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Tra jazz e perdono di sè stessi (piccole parole domenicali)

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  Foto di  Patrick Fore  su  Unsplash Quando si rompe un’alleanza o si vive un lutto o si rompe qualcosa che poggiava sullo sguardo reciproco, sull’accoglimento delle altrui fragilità e tenerezze, sull’infatuazione per le incapacità dell’altro, di dire, fare, lettera e testamento, il silenzio che si crea – quello spazio vuoto ormai privato di comunicazione - non è più Dom , l’austero silenzio d’attesa che precede ogni solenne creazione, anche e soprattutto quella divina. Ma non è nemmeno Demam ah il silenzio sottile, quasi una voce impercettibile, declinata al femminile, che indica la via a coloro che hanno chiuso le orecchie e lo sguardo sulle vertiginose altezze dell’esistenza. Forse è Lishtok (infinito verbale) che indica una sorta di silenzioso zittimento e sbigottimento, come quello che provò Aronne – proprio lui, l’oratore, l’uomo della parola, fratello e consigliere di Mosè, il balbuziente – quando la volontà divina gli incenerì davanti agli occhi i due figli. Ci si tacita per

"Cantiere" - un racconto di Enzo Cannizzo

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  Un vecchio mi fissa come se fossi un cantiere. Ha l’occhio vitreo e la necessità evidente di un barbiere. - Cosa non va, gli chiedo, sa, signore, io non mi vedo. - No, niente, giovanotto, sto soltanto girando un video col mio occhio buono, quello bionico. L’altro, invece, quello è proprio andato. - Dove? - Chi? - L’occhio, signore. Il suo suo occhio, dov’è andato? - Ah, l’occhio… quello. Beh... me l’ha cavato Pinocchio, col naso, quando il bus ha frenato di botto al semaforo pedonale interstellare. - Come mai? - Come mai cosa, giovanotto? - L’occhio. Pinocchio. Il naso. Come mai Pinocchio le avrebbe cavato l’occhio? - Non saprei… Forse un attacco di panico, forse una bugia… Sono strani i figli dei falegnami… - Troppe seghe? - Non saprei, questo l’ha detto lei, non entro in certe beghe. Certo è che, da allora, prendo solo il tramvai, non si sa mai. - Certo, capisco, ma ora torniamo a noi. - A noi? Giovanotto, ha per caso nostalgia di Jessica? - Mi perdoni, signore, Jessica chi? - Jess

Non prenderti gioco

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Non prenderti gioco  di chi balbetta,  del suo inciampo e della sua storta schiena. Ha l'amore incagliato  nel palato e nelle iridi nuvole che non può descrivere. Non prenderti gioco di chi non sa inondare di parole un sentimento che sorge, ha solo il tempo lento del rivolo, prima che diventi fiume; prima dell'incontro col tuo mare. Non allontanare dal tuo sguardo chi balbetta; chi tiene piegata la caviglia e si torce i polsi, e sputa nelle tre vocali che riesce a dire tutto il desiderio del tuo abbraccio. Non ti prendere gioco  di chi tace ché la parola  con la quale si ammette  a sé stessi d'amare ancora è piena di scaglie, di timori e ricordi di porte di legno spesso, sbarrate a doppia mandata; ricordi acidi di nocche consunte nel tentativo di abbatterla a pugni. ______ Testo - inedito 2024 - e foto di Sergio Daniele Donati 

I flutti della speranza

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  Conosco il suono di ciò che cade senza parola né consolazione sull'epitelio di una città che è simbolo e richiamo della mia aspirazione alla lontananza. Ho nella retina destra il  mare della dimenticanza di Iosif Brodskij ma nei miei lobi  gli oceani risuonano  dell'urlo di Odisseo disperso tra i flutti della speranza. ______ Testo - inedito 2024 - e foto di Sergio Daniele Donati  

"Poesia per l'autonomia di pensiero della donna" - nota di lettura di Annamaria Ferramosca sulla raccolta "Errata Complice" (PeQuod 2024) di Stefania Giammillaro

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Stefania Giammillaro “ Tragica e liberatoria ” sono gli aggettivi con cui mi sento di definire questa nuova poesia di Stefania Giammillaro; una scrittura poetica drammatica e profondamente etica nel suo messaggio, con cui l'autrice cerca di ricomporre la ferita inferta da un rapporto “ errato ” con l'uomo, facendo colare sulle pagine versi di sapore classico che evocano, a tratti, i toni della tragedia greca. E però il lessico del dramma sapientemente si mescola con quello di una cifra personale dall'andamento intessuto di astrattezza, ma pure colmo di senso. I testi rivelano che l'errore commesso nell'alterato rapporto amoroso è ascrivibile ad entrambi i soggetti coinvolti ma, come sempre accade, è la donna che ne sa uscire vincente, per la sua capacità di rivedere l'instabilità dei propri moti interiori, riconoscendo la propria responsabilità di “errata complice” e di aprirsi ad un nuovo e più lucido percorso di libertà. Un achtung poetico dunque, che la p

Uomo - Eppure #1 (microracconto)

