terra ed è tempo di silenzi, amico mio David La Mantia - inedito 2022 Ho ascoltato, amico mio, la voce  degli inascoltati in notti senza stelle, e rivisto mille volte lo sguardo perso di mio padre a sentir parlar germanico. Ho sentito sulla mia pelle il bruciore d'un tatuaggio non voluto e percepito sul mio braccio numeri scomposti raschiar via ruvidi il mio nome. È vero, David, abbiamo perso e mi sono perso almeno sei milioni di volte assieme a quegli sguardi inorriditi dai fumi della Storia. Là è caduto senza far rumore e delicato,  il petalo della speranza.  E chissà quali sentieri sotterranei gli hanno permesso di concimare di Silenzio, una parola nuova che trasuda - goccia a goccia e

Troppo facile

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  Sarebbe troppo facile  legare le parole a una catena d'acciaio  brunito e ben oliato; farle filare in sequenza, in ordine composto, incoscienti della loro potenza come pezzi di domino, in sequenza. Per questo la parola ha bisogno dell'incontro, della canna fumante del lemma altrui, del suono gutturale di lingue sconosciute, del clangore di ferro del confronto; e di un maestro burbero - lo chiamano Silenzio - pronto a colpire il dorso di un dire pigro con la canna di bambù  che porta il nome del premio - il risveglio - e della pena - il mancato ascolto. Immagine tratta da un quadro di  Marc Chagall (particolare) Testo (inedito 2022) di Sergio Daniele Donati

Tre inediti di Adriana Rinaldi

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Lentamente passa Un sospiro lieve ed é autunno. Indosso gli abiti della caducità provo a scrutarla. I miei passi scrocchiano il fogliame nuova e antica generazione di passaggi agili e grevi. Lenta, lenta la melodia. Tiepido il sole ombreggia soffice tra i rami io sonnecchio meraviglie baldanzoso regalo di alcuni attimi. Il sollievo All' alba di un tramonto nasce la speranza. Sollievo di anime che giacciono sporcate dalla materia. Nel loro canto flebile dimora l'essenza dell'eterno la presenza di una realtà intangibile diffusa come alito ottemperante. La grazia sparge ovunque la messe all' umanità spetta raccoglierla. Senza titolo Sei il foglio bianco di un nuovo giorno. Quello su cui scrivo parole in festa. Mi abbandono al tuo pieno di senso. _________ Dice di sé l'autrice: s ono Adriana Rinaldi nata a Bergamo il 21 ottobre 1966.  Laureata in Scienze Religiose alla Facoltà Teologica dell'Italia Settentrionale, insegno religione nella  scuola primaria dal settem

Inediti di Maria Gabriella Cianciulli

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Librarsi nell’abisso e nulla su cui poggiare un nome solo il vuoto da risalire Se ti chiamassi poesia? Saresti il mio nome L’estate L’estate che mi corre innanzi ha il volto consumato dall’affanno e quando sfuma nel graffio del meriggio lascia al vento l’odore del pianto Il sapore del sale solca la maschera si lascia cristallizzare sui piedi del Cristo e già una perla origlia da lontano Dolce è l’affanno della *buona battaglia* cantarne le stille la perla crebbe nella conchiglia lo stupore e ascoltai la luce Formiche Formiche in filari scoordinati nel groviglio di cori gesticolanti sotto il cielo cadente Non ha palpito la sera né coperte per i sogni la notte assale filari di suoni tu Incontrarti Incontrarti questo volevo in questo incanto il respiro si fa corto il battito sanguina stralci di fuoco appesi all’infinito, nuova Itaca la mia Itaca consegni nelle mani della bambina ti cercava, una vecchia storia che il mare conosce e rigurgita Sazio è il mare di solchi tracciati e taciti in

I volti dei poeti

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  Troppo sottile, la parola poetica s'appoggia a fili fini, tele di ragno per la mosca senziente che legge e s'invischia sempre più nell'illusione della comprensione. Se dei poeti ammirassimo i volti, la pericope delle rughe, l'ossimoro dei denti, l'iperbole dello sguardo la loro parola prenderebbe peso e ci troveremmo, leggendo, a volare il volo dell'airone - non quello del moscone. Immagine e testo  (inedito 2022) di Sergio Daniele Donati