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Giudice-Geometra

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Foto di Noelle Oszwald Parola esile/Parola esule Tu sottrai, poi separi i miei sguardi stupiti dal mondo d'erba che vibra sotto i miei calcagni pronati; e togli valore alle mie parole stentate. Mentre cerco di dar suono all'indicibile, tracci una tangente alla circonferenza delle mie balbuzie. Giudice-geometra, armata di compasso, ti prendi gioco del mio limite, del territorio paludoso da cui sgorgano come singulti e strozzi le mie intenzioni. Ci leggi fango - e fango è - ma al tuo setaccio troppo fine manca il potere del mago, la capacità di cogliere nella mota le qualità dell'argilla. Resta il tuo sguardo sbarrato sulla perfezione di poliedri senza vita. In cielo invece cantano da sempre ventidue lettere balbuzienti il canto della creazione; e la carezza d'un bimbo poliomielitico regge ab aeterno le sorti della nostra speranza.

Mi chiedi perché scrivo

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Autoritratto  di Sergio Daniele Donati Comincia con un soffio - un arco che si tende senza freccia una linea di desiderio - e poi si posa come piuma nel parco-giochi dei ricordi; là, tra salti all'elastico e grida di battaglia. Mi chiedi perché scrivo? Ero il bambino solitario, sull'altalena e il cielo mi chiamava a rifiutar la terra Mi chiedi perché scrivo e ignori che i miei solchi erano letti d'un fiume che andava ben riempito; per non morire. Non chieder mai perché scrivo se non vuoi udire di lontano il cigolio arrugginito d'un'altalena vuota.

Lettere a una persona speciale (57 - 65)

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  Foto di Man Ray 57 Il femminile "Il femminile", dicevi. "Il femminile", ascoltavo, e già la mia mente si perdeva. Perché nel cuore di un uomo il femminile è voce nascosta, volto velato. Nel cuore di uomo il femminile è il lontano abbaiare di un cane in una notte d'estate. Un addio soffocato (perché? perché io? perché a me?) e una lucina accesa poi in sguardi nuovi (vieni, completami, colmami) Nel cuore di uomo femminile non è mai evidenza. È velo, ricordo, urlo strozzato, affogato in pinte di birra. Nel cuore di uomo il femminile è apparizione e sparizione Sono mani tese verso un vuoto che acceca. "Il femminile", dicevi, "dobbiamo riscoprirlo". E rallentava il respiro. Il mio. Perché quella scoperta nel cuore di un uomo è atto di coraggio. Estremo. È battaglia contro l'assenza, il nascondimento. È strapparsi dai volti maschere d'argilla nella speranza di una completezza nascosta in un firmamento lontano. Per questo ho bisogno della ...

Sitar e Tiorba

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Il suonatore di Tiorba  Mi parlavi del tuo Sitar - di come le sue note diafane ti trascinavano lontano, là, nell'altrove eterno che era la ricerca dei tuoi occhi, Maestro - Io sorridevo stupito al ricordo del suono della mia Tiorba - ché per me è l'Antico il fiume in piena  in cui immergo le mie malinconie - Sei sempre stato più avanti di me, Maestro, e di questo mio seguir le tue impronte ormai coperte dal velo bianco della dimenticanza  ancora una volta elevo il canto. Fu diafano il nostro incontro e antica la sua tessitura. Erano fili d'argento su un arazzo persiano in cui il mio sguardo semita e il tuo passo franco parlavano la lingua comune  - e mai dimenticata -  della goccia d'olio sacro su palmi di mani vissute.

Diaspro

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Che la carne muti in pietra è scritto nelle pieghe dell'esistenza - mantiene il colore del sangue l'anima che langue sotto i colpi dell'assenza e s'indurisce l'aorta se nessuno pronuncia il nostro nome con cadenze silvestri - Più raro è il miracolo d'un cuore indurito dallo strappo se dona lacrime minerali a un mondo di nebbia e lo irrora della speranza che lui stesso non osa più sperare.