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  Foto di Sara Groblechner su Unsplash "Eppure ci deve essere un luogo dove la mia anima possa trovare riposo; o forse un tempo in cui non subisca la chiamata di un eterno e incolmabile vuoto".   Questo pensava mentre i suoi passi, sempre troppo lenti per lo sguardo indifferente del mondo, si avvicinavano a quella meta da lui solo conosciuta. "Il mare, il mare sì, potrebbe accogliere i miei pensieri e diluirli in rifugi per il paguro. Ho visto troppo, ho vissuto troppo, ho colto troppo poco insegnamento dalle mie visioni e, a conti fatti, ho perso l'occasione di dirmi vivo...troppe volte".   Era l'incessante suo  giocare con le parole; la trappola in cui si era rinchiuso sin da piccolo per non vedere, per non vedere la smorfia che dava il suo riflesso negli occhi altrui. Si fermò davanti alla distesa d'acqua, guardò l'orizzonte, suo eterno compagno di meditazioni, contò tre respiri profondi, di quei respiri che paiono poter contenere smisurate ga

Dialoghi Poetici coi Maestri - 75 - Gertrud Kolmar

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Nel lager di Gertrud Kolmar Quelli che s’aggirano qui sono corpi soltanto, non hanno più anima, soltanto nomi nel registro dello scrivano, carcerati: uomini, ragazzi, donne, e i loro occhi fissano vuoti con lo sguardo sbriciolato, distrutto per ore in una fossa buia, soffocati, calpestati, picchiati alla cieca. Il loro gemito tormentoso, il loro pazzo terrore, una bestia, sulle mani e sui piedi, carponi /…/ Si affaticano come dementi, grigi, devastati, separati dall’umanità variopinta, irrigiditi, timbrati e marcati, come bestiame da macello che aspetta il beccaio e non conosce che il fetido truogolo e il recinto. Solo paura, solo orrore nei volti quando, di notte, uno sparo afferra la vittima… e nessuno ha veduto l’uomo che silenzioso in mezzo a loro trascina la croce nuda verso il supplizio.     Com'è, Gertrud, che  da sempre mi pare di tenerti la mano e che sulla mia schiena, che si curva sempre più, sia tracciata la scogliosi di un albero che nasce storto, nel vuoto di sguardi

אוקסימורון - Ossimoro

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Foto di Noelle Oszwald קראתי לזה ירידה קדושה אבל זה לא היה אלא עליית נשמתי לעומקי הדממה   La chiamai  discesa sacra ma non era altro che la salita della mia anima nelle profondità del silenzio __________ Testo ebraico e traduzione in italiano di Sergio Daniele Donati

(Redazione) - Lo spazio vuoto tra le lettere - 36 - "Guardiani delle parole": appunti sparsi sull'Etica della Parola - parte quarta

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    di Sergio Daniele Donati Al di là delle più o meno ponderate definizioni di etica della parola, e al di fuori di contesti che tutto inglobano e in cui tutto appare ora essere in poesia assunto etico (in passato la stessa sorte ha avuto l’aggettivo politico in poesia), un piccolo cenno definitorio su cosa sia, almeno per chi qui vi scrive, l’etica della parola bisognerebbe farlo. Come già ho scritto  più volte su queste pagine in tre interventi (vedi i seguenti link:  1,   2,   3 ), ritengo che possa rivestire un ruolo etico ogni discorso che pone alla sua base il quesito attorno alla motivazione ed agli effetti di una scrittura o, ancor meglio, di una parola. Voglio dire che certe scritture, che pure possono avere in chi le legge un esito etico, non nascono da una spinta etica precisa, proprio perché carenti di quella domanda che dovrebbe precedere la scrittura stessa. Chi scrive senza porsi il quesito relativo al suo posizionamento nei confronti della parola (come creatore

Echi di Fedro - Seconda fase - 06 - Francesca Albergamo e Pasquale Lenge

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  Foto di pubblico dominio di  Patrick Tomasso  trovata sul sito  Unsplash Da un’idea di Sergio Daniele Donati, accolta da tutta la redazione, è nato circa un anno fa il progetto  Echi di Fedro . I lettori affezionati del blog sanno quale importanza abbiano in questo spazio temi quali: l’Altro, l’ascolto e lo scambio di pensiero e la natura sempre dialogica della scrittura poetica. Ascolto e scambio, poi, sono elementi fondamentali per la creazione di un dialogo, in particolare di un dialogo poetico in cui diverse voci prendono vita con fertili risultati. Si è deciso di quando creare un vero e proprio spazio laboratoriale e sperimentale di dialogo dal titolo “ Echi di Fedro ”. Inizialmente ogni redattrice/redattore ha proposto all’intera redazione di produrre un dialogo con un poeta scelto dal proponente ma approvato dall’intera redazione. In seguito, in una prima fase, ogni redattrice/redattore ha contattato la voce poetica del panorama contemporaneo perché interagisse in dialogo poet

Echi di Fedro - Seconda fase - 05 - Giovanni Laera e Lara Pagani

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  Foto di pubblico dominio di  Patrick Tomasso  trovata sul sito  Unsplash Da un’idea di Sergio Daniele Donati, accolta da tutta la redazione, è nato circa un anno fa il progetto  Echi di Fedro . I lettori affezionati del blog sanno quale importanza abbiano in questo spazio temi quali: l’Altro, l’ascolto e lo scambio di pensiero e la natura sempre dialogica della scrittura poetica. Ascolto e scambio, poi, sono elementi fondamentali per la creazione di un dialogo, in particolare di un dialogo poetico in cui diverse voci prendono vita con fertili risultati. Si è deciso di quando creare un vero e proprio spazio laboratoriale e sperimentale di dialogo dal titolo “ Echi di Fedro ”. Inizialmente ogni redattrice/redattore ha proposto all’intera redazione di produrre un dialogo con un poeta scelto dal proponente ma approvato dall’intera redazione. In seguito, in una prima fase, ogni redattrice/redattore ha contattato la voce poetica del panorama contemporaneo perché interagisse in dialogo poet