Dialoghi poetici coi Maestri - 66 - Jaques Brel
Che dire, Jaques? Che potrei aprire quel rubinetto, e lasciare che coli densa la nostalgia mia per ciò che mai riuscii ad essere? Che una volta aperto non sono certo di saperlo richiudere, ché tutti i miei " ne me quitte pas" , a differenza tua, non sono divenuti canto ma strozzo e un dolore sottile, sotto la cervicale? Potrei dirti che i miei sembrano più gli occhi sbarrati e impauriti di un bambino che le tue perle di pioggia, che non mi hanno lasciato nemmeno la forza di una supplica, di un suono, un grido, sui palmi delle mani. Potrei dirti che un giudice barbaro dal nome palindromo ha emesso una sentenza di condanna inappellabile a mio carico, e che non conosco la durata della pena perché è sentenza scritta col sangue di un silenzio molto, molto più grigio del cielo del paese piatto che è il tuo. Si muore lentamente, Jaques, quando si perde il canto , molto più lentamente, e con un'agonia che forse non merita chi alla parola ha creduto. _____ Te