Un folle

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Autoritratto di Sergio Daniele Donati Lo sai, se non sento la chiamata  - l'appello del fuoco all'aria - se non attraversano la mia mente disunita  voci roche dell' Altrove, se al mattino si sfilacciano troppo lesti  i legami col sogno io non scrivo. Sono schiavo d'un richiamo e la mia penna  traduce sempre i suoni gutturali d'una voce femminea.  Le parole sono scintille e il mio cuore - sterpaglia - prende fuoco, spesso fatuo, ma non divampa. Mi accende invece  la capacità di tacere del mondo, il canto lento di chi dimentica in ogni istante il suo nome. È inchiostro al mio pennino la culla e il vagito, l'inciampo e la balbuzie, lo strozzo e la ritrosia.  Scrivere è atto di testimonianza senza autore, scrivere è atto di sopravvivenza a se stessi; è urlo taciuto, e lo sguardo smarrito del primo insuccesso giovanile. C'era un uomo oggi, un folle, sull'autobus. Lo sguardo sbarrato su un futuro inenarrabile, tracciava linee  con le dita nell'aria, com...

Eloquio dell'epitelio

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"Il crinale" di Sergio Daniele Donati Tace il silenzio e apre varchi all'eloquio dell'epitelio; passi di daino su asfalti urbani. L'occhio dell'allievo si posa  sulla ruga del maestro; tace del silenzio e percorre i crinali  della parola. Sul palmo della mano cola una goccia  d'olio sacro, e tace e attende in silenzio la chiamata d'ambra, il geode di septaria, la seduzione  dell'eterno femminino. E ciò che è detto e ciò che non è detto là - e qua e in mezzo - senza verbo né punto

Dialoghi poetici coi Maestri 22. - Paul Klee

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Paul Klee - Immagine di repertorio La creazione vive come genesi sotto la superficie visibile dell’opera. Gli intellettuali la guardano andando indietro nel tempo In avanti – verso il futuro – la guardano solo i creatori (Paul Klee - 1908) _____ I tre tempi convivono - bisbigli di bambini, la notte - in ogni battito di ciglia - un ritmo del ritmo - Non chiederti, Paul dove stia l'errore  della mente Avanti e Indietro sono solo gli eppure nella lingua di chi crea (Sergio Daniele Donati - Inedito 2021)

Un pomeriggio con Chagall di Paola Deplano

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Marc Chagall -  Mosè riceve le tavole della legge (acquaforte) Sei a Catanzaro davanti al Complesso monumentale del San Giovanni per la mostra che sognavi da tempo e, mentre t’incanti a guardare la chiesa poco distante, l’amica che è con te legge sulla porta un anonimo fogliolino A4 dove c’è scritto che la mostra Chagall e la Bibbia, che è prorogata fino al 10 ottobre, per il mese di agosto sarà aperta solo di pomeriggio. Sul sito quest’avviso non c’era – o forse tu non l’hai notato – ma ringrazi la provvida sventura manzoniana che ti fornisce il pretesto per andare un po’ a zonzo in una città - quella della tua amica - che tu non conosci. A dispetto di una immeritata cattiva fama, trovi che è una città carina, raccolta, piena di palazzi liberty. Il traffico è tranquillo, ad agosto sono tutti in ferie. Con la tua amica andate a mangiare in un posto molto bello, che si trova in un parco alberato, passeggiate dopo pranzo e poi tornate in centro, ma è ancora presto per la mostra, che...

Nascite (Oblivion)

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La nascita di un figlio - d'un libro, d'uno sguardo - non è mai casuale. Segue intrecci decisi ben prima del nostro primo respiro. La vita, lo sai, trova origine nella terra. Fango e aliti divini, questo siamo. E il nome che diamo al nostro Dio - che contenga la dolce desinenza EL o sia la brugola dei nostri motori - ha sempre la leggerezza d'una foglia. È sempre l'Altrove a indicarci la matassa e l'Antico a guidare le nostre pazienti dita - ci sono nodi indistricabili ma poco importa; pesa invece l'attitudine testarda e contadina a sollevare zolle - "Come nacque il nostro amore?" mi chiedi. E sai bene che sarei più abile a parlar della sua fine - è questo che faccio nei miei versi zoppi -; tu sei altrove e mi indichi la matassa dell'origine e mi obblighi a un passo indietro - guardando avanti - Un passo di tango sobrio, senza acrobazia né espressione, o intreccio di gambe. Io non so come, so che nacque quando l'ultima stella - alcuni la chiama...

Canta il cigno

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Il canto del cigno - figlio della notte - vibra tra i silenzi delle stelle. La neve copre  i passi dell'indicibile - testarda è la fatica  del cercatore di tracce - La vita e l'umana parola, inciampano e s'incagliano tra radici celate; e ciò che chiamiamo bellezza è un lungo, eterno addio.

La scelta di chiudere gli occhi

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La scelta di chiudere  gli occhi fu una raffica  di vento gelido, in faccia ai suoi carnefici. Inaspettata,  ineluttabile,  inequivocabile. Il resto è Storia,  forse ancora da scrivere, ma non sarò io a farlo.

Pensiero breve

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  "Miseria" di Sergio Daniele Donati Ogni poesia, è atto d'abbandono e impone  un imperativo etico; un istante di silenzio, di meditazione profonda, per aver memoria delle parole che non abbiamo eletto per la nostra scrittura.

Maschere (Oblivion)

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  Foto di Man Ray Indossiamo maschere - ormai non è un segreto - e ci innamora d'un volto l'espressione mai presa più che la smorfia del desiderio. Tu questo lo sapevi e conoscevi la mia fascinazione per i suoni nascosti. Per questo indossavi costumi a me sgraditi; mi ricordarvi di guardare in quell'oltre-mondo che era la tua presenza. Chiedevi d'essere compresa, bimba ferita, dietro ai tuoi trucchi di prestidigitazione. Sbagliavi; era evanescente ciò che cercavi di celare - un fumo bianco - non la tua maschera; e ciò che nascondevi portava gli stessi profumi delle mie più pericolose assenze. Fu allora - una coscienza bambina che urlava forte la sua esistenza - che decisi d'opporre alle tue maschere la parola che scardina. Fu un bimbo mai amato a dirti “ti amo” ; e un adulto triste e troppo cosciente della fine delle cose - prima del loro inizio - ad abbassare lo sguardo a terra quando mi negasti - non la possibilità d'esser corrisposto; è questo il gioco perico...

L'ebreo e il ragno

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"Dreaming" di Sergio Daniele Donati Appeso alla tela un ragno osserva i miei tentativi  di creare legami  sottili, col sottile. "Ti manca la cognizione  del vento", sembra dire, " lo strappo che rende vacuo ogni tentativo d'esistere fuori da sé". Non sa il ragno quanto abiti le mie ossa ebree la coscienza della ricostruzione né quanto poco sia estraneo ai miei globuli semiti l'odore della maceria. "Io non tesso tele," rispondo al ragno "creo ponti e,  se crollano, resta il simbolo delle vestigia".

Delicatezza

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"Dreaming" di Sergio Daniele Donati Vedi anche tu le cose come potrebbero essere se un velo di lino - neanche troppo sacro - ne ricoprisse gli spigoli? Osserva. La delicatezza è un orso e i suoi boschi stanno al confine tra reale e sogno, tra incaglio e elezione. Ascolta. Delicatezza è decidere di non lasciare traccia davanti alla regale esplosione di ogni  eppure. Immagina. La delicatezza è una culla vuota e in attesa, nei mesi della gestazione; e rifiuta ogni suono che non sia  un vagito neonato.

Non sono poeta

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"Solitudine" di Sergio Daniele Donati Non cade dall'alto - scivola però nel non senso - ogni mio tentativo di trascinare  detriti di significato nelle orecchie di chi ascolta.  Sono sempre e solo schegge indurite, ramoscelli senza valore, i miei voli di tacchino nel regno del Sacro. Mi parla però la pelle di biscia a terra - ne concima l'abisso coi segni del passato - e del cambiamento  mi smuove ciò che resta come ricordo. La parola è un territorio a me sconosciuto - per questo ne parlo come d'un abbaglio - La parola è un campo arato da calli e nocche d'un testardo poeta-contadino. A me manca lo sguardo bovino e immobile sull'orizzonte del dire a preveder tempesta; né so ancora - e forse mai saprò - distinguere d'un lemma il veleno dal medicamento. Per questo non son poeta; mi manca il gesto lento del falciatore di grano e ho le unghie troppo linde per parlar del fango di cui si nutre chi sa coltivare il frutteto della parola.

Quattro inediti di Roberta Lipparini

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"L'equilibrista" di Sergio Daniele Donati OLTRE LA MORTE Adesso sono vela bianca nel mare gonfiata dal vento  pronta a salpare Non mi scorgi più ma non svanisco davvero sono oltre l'orizzonte segno leggero Prua verso il largo all’arcobaleno oltre il tramonto dentro al sereno Lontano lontano punto che si confonde dove il blu del cielo bacia il blu delle onde E un giorno, lo sai? Mi rivedrai ancora anche tu vela bianca che il mare colora ___ C OSTELLAZIONE Mio padre è tra i miei capelli, dove una volta ha posato la mano. Mamma è qui, tra la spalla e il cuore, dove nascondeva la testa quando c’era un temporale Lo zio Rino lo porto dietro l’orecchio, come una goccia di profumo. Quello del suo ragù. I nonni stanno nel naso, così sentono meglio l'odore dei fiori nei campi. Erano tutti contadini e so per certo che sono felici di continuare a sentire quel profumo. Nello stomaco ho Claudio. Ho scelto quel posto, per tutto il vino bevuto insieme ...

Incipit

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"All'inizio" di Sergio Daniele Donati "Un incipit che si rispetti," mi dicevi, "deve spaccare gli argini e trascinare il lettore lontano, perché non possa più tornare indietro e continui la lettura, come un nuotatore; in mezzo a un fiume in piena". Io ti guardavo e, pur capendo, tacevo; per non dissentire. Perché, lo sai, non ho mai scritto per esser letto e non amo trascinare nessuno, né sentirmi poi in dovere di salvare chi perde la bracciata. E poi - ormai l'avrai capito - ho un tam-tam nel cuore, un battito tribale, e non sono attratto da ciò che si cela; m'attira il velo, le sue trasparenze e la sua capacità di dar valore al non detto.  Se un parola nasconde significati e segni non cerco rivelazioni; indago invece i materiali che hanno permesso il loro nascondimento.  Forse è timidezza, o forse ritrosia, ma i miei ritmi sono lenti e i miei soli primaverili; sempre.  La parola che spezza e frammenta - sia sempre benedetta dai Ci...

Il condannato

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E fu trovandosi legato a un palo che capì la costrizione del lampione, l'obbligo di illuminare sempre solo gli altri.  E fu trovandosi, quasi per caso, a calpestare antiche tracce che si sentì liberato da un pesante fardello.  “Non esiste altro dono da ricevere?”, andava ripetendo a se stesso, quasi fosse il più nascosto dei mantra.  “Non esiste altro dono da desiderare?” Rimaneva intanto in ombra, come l'asta del palo, l'anima sua. E quei fucili che prendevano la mira lentamente, mirando al suo cuore, furono proprio loro a spingerlo a pronunciare la parola, unica, irritrattabile, definitiva.  Alzò lo sguardo, lo posò su ognuna di quelle cinque grigie, opache, canne di fucile.  Lo posò negli occhi di ognuno dei cinque fieri fucilieri.  Fu uno sguardo unico o cinque, o forse dieci sguardi distinti? Certamente unica in quell'istante fu la parola che loro indirizzò.  Unica, potente, univoca e definitiva. “ANGELI”, disse. I fucili si abbassarono...